Il Regno Unito in mille pezzi. Chi (non) vincerà le elezioni
Print this article Font size -16+
La campagna per le elezioni politiche di maggio in Gran Bretagna è già avviata e il quadro è incerto come non avveniva da decenni. L’economia tira, ma il disagio in una società sempre più diseguale si fa sentire. Alla voce dei conservatori di David Cameron e dei laburisti di Ed Miliband — con la coda liberaldemocratica di Nick Clegg — si aggiungono quelle dei portatori di istanze nuove: gli antieuropeisti dell’Ukip (Uk Independence Party), i Verdi, gli indipendentisti scozzesi dello Snp (Scottish National Party), potrebbero condizionare l’esito del voto ma sono fortemente penalizzati dal sistema elettorale, che impedisce una rappresentanza efficace dei partiti minori.
La dinamica dei collegi uninominali distorce il rapporto fra il numero dei voti e dei seggi e privilegia le formazioni con un forte radicamento locale rispetto a quelle presenti in maniera diffusa sul territorio nazionale. Un partito radicato come il liberal-democratico di Nick Clegg potrà mantenere buona parte dei suoi parlamentari nonostante un probabile calo di voti. All’opposto, partiti dal consenso diffuso come l’Ukip di Nigel Farage e i Verdi, potranno vedere il loro successo elettorale tradursi in un numero irrisorio di seggi. Conservatori e laburisti sono testa a testa e nessuno, neanche fra i più schierati, si azzarda ad andare oltre. La vittoria dipenderà dalla complessa alchimia nella distribuzione territoriale dei seggi, che potrebbe non coincidere con l’esito del voto: il partito che ne avesse ottenuti di più potrebbe trovarsi in minoranza ai Comuni.
Peter Kellner, sondaggista principe di YouGov, mette in guardia da facili pronostici: sono troppe le variabili intorno ai temi chiave dell’andamento dell’economia, dell’immigrazione e dell’Europa. Senza contare che da qui a maggio nuove priorità — ad esempio sulla sicurezza e il terrorismo — potrebbero influire sull’esito. David Cameron è incalzato da destra da una fronda antieuropeista che vorrebbe schiacciare il partito su posizioni oltranziste. Ha un bel dire che il tema su cui si gioca la partita non è l’Europa ma l’economia, per la quale può giustamente vantare successi, e cercare di mantenere al dibattito sull’immigrazione un minimo di razionalità. L’Europa è diventata la metafora di una insoddisfazione generale: a parole tutti, dall’ arci-euroscettico Bill Cash agli alfieri dell’europeismo come Damian Green, dichiarano il loro appoggio, ma non è difficile veder balenare dietro le manifestazioni di fedeltà la lama di più di un pugnale. Una sconfitta di Cameron non farebbe scorrere troppe lacrime: personaggi come il popolare sindaco di Londra, Boris Johnson, sono pronti a commemorarne le spoglie e a contendere all’Ukip la bandiera del rifiuto dell’Europa. Ed Miliband ha pochi ammiratori fra i suoi stessi elettori, molti dei quali gli rimproverano il «tradimento» nei confronti del fratello David, superato sul filo di lana nella corsa alla guida del partito. Il tentativo di recuperare uno spazio politico a sinistra si scontra con la reazione della destra blairiana, decisa ad impedire qualsiasi cedimento verso posizioni massimaliste.
È una disputa che riporta alla storia antica del partito, ma non è per questo meno pericolosa per il suo leader. Peter Mandelson affetta distacco dall’alto della Camera dei Lord per le vicende elettorali, ma non dimentica il ruolo di machiavellico tessitore di trame di potere; è il riferimento discreto di quanti condiscono l’appoggio di rito alla campagna del leader con un malcelato fastidio per una linea giudicata suicida.
A meno di un miracolo che non pare alle viste, la sommatoria di queste due debolezze non produrrà una maggioranza assoluta nel prossimo Parlamento. La formula dei governi di coalizione o minoritari, vista a lungo come una anomalia transitoria in un sistema bipolare, sembra destinata a ripetersi. Nel prossimo Parlamento un governo di coalizione potrebbe tuttavia trovarsi confrontato con un quadro politico molto più frammentato e rissoso: il ritorno anticipato alle urne entro un paio d’anni potrebbe divenire così inevitabile, aprendo una inedita fase di instabilità politica.
