Jobs Act, ora si può assumere senza garanzie di reintegro ma a tempo indeterminato

Jobs Act, ora si può assumere senza garanzie di reintegro ma a tempo indeterminato

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ROMA . Addio articolo 18: da ieri sono entrati in vigore i primi decreti attuativi sulla riforma del lavoro e ora le assunzioni a tempo indeterminato si faranno con il nuovo contratto a tutele crescenti. Scompare quindi, o quasi, il reintegro sul posto di lavoro: la possibilità è riconosciuta solo per licenziamento discriminatorio o per quello disciplinare quando si prova «l’insussistenza del fatto». I tutti gli altri casi i nuovi assunti, anche se illegittimamente licenziati, avranno diritto solo ad un risarcimento.
Mandare a casa i nuovi dipendenti sarà più facile, e assumerli più conveniente. Le nuove regole marciano, infatti, di pari passo con gli sgravi fiscali varati dalla legge di Stabilità: le aziende che firmeranno i nuovi contratti non pagheranno contributi per i prossimi tre anni. E gli sgravi – secondo uno studio della Uil – saranno più alti rispetto agli eventuali indennizzi da versare al dipendente licenziato.
Due aspetti che – articolo 18 e sgravi fiscali – che, nelle intenzioni del governo, dovrebbero spingere le aziende ad assumere. Il Jobs Act, per il premier Renzi «E’ una grande rivoluzione che ci porterà fuori dalle secche della disoccupazione. Quest’anno – ha detto – ci saranno molte più assunzioni che licenziamenti». «Si apre una nuova fase – ha commentato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti – nel segno di una maggiore certezza di regole per le imprese, di una prospettiva di stabilità per i lavoratori, di un ampliamento delle tutele». Qualche dichiarazione d’intenti da parte delle aziende, in realtà, è già arrivata. Telecom, per esempio, ha promesso 4.000 assunzioni in due anni, la Salini- Impregilo ha parlato di 2.500 posti; Sergio Marchionne di 1.000 all’Fca di Melfi. Mega piani annunciati e assunzioni concrete: a breve ne farà una decina il gruppo Unichips, che produce le patatina Pai e San Carlo.
Il percorso dei due decreti (il contratto a tutele crescenti e la Naspi, il nuovo ammortizzatore sociale che entrerà in vigore a maggio) è stato, in realtà, contrastato dai sindacati e anche dalla minoranza del Pd, che non voleva applicare le nuove norme ai licenziamenti collettivi e che ora chiede di «stabilizzare» i nuovi posti. «E’ prevedibile una fiammata occupazionale persino superiore alle previsioni del ministro Poletti che ha parlato di 150 mila assunti nel 2015 – ha commentato Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro alla Camera -Sarà un impulso positivo, ma non sarà sufficiente se non si produrrà un risultato stabile per l’occupazione. Per questo chiediamo a Renzi di rendere stabile l’incentivo per il contratto a tutele crescenti oltre le sole assunzioni del 2015 e di garantire adeguate tutele in caso di disoccupazione anche dal 2017 in poi, anno nel quale la Naspi tornerà a coprire 18 mesi e non più 24 e scompariranno la cassa integrazione in deroga e l’indennità di mobilità». Critici i commenti dei sindacati: dalla leader della Cgil Susanna Camusso («Abbassare le tutele non è la strada per costruire la competitività») a Carmelo Barbagallo della Uil («L’unica certezza e che sarà più facile licenziare»).


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