Le richieste di asilo arretrate che creano il caos dell’accoglienza
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ROMA Ci sono circa 40mila richieste di asilo presentate all’Italia che devono essere ancora esaminate. In attesa che arrivino le risposte il sistema di accoglienza rischia di andare in tilt.
Gli accordi internazionali obbligano infatti le autorità del nostro Paese a provvedere all’assistenza dei profughi fino al termine della procedura, ma le commissioni territoriali appaiono ormai ingolfate e i tempi continuano ad allungarsi. Sono i dati trasmessi dal ministero dell’Interno al Parlamento a fotografare una situazione drammatica che si aggrava con il trascorrere delle settimane e i continui sbarchi di migranti. Perché dimostrano che soltanto una istanza su due viene «lavorata» mentre le persone alloggiate nei centri e nelle strutture temporanee ormai sono quasi 75 mila, alle quali si aggiungono 12 mila minori.
Le nuove istanze
Nel 2014 sono state presentate 64.886 richieste per ottenere lo status di rifugiato. Ne sono state esaminate soltanto 36.330 e di queste il 38 per cento è stata respinta.
L’arretrato si è sommato a quello degli anni precedenti, ma ciò che maggiormente preoccupa sono le nuove richieste perché dei 33.831 giunti sulle nostre coste fino al 4 maggio scorso, ben 20.858 hanno già chiesto di ottenere il riconoscimento. Secondo il Trattato di Dublino lo Stato dell’Unione europea dove il richiedente asilo ha messo piede per la prima volta ha l’obbligo di verificare i requisiti e dunque nel caso di chi arriva attraversando il Mediterraneo è l’Italia a dover provvedere.
Migliaia di «dinieghi»
Tempi più rapidi servirebbero certamente ad alleggerire la situazione perché le statistiche dimostrano che almeno un terzo degli stranieri non ha diritto a ottenere la protezione internazionale, dunque non deve rientrare nel programma di accoglienza gestito dal Viminale. Nel 2014 su ci sono stati infatti 13.327 dinieghi e la stessa percentuale sembra confermata anche per i primi mesi di quest’anno visto che su 14.636 casi verificati, ben 6.927 sono stati giudicati non idonei. Più volte il ministro Angelino Alfano ha aumentato il numero delle commissioni proprio per cercare di velocizzare il sistema e adesso si pensa di intervenire nuovamente per tentare di alleggerire la pressione sul sistema di accoglienza.
Le 1.800 strutture
Oggi pomeriggio al Viminale ci sarà un incontro con i rappresentanti di Regioni e Comuni. L’obiettivo è varare un piano più strutturato che consenta di non agire in emergenza per tutta l’estate alla ricerca di posti dove alloggiare i migranti. Più volte il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione, ha evidenziato la necessità di poter contare su un circuito stabile senza essere costretti ad allestire tendopoli oppure a chiuderli nelle caserme. Lo ha ripetuto ieri lo stesso Alfano evidenziando come «non sarebbe giusto scaricare sulle Regioni che hanno l’onere del 90 per cento degli sbarchi anche il peso di accogliere da soli tutti i migranti». Un chiaro riferimento al Sud, con la Sicilia che può contare su 107 strutture temporanee e si fa carico del 23 per cento degli stranieri, la Calabria che ne ha 54 e ne prende il 6 per cento, la Puglia con 50 luoghi di accoglienza e arriva addirittura all’8. Un peso notevole tenendo conto che la Lombardia ha 313 luoghi e si fa carico del 9 per cento dei migranti, il Piemonte ne ha 190 e finora ha accettato il 6 per cento pur facendo sapere di essere disponibile ad aumentare la capienza, mentre il Veneto ha 145 strutture e si ferma al 4 per cento.
I tempi dell’Onu
Sbarchi e tragedie non sembrano conoscere tregua, ma questo non appare sufficiente ad accelerare le trattative con l’Unione europea e con l’Onu per ottenere almeno il via libera alla distruzione dei barconi degli scafisti. E sembra sempre più difficile che alla fine si riesca ad ottenerlo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà lunedì prossimo per discutere le strategie in materia di immigrazione, ma le resistenze già evidenti — quelle della Russia in particolare, ma non solo — rispetto alla possibilità di intervenire militarmente o con operazioni di polizia internazionale fanno ritenere che anche questa volta non si riuscirà a trovare l’accordo per la firma della risoluzione. Per questo l’Italia ha deciso di proseguire comunque all’affondamento dei mezzi, oppure al trasferimento in alcuni porti delle Regioni del sud o a Malta, visto che il governo de La Valletta sta mostrando piena collaborazione.