La moltiplicazione dei partiti rispecchia l’evoluzione in atto di una società che si è fatta più complessa (verrebbe da dire, più «europea») e stenta a riconoscersi nella rigidità di meccanismi concepiti per un assetto maggioritario. Collegi nominali piccoli, omogenei e dal voto concentrato, sono stati visti come una garanzia di stabilità, e così è stato finché il sistema è stato bipolare, ma oggi sono di ostacolo al cambiamento. La concentrazione geografica del voto rende sempre più difficile l’alternanza, con il risultato che i partiti politici stanno perdendo la funzione essenziale di strumenti di rappresentanza politica per l’insieme del Regno Unito. Conservatori e laburisti eleggono i loro parlamentari quasi solo in Inghilterra, i primi nel Sud e nel Sud-Est e i secondi nelle fasce industriali del Centro e del Nord. Liberaldemocratici, Verdi e Ukip sono anch’essi partiti solo «inglesi». Nel resto del paese, lo Snp è egemone in Scozia e in Galles e in Irlanda del Nord raccolgono consensi i partiti locali. Solo a Londra — sempre più «città-Stato» nello Stato — il dibattito fra i partiti segue le linee tradizionali e li vede tutti presenti. La regionalizzazione della rappresentanza segue le altre trasformazioni intervenute nella natura identitaria dei partiti che, fondata storicamente sull’appartenenza di classe ha visto — complice anche la rivoluzione thatcheriana — prima succedervi una logica di appartenenza fondata sul denaro, e ora aggiungersi quella basata sul territorio.
La tendenza alla frammentazione del quadro politico — e la scomposizione in senso regionale della Gran Bretagna — prefigurano scenari potenzialmente dirompenti. Tenere un quinto e forse più dell’elettorato stabilmente privo di rappresentanza sarà sempre più difficile: la stessa opinione pubblica che un paio d’anni fa ha respinto il tentativo di introdurre elementi di maggior proporzionalità nel sistema elettorale, non potrà non porsi il problema di un diverso rapporto fra rappresentanza ed efficacia. Il referendum scozzese ha innescato un processo il cui esito è destinato in ogni caso ad incidere sugli equilibri costituzionali del Paese. Un altro referendum nel 2017 potrebbe sancire l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. In una eventualità del genere, la disarticolazione territoriale dei partiti potrebbe amplificare l’effetto dei referendum, contribuendo alla dissoluzione di fatto del Regno Unito in una o più componenti sostanzialmente, anche se non formalmente indipendenti.
La politica inglese ha tempi lunghi, come annota lo storico Donald Sassoon. È presto per dire se il sistema elettorale resterà lo stesso, evolverà in senso proporzionale, verso una edizione in salsa britannica del «Mattarellum», riesumando idee gladstoniane di collegi a rappresentanza multipla, o altro. Così come è presto per dire se, e come, il Paese riuscirà a fare i conti con ipotesi federali sostanzialmente estranee alla sua tradizione. L’impianto politico ed istituzionale potrebbe essere alla vigilia di mutamenti radicali ma gli inglesi — che non amano le rivoluzioni — rifuggono da schemi astratti: tendono ad adattare quando serva le istituzioni alla realtà, anziché costruire modelli per uniformare la realtà alle istituzioni.
Peter Kellner, sondaggista principe di YouGov, mette in guardia da facili pronostici: sono troppe le variabili intorno ai temi chiave dell’andamento dell’economia, dell’immigrazione e dell’Europa. Senza contare che da qui a maggio nuove priorità — ad esempio sulla sicurezza e il terrorismo — potrebbero influire sull’esito. David Cameron è incalzato da destra da una fronda antieuropeista che vorrebbe schiacciare il partito su posizioni oltranziste. Ha un bel dire che il tema su cui si gioca la partita non è l’Europa ma l’economia, per la quale può giustamente vantare successi, e cercare di mantenere al dibattito sull’immigrazione un minimo di razionalità. L’Europa è diventata la metafora di una insoddisfazione generale: a parole tutti, dall’ arci-euroscettico Bill Cash agli alfieri dell’europeismo come Damian Green, dichiarano il loro appoggio, ma non è difficile veder balenare dietro le manifestazioni di fedeltà la lama di più di un pugnale. Una sconfitta di Cameron non farebbe scorrere troppe lacrime: personaggi come il popolare sindaco di Londra, Boris Johnson, sono pronti a commemorarne le spoglie e a contendere all’Ukip la bandiera del rifiuto dell’Europa. Ed Miliband ha pochi ammiratori fra i suoi stessi elettori, molti dei quali gli rimproverano il «tradimento» nei confronti del fratello David, superato sul filo di lana nella corsa alla guida del partito. Il tentativo di recuperare uno spazio politico a sinistra si scontra con la reazione della destra blairiana, decisa ad impedire qualsiasi cedimento verso posizioni massimaliste.
