Grecia, Berlino apre sul referendum Varoufakis: «Per ora non serve»
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BRUXELLES L’Eurogruppo dei 19 ministri finanziari «apprezza i progressi» nella trattativa per il salvataggio della Grecia, ma ritiene necessari «più tempo e sforzi per superare le distanze sui punti ancora aperti». Nella riunione a Bruxelles la principale sorpresa è arrivata così dalle posizioni negoziali dei due «nemici», i ministri delle Finanze della Germania e della Grecia Wolfgang Schäuble e Yanis Varoufakis, che si sono improvvisamente invertite: quando il tedesco si è espresso positivamente sul ricorso a un referendum per far decidere ai greci se accettare o meno le misure di austerità imposte dai creditori per sbloccare i prestiti di salvataggio.
In passato era stato Varoufakis a ventilare provocatoriamente la possibilità di indire una consultazione popolare, qualora a Berlino e a Bruxelles avessero continuato a insistere sulla richiesta di riforme penalizzanti per le fasce più deboli. Nel 2011, nel pieno della crisi finanziaria, l’allora premier socialista Georges Papandreou, aveva fatto sobbalzare i governi dell’eurozona ipotizzando il ricorso al referendum. Subito la cancelliera tedesca Angela Merkel e l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, entrambi di centrodestra, richiamarono Papandreou a eliminare quella proposta, sostenendo che gli altri governi europei erano decisamente contrari.
«Se il governo greco pensa di dover tenere un referendum, allora lasciamogli tenere un referendum — ha dichiarato Schäuble —. Potrebbe essere una misura perfino utile per il popolo greco per decidere se è pronto ad accettare quello che è necessario o se vuole qualcosa di diverso». Varoufakis ha mostrato di non ritenersi spiazzato. Al termine dell’Eurogruppo ha dichiarato che il referendum è una «opzione», ma «al momento non è necessario» perché «abbiamo un mandato chiaro» dal popolo greco. Ha specificato che la Costituzione di Atene attribuisce la decisione di indire una consultazione popolare al presidente della Repubblica e non al premier Alexis Tsipras, che può solo proporla. «Le differenze si stanno riducendo», ha aggiunto Varoufakis, che ha auspicato un accordo «entro due settimane» perché la liquidità è un «problema terribilmente urgente». Ha però difeso il rispetto delle promesse elettorali del suo governo di estrema sinistra a favore dei poveri e dei disoccupati, affermando che «avremo un accordo» se i creditori «non attaccano quelli che sono troppo deboli per replicare».
Il commissario Ue per gli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, ha indicato come criticità «pensioni e mercato del lavoro». Il capo dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha confermato che la Grecia finora ha pagato i debiti alle scadenze. I ministri finanziari hanno ricordato che l’accordo del 20 febbraio concede tempo per trovare un compromesso solo entro giugno prossimo, se ad Atene vogliono ricevere i 7,2 miliardi di prestiti necessari per evitare l’insolvenza in estate. Ieri fonti del governo greco hanno fatto sapere di aver rimborsato con un giorno di anticipo all’Fmi i 750 milioni di euro di prestito in scadenza oggi.
Ivo Caizzi
In passato era stato Varoufakis a ventilare provocatoriamente la possibilità di indire una consultazione popolare, qualora a Berlino e a Bruxelles avessero continuato a insistere sulla richiesta di riforme penalizzanti per le fasce più deboli. Nel 2011, nel pieno della crisi finanziaria, l’allora premier socialista Georges Papandreou, aveva fatto sobbalzare i governi dell’eurozona ipotizzando il ricorso al referendum. Subito la cancelliera tedesca Angela Merkel e l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, entrambi di centrodestra, richiamarono Papandreou a eliminare quella proposta, sostenendo che gli altri governi europei erano decisamente contrari.
«Se il governo greco pensa di dover tenere un referendum, allora lasciamogli tenere un referendum — ha dichiarato Schäuble —. Potrebbe essere una misura perfino utile per il popolo greco per decidere se è pronto ad accettare quello che è necessario o se vuole qualcosa di diverso». Varoufakis ha mostrato di non ritenersi spiazzato. Al termine dell’Eurogruppo ha dichiarato che il referendum è una «opzione», ma «al momento non è necessario» perché «abbiamo un mandato chiaro» dal popolo greco. Ha specificato che la Costituzione di Atene attribuisce la decisione di indire una consultazione popolare al presidente della Repubblica e non al premier Alexis Tsipras, che può solo proporla. «Le differenze si stanno riducendo», ha aggiunto Varoufakis, che ha auspicato un accordo «entro due settimane» perché la liquidità è un «problema terribilmente urgente». Ha però difeso il rispetto delle promesse elettorali del suo governo di estrema sinistra a favore dei poveri e dei disoccupati, affermando che «avremo un accordo» se i creditori «non attaccano quelli che sono troppo deboli per replicare».
Il commissario Ue per gli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, ha indicato come criticità «pensioni e mercato del lavoro». Il capo dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha confermato che la Grecia finora ha pagato i debiti alle scadenze. I ministri finanziari hanno ricordato che l’accordo del 20 febbraio concede tempo per trovare un compromesso solo entro giugno prossimo, se ad Atene vogliono ricevere i 7,2 miliardi di prestiti necessari per evitare l’insolvenza in estate. Ieri fonti del governo greco hanno fatto sapere di aver rimborsato con un giorno di anticipo all’Fmi i 750 milioni di euro di prestito in scadenza oggi.
Ivo Caizzi
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