War Act

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Se non fosse tra­gica l’immagine che Renzi e Mister Pesc Moghe­rini danno di sé sul dramma dei migranti e sull’ enne­simo inter­vento mili­tare in Libia, diremmo che ricor­dano «Oltre il giardino».

La dif­fe­renza è che nel film il pro­ta­go­ni­sta era sim­pa­tico, per l’interpretazione di Peter Sel­lers e la trama di frain­ten­di­menti che fanno di uno sprov­ve­duto un pro­feta della finanza e un modello di vita.

Renzi e Moghe­rini sfio­rano invece il ridi­colo, per un governo ita­liano che si vende — per i son­daggi, le ele­zioni o un twit­ter? — l’incredibile «non deci­sione» dell’Ue di ripar­tire le quote dei migranti fra i 28 Paesi mem­bri: in tutto 20 mila e già pre­senti nei campi, per un costo di 50milioni di euro. Sarebbe que­sta la svolta di una Unione euro­pea chiusa den­tro la for­tezza del Pil più bello d’Occidente? Eppure il pre­si­dente Junc­ker aveva rico­no­sciuto «l’errore di can­cel­lare l’operazione Mare Nostrum». Ma a guar­dar bene il «gran­dioso» annun­cio altro non è che pura chiacchiera.

Per­ché i 28 paesi dell’Ue nono­stante la meschi­nità della pro­po­sta, sono divisi: mezza Europa con in testa la Gran Bre­ta­gna dice no alle quote, come tutti i paesi dell’Est.

Ma il piatto forte è che, a fronte di que­sto vuoto dopo migliaia di morti nel Medi­ter­ra­neo, avanza la pro­po­sta di una nuova guerra come solu­zione defi­ni­tiva. E gra­zie a The Guar­dian che ha rac­con­tato le 19 pagine del piano «stra­te­gico» pre­sen­tato da Moghe­rini all’Onu, ecco la con­ferma: l’obiettivo sono gli «scafisti».

Se milioni di esseri umani fug­gono dalle guerre e dalla mise­ria delle quali siamo par­te­cipi inte­res­sati, il nodo di fondo pos­sono mai essere gli sca­fi­sti, che certo gestendo un traf­fico mala­vi­toso, pur­troppo sono i soli a cor­ri­spon­dere a que­sto dispe­rato biso­gno di fuga?

Nero su bianco, sta scritto che faremo la guerra con una «vasta gamma di capa­cità aeree, marit­time e ter­re­stri» con «intel­li­gence, sor­ve­glianza e rico­gni­zione bom­bar­da­menti, squa­dre d’imbarco, unità di pat­tu­glia, forze spe­ciali». Pre­vi­ste anche «vit­time innocenti».

Una guerra da mare, cielo e terra con effetti collaterali.

Che sarà «da terra» Moghe­rini lo smen­ti­sce, ma pare con­fer­mato visto che Cina e Rus­sia agi­tano il veto in sede Onu sui raid aerei, man­cando, finora, l’accordo con il Paese inte­res­sato; stessa que­stione per l’intervento via mare che entrerà nelle acque ter­ri­to­riali libiche.

Ora è risa­puto che di «governi» in Libia ce ne sono quat­tro: a Tri­poli degli isla­mi­sti, a Tobruk del gene­rale filo-occidentale Haf­tar che farà «come con il cargo turco», a Ben­gasi è caos, a Derna c’è il Calif­fato, tutti legati ad aree petro­li­fere e a Paesi arabi con­trap­po­sti. Quale governo si pre­sterà all’intervento mili­tare che già defi­ni­scono «un’aggressione»? Già pre­pa­riamo prov­vi­gioni — ieri a Roma i rap­pre­sen­tanti di Banca libica e Fondo d’investimenti libici hanno riot­te­nuto i fondi sovrani delle quote di Uni­cre­dit già dello Stato gui­dato da Ghed­dafi.
Chi saranno i per­denti del nuovo pro­ta­go­ni­smo bel­lico ita­liano? Soprat­tutto i pro­fu­ghi che già il governo di Tri­poli comin­cia ad arre­stare a cen­ti­naia e per i quali si pre­pa­rano nuovi campi di con­cen­tra­mento. Non è valso a nulla dun­que l’insegnamento della guerra Nato del 2011: fug­gi­rono tutti gli immi­grati che nel paese lavo­ra­vano, un milione e mezzo di per­sone, più i migranti afri­cani intrap­po­lati nel con­flitto. Né crea pro­blemi a Renzi e Moghe­rini che il con­flitto in Libia sia stato uno smacco per Obama — con l’uccisione l’11 set­tem­bre 2012 da parte degli jiha­di­sti ex alleati Usa dell’ambasciatore Chris Ste­vens — che ora non a caso li manda avanti da soli, fino a con­ce­dere la guida mili­tare della mis­sione. Uno smacco per cui si dimi­sero il segre­ta­rio di Stato Hil­lary Clin­ton e il capo della Cia David Petraeus.

In Ita­lia male che vada, sic­come l’obiettivo è «distrug­gere i bar­coni», la nuova guerra gliela voterà per­fino Sal­vini che ha inven­tato il tar­get. Ed è pos­si­bile che ricom­pat­terà le anime del Pd. In fondo non è stato D’Alema, con la  nel 1999, a fare, con tanti effetti col­la­te­rali sugli inno­centi, la prima guerra «uma­ni­ta­ria»? Defi­nimmo quella scelta come «costi­tuente»: biso­gnava dare prova inter­na­zio­nale che «la sini­stra» al governo sapeva anche fare una guerra. Sta­volta s’aggiunge alle tante nefan­dezze del governo Renzi solo come «war act ».



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