È una disputa che riporta alla storia antica del partito, ma non è per questo meno pericolosa per il suo leader. Peter Mandelson affetta distacco dall’alto della Camera dei Lord per le vicende elettorali, ma non dimentica il ruolo di machiavellico tessitore di trame di potere; è il riferimento discreto di quanti condiscono l’appoggio di rito alla campagna del leader con un malcelato fastidio per una linea giudicata suicida.
A meno di un miracolo che non pare alle viste, la sommatoria di queste due debolezze non produrrà una maggioranza assoluta nel prossimo Parlamento. La formula dei governi di coalizione o minoritari, vista a lungo come una anomalia transitoria in un sistema bipolare, sembra destinata a ripetersi. Nel prossimo Parlamento un governo di coalizione potrebbe tuttavia trovarsi confrontato con un quadro politico molto più frammentato e rissoso: il ritorno anticipato alle urne entro un paio d’anni potrebbe divenire così inevitabile, aprendo una inedita fase di instabilità politica.
La moltiplicazione dei partiti rispecchia l’evoluzione in atto di una società che si è fatta più complessa (verrebbe da dire, più «europea») e stenta a riconoscersi nella rigidità di meccanismi concepiti per un assetto maggioritario. Collegi nominali piccoli, omogenei e dal voto concentrato, sono stati visti come una garanzia di stabilità, e così è stato finché il sistema è stato bipolare, ma oggi sono di ostacolo al cambiamento. La concentrazione geografica del voto rende sempre più difficile l’alternanza, con il risultato che i partiti politici stanno perdendo la funzione essenziale di strumenti di rappresentanza politica per l’insieme del Regno Unito. Conservatori e laburisti eleggono i loro parlamentari quasi solo in Inghilterra, i primi nel Sud e nel Sud-Est e i secondi nelle fasce industriali del Centro e del Nord. Liberaldemocratici, Verdi e Ukip sono anch’essi partiti solo «inglesi». Nel resto del paese, lo Snp è egemone in Scozia e in Galles e in Irlanda del Nord raccolgono consensi i partiti locali. Solo a Londra — sempre più «città-Stato» nello Stato — il dibattito fra i partiti segue le linee tradizionali e li vede tutti presenti. La regionalizzazione della rappresentanza segue le altre trasformazioni intervenute nella natura identitaria dei partiti che, fondata storicamente sull’appartenenza di classe ha visto — complice anche la rivoluzione thatcheriana — prima succedervi una logica di appartenenza fondata sul denaro, e ora aggiungersi quella basata sul territorio.
La tendenza alla frammentazione del quadro politico — e la scomposizione in senso regionale della Gran Bretagna — prefigurano scenari potenzialmente dirompenti. Tenere un quinto e forse più dell’elettorato stabilmente privo di rappresentanza sarà sempre più difficile: la stessa opinione pubblica che un paio d’anni fa ha respinto il tentativo di introdurre elementi di maggior proporzionalità nel sistema elettorale, non potrà non porsi il problema di un diverso rapporto fra rappresentanza ed efficacia. Il referendum scozzese ha innescato un processo il cui esito è destinato in ogni caso ad incidere sugli equilibri costituzionali del Paese. Un altro referendum nel 2017 potrebbe sancire l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. In una eventualità del genere, la disarticolazione territoriale dei partiti potrebbe amplificare l’effetto dei referendum, contribuendo alla dissoluzione di fatto del Regno Unito in una o più componenti sostanzialmente, anche se non formalmente indipendenti.
