Immigrati, tensione a Bruxelles: «Ora cooperare con i dittatori»
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BRUXELLES È amaro solo pensarlo, ma così è: a colpi di naufragio, una tragedia dopo l’altra, mentre nel canale di Sicilia muoiono ancora dieci migranti e in 24 ore altri mille vengono salvati dalla guardia costiera italiana, l’Unione Europea scopre che «l’immigrazione è un problema che riguarda tutti gli Stati membri, non è più Mare Nostrum ma Europa nostra» (parole di Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione Europea). E sempre la Ue ammette apertamente, ancora con Timmermans, ciò che finora era solo sussurrato, concesso per metà, a volte perfino negato: nel Mediterraneo le vecchie misure non bastano più, ci vuole più solidarietà fra i Paesi membri, ci vuole una «politica più aggressiva nei confronti dei trafficanti di esseri umani».
Mentre il commissario europeo agli affari interni, Dimitris Avramopoulos, si spinge ancora più in là: «Non dobbiamo essere ingenui», per combattere i trafficanti può essere necessario «collaborare con dei regimi dittatoriali, ma ciò non significa che li legittimiamo». Un’affermazione mai prima udita a Bruxelles, probabilmente non condivisa da tutti (Timmermans non ha voluto commentarla), e però rivelatrice della tensione su questo tema.
Tutto ciò avviene nel corso di una riunione dai toni drammatici della Commissione europea, sintetizzata nella conferma dell’emergenza ufficiale: cioè nell’anticipo a maggio —prima scadenza possibile, nei fatti — delle misure già previste per luglio dall’Agenda europea sulle migrazioni. Sulla base di quattro priorità: «Migliorare il meccanismo del sistema di asilo con una maggiore sinergia tra gli Stati membri, e garantendo che le regole vengano applicate nello stesso modo in tutti i 28 Paesi»; «far meglio nel proteggere le frontiere», rafforzando le possibilità dell’agenzia di sorveglianza delle frontiere Frontex, e operando «in modo che lo scambio di informazioni sia migliorato»; poi, appunto, realizzare «una politica aggressiva nella lotta all’immigrazione illegale, in particolare contro coloro che con la mira di far soldi si rendono colpevoli delle tragedie» del mare, coloro «che stanno dietro il traffico di esseri umani, o l’offerta di navi»; infine, quarta priorità, bisogna «migliorare le possibilità dell’immigrazione legale».
Altre esperienze hanno insegnato come, nella casa comune degli europei, le parole dei politici possano sedare, diluire, anche le emozioni più forti. Ma qui, ormai, sono le cifre a urlare, e a scuotere le sale più ovattate di Bruxelles: solo nel 2014, secondo Frontex, oltre 276 mila persone sono entrate illegalmente in Ue, e 220 mila l’hanno fatto rischiando le proprie vite in mare; dei morti, nessuno conosce il numero preciso.
Il fatto stesso che la Commissione abbandoni certe cautele diplomatiche, e cominci a chiamare le cose con il proprio nome, sembra marcare un cambio di marcia. A conferma di questo, il «ministro degli esteri» della Ue, Federica Mogherini, ha inserito il tema dell’immigrazione fra i punti all’ordine del giorno del consiglio dei ministri degli esteri del 16 marzo, a Bruxelles: «Su questa questione si misura la credibilità nel nostro essere uniti come europei».
In quell’occasione, si tornerà a parlare anche di Frontex, da molto tempo accusata di ritardi e inefficienze: oggi, secondo il commissario Avramopoulos, «non è un guardiano delle frontiere; se vogliamo che funzioni meglio servono più soldi, non solo per il Mediterraneo, anche per le frontiere interne». E quella della solidarietà fra i vari Paesi non è un’immagine retorica, ma «una necessità perché nessuno Stato può affrontare questo problema da solo». Proprio mentre la riunione collegiale della Commissione si chiudeva, è giunta la conferma ufficiale dell’ultimo naufragio, di quegli altri 10 morti: «queste tragedie del Mediterraneo — ha commentato Timmermans — rafforzano il sentimento di urgenza».
Luigi Offeddu
Tutto ciò avviene nel corso di una riunione dai toni drammatici della Commissione europea, sintetizzata nella conferma dell’emergenza ufficiale: cioè nell’anticipo a maggio —prima scadenza possibile, nei fatti — delle misure già previste per luglio dall’Agenda europea sulle migrazioni. Sulla base di quattro priorità: «Migliorare il meccanismo del sistema di asilo con una maggiore sinergia tra gli Stati membri, e garantendo che le regole vengano applicate nello stesso modo in tutti i 28 Paesi»; «far meglio nel proteggere le frontiere», rafforzando le possibilità dell’agenzia di sorveglianza delle frontiere Frontex, e operando «in modo che lo scambio di informazioni sia migliorato»; poi, appunto, realizzare «una politica aggressiva nella lotta all’immigrazione illegale, in particolare contro coloro che con la mira di far soldi si rendono colpevoli delle tragedie» del mare, coloro «che stanno dietro il traffico di esseri umani, o l’offerta di navi»; infine, quarta priorità, bisogna «migliorare le possibilità dell’immigrazione legale».
Altre esperienze hanno insegnato come, nella casa comune degli europei, le parole dei politici possano sedare, diluire, anche le emozioni più forti. Ma qui, ormai, sono le cifre a urlare, e a scuotere le sale più ovattate di Bruxelles: solo nel 2014, secondo Frontex, oltre 276 mila persone sono entrate illegalmente in Ue, e 220 mila l’hanno fatto rischiando le proprie vite in mare; dei morti, nessuno conosce il numero preciso.
Il fatto stesso che la Commissione abbandoni certe cautele diplomatiche, e cominci a chiamare le cose con il proprio nome, sembra marcare un cambio di marcia. A conferma di questo, il «ministro degli esteri» della Ue, Federica Mogherini, ha inserito il tema dell’immigrazione fra i punti all’ordine del giorno del consiglio dei ministri degli esteri del 16 marzo, a Bruxelles: «Su questa questione si misura la credibilità nel nostro essere uniti come europei».
In quell’occasione, si tornerà a parlare anche di Frontex, da molto tempo accusata di ritardi e inefficienze: oggi, secondo il commissario Avramopoulos, «non è un guardiano delle frontiere; se vogliamo che funzioni meglio servono più soldi, non solo per il Mediterraneo, anche per le frontiere interne». E quella della solidarietà fra i vari Paesi non è un’immagine retorica, ma «una necessità perché nessuno Stato può affrontare questo problema da solo». Proprio mentre la riunione collegiale della Commissione si chiudeva, è giunta la conferma ufficiale dell’ultimo naufragio, di quegli altri 10 morti: «queste tragedie del Mediterraneo — ha commentato Timmermans — rafforzano il sentimento di urgenza».
Luigi Offeddu
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