La Liberazione del giorno prima
Liberi vuol dire anche essere liberi di festeggiare lasciandosi un po’ andare, senza farsi ingessare dalla retorica del rito nazionale. Il giochino è riuscito alla perfezione, anzi quasi è sfuggito di mano, perché quest’anno a Milano c’è davvero una strana voglia di festeggiare diversamente. E così il rituale del settantesimo della Liberazione è stato scardinato da un’idea di RadioPopolare — sottoscritta da Anpi, Arci e Insmli — che ha contagiato l’Italia, rubando il tempo alle decine di cortei che oggi riempiranno le piazze, a partire dagli ottantamila di piazza Duomo. Poteva sembrare una follia cominciare il 25 aprile con un giorno di anticipo e invece è andata alla grande, con almeno 150 feste notturne da Torino a Lecce, dal Trentino alla Sicilia e naturalmente a Milano, il set più affollato; ma c’è chi si è liberato ancheggiando a Marrakech, Amburgo, Buenos Aires e Dublino.
Questa l’idea: rendere omaggio ai partigiani cantando e ballando nelle piazze e nei cortili, come fece settanta anni Milano su iniziativa del sindaco Antonio Greppi (era il 14 luglio, un’altra data che fa la sua bella figura). Ad aprire le danze, ieri alle 18,30, un flashmob organizzato dalla radio all’Arco della Pace, poi sono state decine e decine le feste a sorpresa. Case, circoli, cortili, strade, osterie. Sono immagini e ricordi già destinati a restare in un’altra nuova storia, e anche questa piccola non è. La sera, in un cortile non lontano dall’Isola, mentre un dj alterna mazurke e pop anni Settanta, dal terzo piano rotola uno striscione lungo dieci metri: “Liberiamo il Mediterraneo”. Liberare cosa? La signora che da bambina ha visto il duce in piazza Loreto è contenta per la sorpresa, ma non capisce bene: allora glielo spiegano dei ragazzini, quando si dice l’incontro tra generazioni. E vai con un pezzo di Inoki. Si balla!
La Liberazione del giorno prima è cominciata al mattino, con l’inaugurazione della Casa della Memoria di via Confalonieri, tre piani incastrati tra i grattacieli di Porta Nuova con spazi per ospitare mostre, proiezioni e seminari dedicati alle vittime delle stragi e del terrorismo. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, uomo sensibile, ha riservato un pensiero anche ad altri morti, ad altri uomini che stanno cercando la loro liberazione e invece affogano nell’indifferenza dell’Europa e anche di molti di coloro che oggi scenderanno in piazza. «Questo edificio — ha detto — deve essere anche un riferimento per le stragi del presente, per approfondire e trovare soluzioni a una tragedia che non può riguardare solo il nostro paese». Il sindaco sembra l’unico, o quasi, ad essersi accorto in mezzo a quali tragedie cade il “nostro” settantesimo della Liberazione. Speriamo che oggi sappia trovare le parole giuste anche per spiegarlo alle decine di migliaia di persone che sfileranno per le vie del centro, visto che anche lui interverrà dal palco di piazza Duomo insieme a Lella Costa, Susanna Camusso e al presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia. Anche l’Arci ha voluto sottolineare che questo è uno dei giorni più importanti per chi ama la libertà, «lo è in maniera particolare in questo 70esimo anniversario della Liberazione, quando di fronte all’ennesima catastrofe umanitaria nel Mediterraneo non manca chi sembra voler riproporre vecchi e tragici discorsi». Il riferimento ai nuovi fascismi è l’altro filo conduttore per dare un senso a questa giornata senza piegarsi alla retorica nazionale della «festa di tutti e per tutti».
Si vedrà in corteo se Milano, con un altro colpo di reni fuori programma, sarà in grado di rompere il protocollo delle celebrazioni mandando un segnale di un’altra resistenza che sta facendo storia in queste giornate drammatiche, aprendo pagine di cui un giorno ci vergogneremo. Non è questione di un minuto di silenzio in più — e sarebbe il minimo — è che questo 25 aprile potrebbe essere una buona occasione per dimostrare che non tutto è perduto. Non è questo il sentire comune, ma in quel percorso che va da Porta Venezia a piazza Duomo sono accadute a volte cose sorprendenti. Altrimenti sarà la solita straordinaria manifestazione, una sorpresa per chi nei restanti 364 giorni dell’anno si chiede sconsolato dove sia mai finita la “sinistra”. Per la stretta cronaca, “la notizia del giorno” è già stata scritta in anticipo, ma sono solo sbavature che travisano il 25 aprile: ci saranno gli “attimi di tensione” tra la brigata ebraica e i gruppi di manifestanti filo palestinesi. Non come a Roma, qui sfilano tutti, ma è peggio degli anni scorsi. Merito del Pd, il partito che ormai si inserisce come un corpo estraneo nella storica piazza della sinistra. Per dare un senso alla sua imbarazzata partecipazione, per ritagliarsi una parte da protagonista che non può più avere, il partito di Renzi ha deciso “scortare” la brigata ebraica per proteggerla da chissà quali aggressioni. In realtà si nasconde. La conclusione è noiosa: contestazioni, fischi, polemiche. Inezie. Ma è quanto basta per guastare il racconto della giornata più bella della Repubblica.
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