La politica inglese ha tempi lunghi, come annota lo storico Donald Sassoon. È presto per dire se il sistema elettorale resterà lo stesso, evolverà in senso proporzionale, verso una edizione in salsa britannica del «Mattarellum», riesumando idee gladstoniane di collegi a rappresentanza multipla, o altro. Così come è presto per dire se, e come, il Paese riuscirà a fare i conti con ipotesi federali sostanzialmente estranee alla sua tradizione. L’impianto politico ed istituzionale potrebbe essere alla vigilia di mutamenti radicali ma gli inglesi — che non amano le rivoluzioni — rifuggono da schemi astratti: tendono ad adattare quando serva le istituzioni alla realtà, anziché costruire modelli per uniformare la realtà alle istituzioni.
Antonio Armellini
Tags assigned to this article:
David CameronEd Milibandelezioni nel Regno UnitoGran BretagnalaburistiNick CleggNigel FarageRegno unitoScottish National PartyUkipRelated Articles
Sicurezza, il vertice delle parole
Bruxelles. Tante promesse ma niente di fatto. I ministri degli Interni dei 28 si incontrano per stabilire una strategia contro i terroristi senza decidere niente. Salvo riproporre le misure annunciate dopo gli attentati di Parigi
Meglio i preti della scuola pubblica. La scelta dei musulmani in Belgio
In molti istituti cattolici gli allievi di fede islamica sono maggioranza
Il Libano alla fame, aumentano i suicidi mentre crescono le pressioni Usa
E’ di questi giorni la firma del ministro dell’Economia Nehme sull’accordo per il raddoppio del prezzo del pane. Raddoppiato anche il costo dell’acqua, l’elettricità pubblica non funziona
SEMIALTERNO the how to play democracy tomorrow!
Appunto, in Gran Bretagna è già iniziata la campagna per le elezioni politiche di maggio e, nonostante si trovino con un’economia che tira, si stanno preoccupando per l’incertezza politica governativa che ne potrebbe derivare dal loro Westminster meccanismo elettorale considerato un’eccellenza ma, che si sta sempre più inoltrando verso un irreversibile tramonto se non lo restaureranno radicalmente correggendolo al Proporzionale! Giacché quel Westminster modello elettorale si ritrova in una siffatta accelerata e cangiante globalizzazione che ci ha introdotti in questa siffatta nuova dimensione della realtà che renderà sempre più difficile pretendere omogeneità governativa post voto dato dal fatto di dover incasellare ogni suo singolo distinto collegio all’uninominale che si estende su un territorio con caratteristiche regionali multi-poliedriche oltretutto con un rigido siffatto meccanismo orientato a muoversi per contendersi in continuazione e perpetuamente il solito centro dell’elettorato! Al ché assurdo sarà supporre di poter ottenere risultati omogenei continuando su quella sola induzione centripeta tipica dei Maggioritari senza dover prima o poi sclerare! E la riprova s’è presentata sin dalle ultime elezioni giacché l’attuale governo Cameron si regge su una Coalizione: Tory di Cameron e Liberal-Democratici di Glegg quali compari in coalizione! Quindi, l’esito elettorale dei Britannici a maggio sarà un autentico rebus giacché nemmeno i bookmaker ci scommettono essendo la situazione talmente ingarbugliata tanto che agli scommettitori hanno proposto ben 9 opzioni!