Fiorenza Sarzanini
Le nuove istanze
Nel 2014 sono state presentate 64.886 richieste per ottenere lo status di rifugiato. Ne sono state esaminate soltanto 36.330 e di queste il 38 per cento è stata respinta.
L’arretrato si è sommato a quello degli anni precedenti, ma ciò che maggiormente preoccupa sono le nuove richieste perché dei 33.831 giunti sulle nostre coste fino al 4 maggio scorso, ben 20.858 hanno già chiesto di ottenere il riconoscimento. Secondo il Trattato di Dublino lo Stato dell’Unione europea dove il richiedente asilo ha messo piede per la prima volta ha l’obbligo di verificare i requisiti e dunque nel caso di chi arriva attraversando il Mediterraneo è l’Italia a dover provvedere.
Migliaia di «dinieghi»
Tempi più rapidi servirebbero certamente ad alleggerire la situazione perché le statistiche dimostrano che almeno un terzo degli stranieri non ha diritto a ottenere la protezione internazionale, dunque non deve rientrare nel programma di accoglienza gestito dal Viminale. Nel 2014 su ci sono stati infatti 13.327 dinieghi e la stessa percentuale sembra confermata anche per i primi mesi di quest’anno visto che su 14.636 casi verificati, ben 6.927 sono stati giudicati non idonei. Più volte il ministro Angelino Alfano ha aumentato il numero delle commissioni proprio per cercare di velocizzare il sistema e adesso si pensa di intervenire nuovamente per tentare di alleggerire la pressione sul sistema di accoglienza.
Le 1.800 strutture
Oggi pomeriggio al Viminale ci sarà un incontro con i rappresentanti di Regioni e Comuni. L’obiettivo è varare un piano più strutturato che consenta di non agire in emergenza per tutta l’estate alla ricerca di posti dove alloggiare i migranti. Più volte il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione, ha evidenziato la necessità di poter contare su un circuito stabile senza essere costretti ad allestire tendopoli oppure a chiuderli nelle caserme. Lo ha ripetuto ieri lo stesso Alfano evidenziando come «non sarebbe giusto scaricare sulle Regioni che hanno l’onere del 90 per cento degli sbarchi anche il peso di accogliere da soli tutti i migranti». Un chiaro riferimento al Sud, con la Sicilia che può contare su 107 strutture temporanee e si fa carico del 23 per cento degli stranieri, la Calabria che ne ha 54 e ne prende il 6 per cento, la Puglia con 50 luoghi di accoglienza e arriva addirittura all’8. Un peso notevole tenendo conto che la Lombardia ha 313 luoghi e si fa carico del 9 per cento dei migranti, il Piemonte ne ha 190 e finora ha accettato il 6 per cento pur facendo sapere di essere disponibile ad aumentare la capienza, mentre il Veneto ha 145 strutture e si ferma al 4 per cento.
I tempi dell’Onu
Sbarchi e tragedie non sembrano conoscere tregua, ma questo non appare sufficiente ad accelerare le trattative con l’Unione europea e con l’Onu per ottenere almeno il via libera alla distruzione dei barconi degli scafisti. E sembra sempre più difficile che alla fine si riesca ad ottenerlo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà lunedì prossimo per discutere le strategie in materia di immigrazione, ma le resistenze già evidenti — quelle della Russia in particolare, ma non solo — rispetto alla possibilità di intervenire militarmente o con operazioni di polizia internazionale fanno ritenere che anche questa volta non si riuscirà a trovare l’accordo per la firma della risoluzione. Per questo l’Italia ha deciso di proseguire comunque all’affondamento dei mezzi, oppure al trasferimento in alcuni porti delle Regioni del sud o a Malta, visto che il governo de La Valletta sta mostrando piena collaborazione.
Fiorenza Sarzanini
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