Scuola, il governo ai sindacati: trattiamo
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ROMA Alla fine hanno vinto loro. Perché se da mesi il premier Matteo Renzi ripete: «Sulla Buona scuola nessun passo indietro», ieri, il giorno dopo le piazze d’Italia piene dell’esercito dei 500 mila — insegnanti, studenti, genitori, bidelli — ha dovuto ammettere: «Dobbiamo spiegare meglio quello che stiamo facendo». Risultato: «Ascoltiamo chi ha protestato». E in commissione Cultura alla Camera, dove il disegno di legge è all’esame, sono stati accantonati gli articoli 6, 7, 8 e 9 su organico e assunzioni, i più controversi, proprio per «ascoltare e spiegare».
Renzi lo ha deciso dopo un incontro con i parlamentari pd, con la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi e la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini che ha chiarito: «Stiamo lavorando, migliorando e integrando il testo, dialogando con tutte le forze interessate al mondo della scuola». Il che significa associazioni e studenti ma soprattutto i sindacati, Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals, Cobas, Anief: proprio quella parte di scuola cui da tempo il premier manda messaggi del tipo: «La scuola non è vostra, ma di studenti e professori».
Si vedranno oggi pomeriggio nella sede del Pd dove saranno ricevuti dal presidente Matteo Orfini, dal vicesegretario Lorenzo Guerini, dalla responsabile scuola Francesca Puglisi e dalla deputata Simona Malpezzi. Renzi non ci sarà, perciò Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola hanno chiesto un incontro urgente alle commissioni Cultura di Camera e Senato, al premier e ai presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso: «Il personale della scuola va ascoltato, l’altissima partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni dimostra che il suo coinvolgimento è essenziale». Sarà così, promette Puglisi: «Vogliamo ascoltare nel merito le critiche di chi è sceso in piazza, poi valutiamo».
Così dopo i mesi del muro contro muro, degli appelli, dei flash mob, delle lettere di Renzi ai prof (annunciate e poi mai inviate) e dello sciopero del 5 maggio con adesioni fino all’80%, parte la fase di dialogo del governo. Ma i sindacati non brindano e rimangono cauti: «Se parliamo di cambiamenti radicali allora sì — dice Domenico Pantaleo della Flc Cgil —, ma se è un’apertura a piccole modifiche non va bene». Per Annamaria Furlan, Cisl, «la scuola è di tutti, va costruita assieme, la riforma oggi è troppo distante da questo obiettivo». E Massimo Di Menna, Uil Scuola: «Se resta l’idea che uno comanda e non si discute, il governo avrà tutta la scuola contro». Perché il nodo continua a rimanere la figura del preside e il suo potere. «La responsabilità del dirigente scolastico — chiarisce subito Anna Ascani, pd — non è in discussione: è il leader educativo cui competerà la scelta dei docenti, nel contesto dell’autonomia». E pure il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: «Non vogliamo che sia minimamente toccata l’autonomia degli istituti e il ruolo di sindaco del dirigente che è colui che coordina la comunità, ma non è un comandante».
Sul resto, si può discutere. «Al preside è rimasto solo un potere: quello di scegliere i docenti — dice Ascani —, quindi la disponibilità a cambiare c’è». Si è rafforzato infatti il ruolo del consiglio d’istituto: deciderà il piano di offerta formativa triennale della scuola e parteciperà alla scelta dei prof più meritevoli da premiare con il bonus annuale. Troppo poco per i sindacati, ma anche per gli insegnanti che il giorno dopo lo sciopero non si accontentano e continuano a protestare. Ieri alle elementari c’è stata la prova Invalsi: la partecipazione è scesa del 10% rispetto al 2014 quando aderì il 99% delle scuole. «È un segnale — spiega Di Menna —, la scuola è ancora in subbuglio, i prof la riforma l’hanno capita benissimo, se non c’è un cambio di passo, gliela spieghiamo noi». Intanto, ieri sera il primo incontro dei vertici pd è stato con la Rete degli Studenti, l’Uds e i giovani dell’Azione Cattolica: «Soddisfatti? Per niente — dice Alberto della Rete —: ci hanno dato la loro verità in tasca senza alcuna possibilità di apertura, questo è il dialogo?».
