Bock entrò a far parte della squadra di Sergey Brin e Larry Page quando Google era “solo” un motore di ricerca, nel 2006, e aveva 6mila dipendenti. Oggi ne ha più di 50mila, sparsi nel mondo intero. Una crescita esponenziale, che andava governata con metodi rivoluzionari. La qualità dei 44mila assunti sotto la guida di Bock è anche il frutto di questo terremoto interno che ha sconvolto le vecchie regole. Un punto fermo: i criteri per entrare a far parte della squadra di Googleplex (il nome del campus-quartier generale, a Mountain View nella Silicon Valley) sono terribilmente esigenti. In confronto è più facile passare l’esame di ammissione ad Harvard o a Stanford, Università che scartano il 95% dei candidati e vengono ormai equiparate a una lotteria. Tra le massime che riassumono l’alto livello di esigenze fissato a Googleplex: “Assumi solo chi è più bravo di te”. Se un top manager sta cercando un assistente, deve essere qualcuno che sa organizzare la sua agenda e i suoi impegni in modo molto più efficiente di quanto faccia lo stesso capo. Niente più outsourcing nel reclutamento: da molti anni Google non ricorre più ai siti specializzati come Monster. com né ai cacciatori di teste. Non si fida: sia perché quei professionisti usano metodi standard per tutte le aziende, sia per la loro tendenza a selezionare degli specialisti. Google, al contrario, preferisce i “generalisti”, dalla mente aperta, flessibili e versatili, capaci di imboccare percorsi imprevisti, dunque di innovare. Per un’azienda che riceve due milioni di candidature all’anno, Google investe una quantità sorprendentemente elevata del suo tempo “umano” a esaminare i potenziali assunti. «Non affidiamo mai i test ad un solo esaminatore, che potrebbe essere influenzato dai suoi pregiudizi e stati d’animo». Intere squadre di dipendenti di Google si alternano nell’esaminare i candidati. Più dei colloqui tradizionali, vengono create delle situazioni di lavoro, e lì si vede concretamente come il candidato reagisce: per esempio come sa gestire l’ira di un utente insoddisfatto. In media questo processo di selezione dura sei settimane, coinvolge il capo del futuro dipendente, i suoi colleghi e sottoposti, un comitato delle assunzioni, e non di rado l’ultima parola spetta a Larry Page in persona, il chief executive .
Un’opera di fiction “bene informata”, aveva svelato in parte questi metodi. Lo scrittore di San Francisco Dave Eggers nel suo romanzo Il cerchio descrive in modo accurato l’atmosfera del campus di Google e il percorso a ostacoli che attende i candidati all’assunzione. La qualità più ricercata è “l’abilità cognitiva”, misurata in situazioni concrete. I migliori neo-assunti? «Sono quelli che non cercano neppure un lavoro», spiega Bock, che va a stanare talenti che non sono affatto sul mercato, spesso imprenditori di se stessi, creatori di start-up. È arrivato a creargli una sede di lavoro apposta: nella cittadina danese di Aarhus, dopo aver scoperto che c’erano ingegneri eccezionali, Google ha aperto un ufficio solo per loro.