Addio ai vitalizi per i condannati Compromesso sulla riabilitazione

Addio ai vitalizi per i condannati Compromesso sulla riabilitazione

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ROMA Sembrava un miraggio, una chimera inafferrabile. Invece, dopo mesi di accelerazioni e frenate e un forte scontro sottotraccia fra i partiti e dentro i partiti, il Parlamento ha battuto un colpo contro privilegi che i cittadini giudicano odiosi. Con una delibera votata dai rispettivi uffici di presidenza, Camera e Senato hanno abolito i vitalizi ai parlamentari cessati dall’incarico e condannati in via definitiva per reati «di particolare gravità». Per i cinquestelle è un compromesso al ribasso: «Questa porcata se la votano da soli», ha gridato Luigi di Maio abbandonando l’ufficio di presidenza.

La ghigliottina scatta per delitti gravi come associazione a delinquere, mafia e terrorismo e per i reati contro la pubblica amministrazione: concussione, corruzione, peculato. Una clausola si riferisce a tutte le condanne definitive superiori a due anni, per i reati la cui pena massima non sia inferiore a sei anni e che, nella legge Severino, rendono un politico incandidabile. Un punto contestato delle nuove norme è l’esclusione dell’abuso d’ufficio e della corruzione per atto d’ufficio, reati che prevedono da sei mesi a tre anni di pena e nei quali spesso incappa chi riveste una funzione pubblica. La cessazione del vitalizio si applica anche a chi ha patteggiato. «Ma solo in caso di sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore della deliberazione», ha chiarito Laura Boldrini.
La riunione a Montecitorio è filata via liscia. Forza Italia e M5S sono usciti al momento del voto, Area popolare non ha partecipato. Pd, Scelta civica, Sel, Fratelli d’Italia e Lega hanno votato sì. La decisione di tagliare gli assegni a chi ha tradito l’impegno costituzionale alla disciplina e all’onore ha coinvolto anche parte delle opposizioni. E Laura Boldrini esprime «grande soddisfazione per il segnale inequivocabile di moralizzazione della politica».
A Palazzo Madama il via libera è arrivato dopo un braccio di ferro di ore: 8 sì, due no (Gal e M5S) e un astenuto. In Aula, al mattino, l’intervento di Ugo Sposetti scatena l’ira dei cinquestelle. Il senatore del Pd sprona i colleghi a non «lisciare il pelo all’antipolitica». Per Sposetti non si cambiano le regole a metà legislatura e non si tocca il «diritto alla sopravvivenza» di chi ha fatto, nella vita, soltanto il politico. «Poveretto!» urla Santangelo. E Barbara Lezzi: «Un’indecenza…».
In ufficio di presidenza il numero legale si è raggiunto per un soffio. Mancava una senatrice del Pd, il centrista de Poli (Ap) era presente ma non votante e Barani di Gal, prima di votare no, ha ironizzato sulla scelta: «Un inedito assoluto». Berger (Svp) si è astenuto, il che al Senato equivale al no. Laura Bottici dei cinquestelle, dopo aver provato a sabotare la delibera, ha votato contro. Alla fine, anche Pietro Grasso scolpisce su Twitter la sua contentezza: «Senato approva delibera #stopvitalizi: segnale forte, significativo e concreto dalle Istituzioni ai cittadini». Per i grillini è «una farsa», Don Ciotti invece ha chiamato Grasso per complimentarsi. Ma le tensioni non si allentano, prova ne sia la dichiarazione con cui i senatori del Pd si affidano al presidente del Senato «per quanto concerne la costituzionalità e la legittimità del provvesimento». Un modo per prendere distanza da eventuali ricorsi.
Lo stop scatterà fra 60 giorni, tempo che consentirà agli uffici di compiere la ricognizione sui nomi. Berlusconi, Dell’Utri, Previti, Forlani, Toni Negri… L’elenco è lungo, ma per sapere chi verrà depennato dall’elenco dei pensionati d’oro bisogna vedere se siano stati riabilitati o meno. E qui sta il punto. Poiché molti costituzionalisti avevano espresso dubbi sulla possibilità di bloccare retroattivamente diritti acquisiti, si è individuata la riabilitazione del condannato come l’unico elemento che toglie la retroattività. Se un ex parlamentare privato del vitalizio viene riabilitato dal giudice dopo aver scontato la pena, può riavere l’assegno. Con buona pace del M5S, che aveva chiesto a Grasso di escludere la riabilitazione come causa di ripristino della pensione.
Monica Guerzoni

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