Claudia Voltattorni
Renzi lo ha deciso dopo un incontro con i parlamentari pd, con la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi e la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini che ha chiarito: «Stiamo lavorando, migliorando e integrando il testo, dialogando con tutte le forze interessate al mondo della scuola». Il che significa associazioni e studenti ma soprattutto i sindacati, Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals, Cobas, Anief: proprio quella parte di scuola cui da tempo il premier manda messaggi del tipo: «La scuola non è vostra, ma di studenti e professori».
Si vedranno oggi pomeriggio nella sede del Pd dove saranno ricevuti dal presidente Matteo Orfini, dal vicesegretario Lorenzo Guerini, dalla responsabile scuola Francesca Puglisi e dalla deputata Simona Malpezzi. Renzi non ci sarà, perciò Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola hanno chiesto un incontro urgente alle commissioni Cultura di Camera e Senato, al premier e ai presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso: «Il personale della scuola va ascoltato, l’altissima partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni dimostra che il suo coinvolgimento è essenziale». Sarà così, promette Puglisi: «Vogliamo ascoltare nel merito le critiche di chi è sceso in piazza, poi valutiamo».
Così dopo i mesi del muro contro muro, degli appelli, dei flash mob, delle lettere di Renzi ai prof (annunciate e poi mai inviate) e dello sciopero del 5 maggio con adesioni fino all’80%, parte la fase di dialogo del governo. Ma i sindacati non brindano e rimangono cauti: «Se parliamo di cambiamenti radicali allora sì — dice Domenico Pantaleo della Flc Cgil —, ma se è un’apertura a piccole modifiche non va bene». Per Annamaria Furlan, Cisl, «la scuola è di tutti, va costruita assieme, la riforma oggi è troppo distante da questo obiettivo». E Massimo Di Menna, Uil Scuola: «Se resta l’idea che uno comanda e non si discute, il governo avrà tutta la scuola contro». Perché il nodo continua a rimanere la figura del preside e il suo potere. «La responsabilità del dirigente scolastico — chiarisce subito Anna Ascani, pd — non è in discussione: è il leader educativo cui competerà la scelta dei docenti, nel contesto dell’autonomia». E pure il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: «Non vogliamo che sia minimamente toccata l’autonomia degli istituti e il ruolo di sindaco del dirigente che è colui che coordina la comunità, ma non è un comandante».
Sul resto, si può discutere. «Al preside è rimasto solo un potere: quello di scegliere i docenti — dice Ascani —, quindi la disponibilità a cambiare c’è». Si è rafforzato infatti il ruolo del consiglio d’istituto: deciderà il piano di offerta formativa triennale della scuola e parteciperà alla scelta dei prof più meritevoli da premiare con il bonus annuale. Troppo poco per i sindacati, ma anche per gli insegnanti che il giorno dopo lo sciopero non si accontentano e continuano a protestare. Ieri alle elementari c’è stata la prova Invalsi: la partecipazione è scesa del 10% rispetto al 2014 quando aderì il 99% delle scuole. «È un segnale — spiega Di Menna —, la scuola è ancora in subbuglio, i prof la riforma l’hanno capita benissimo, se non c’è un cambio di passo, gliela spieghiamo noi». Intanto, ieri sera il primo incontro dei vertici pd è stato con la Rete degli Studenti, l’Uds e i giovani dell’Azione Cattolica: «Soddisfatti? Per niente — dice Alberto della Rete —: ci hanno dato la loro verità in tasca senza alcuna possibilità di apertura, questo è il dialogo?».
Claudia Voltattorni
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