Situazione d’incertezza nella quale anche noi purtroppo, non possiamo rallegrarci! Giacché, da decenni continuiamo ad innaspare e a dibatterci ricercando soluzioni, opposte rispetto ai Britannici! Ovvero, noi, siamo partiti da un Proporzionale della Prima Repubblica affossandola per tentar di avvicinarci sempre più “da decenni”, ad un Italicum Maggioritario con Premio per ritrovarci poi, nelle medesime peste dalle quale gli stessi Britannici tentano di sfuggirvici! Giacché noi, coerenti e conseguenti all’italiota virtù dello estendere un arabesco roccocò per collegare due punti… anziché stenderci una semplice riga… risposta quanto lo sarebbe il sistema elettorale SEMIALTERNO! Noi, invece dopo aver abbandonato il Proporzionale affondato con la Prima Repubblica, abbiamo intrapreso un’assurda impaludante Odissea che ci ha visto, doppiare il Mattarellum, riaffondare nuovamente la Seconda Repubblica, per poi, ritrovarci sempre più arresi ed inermi rispetto alle assurde azioni che si stanno perorando e perpetrando con un siffatto incostituzionale “iperattivo” Porcellum. Dove, nonostante si siano succeduti ben tre diversi governi senza passare attraverso alcuna consultazione elettorale, ci ritroviamo con tutti gli indicatori negativi. E, addirittura, non abbastanza paghi, d’un siffatto obbrobrioso procedere, prossimamente rischiare di finire dalla padella nelle brace d’un prossimo altrettanto limitato e limitante Italicum che comunque prevede un Premio di maggioranza alla lista. Un Italicum oltretutto provvisto d’un marsupio al 60% di Parlamentari “nominati” da un manipolo di segretari di partito e, con capilista bloccati in collegi plurimi! E, si noti bene, tutto questo ambaradan, viene perorato per sempre più approssimarci ad un Italicum Maggioritario con Premio, con la supposizione di poter risolvere quando nel breve termine, andremmo a sbattere per ritrovarci impegolati nelle medesime peste dalle quali i Britannici dovranno uscirci abbracciando soluzioni in senso proporzionale!? Pertanto, cosa dovremmo ancora congetturare da questo palese scambio oltretutto fra democrazia ottriate (la Westminster) e rivoluzionarie (l’italica) se non palesemente apprendere quanto determinante importanza si debba rendere ai meccanismi elettorali! Giacché l’esigenza di procedere ad una siffatta correzione avviene sia pur figurativamente fra democrazie parlamentari sì ma, a radicale diverse ovvero quella ottriata-monarchia e l’altra rivoluzionaria-repubblicana. Appunto la correzione avviene per “mainstream” convergenza impressa dalla globalizzazione quella che sta per invadere sperabilmente, anche i meccanismi e la POLIS dopo aver inondato per mainstream convergenza i media, la finanza e quant’altro!? Il processo sembra diventare ormai irrefrenabile!? Essendo le democrazie rappresentative contemporanee l’esito e l’espressione permanente di una lunga serie di lotte cicliche alterne volte a contenere poteri gerarchici. Un processo storico di sviluppo della democrazia che è stata una sintesi composita osmotica di principi ed esperienze che si sono consolidati nel corso di secoli. Cominciato da quello “star up” nell’antica Grecia, la democrazie è arriva fino a noi, alle nostre democrazie rappresentative frutto di alterni scanditi, eventi che hanno innescato più o meno cruente pulsioni e contrasti fra potenza e potere tracciando più o meno lunghe estensive o restrittive fluttuazioni! Perciò particolarmente sulla scorta degli ultimi eventi si dovrebbe evincere che la risposta implicita e più coerente per i meccanismi elettorali non può che sintetizzarsi dentro quanto col sistema elettorale SEMIALTERNO si propugna! Giacché insito nella storia, sin da quell’ateniese start up, presente nella stessa cronistoria! Giacché il sistema SEMIALTERNO è un dispositivo elettorale che basandosi su mandate (elettiva) al proporzionale (senza soglia) verrebbero sostituito da una mandata (elettiva) al maggioritario (con premio di maggioranza) in caso di fine anticipata della legislatura, ma in questa evenienza la legislatura entrante non può modificare la Costituzione dopo la quale comunque, si ritornerà a mandate (elettive) a base proporzionale. Quale modalità per riprodurre quella osmotica fisiologica tensione propulsiva dell’ingenerare un autentico contendibile meritocratico BIPOLARISMO APERTO all’accountability! Indispensabile per riprodurre chiarezza e trasparenza e per riscontrare in modo permanente la responsabilità quanto per innescare quella necessaria prepensione propedeutica a massimizzare governabilità coniugata alla rappresentatività per far sì che chi governa governi! E, chi fa l’opposizione puntualmente controlli! Per poi, non ritrovarci ogniqualvolta, dover chiamare in “supplenza” la magistratura in tutti i Cantoni d’Italia! Giacché serve a stroncare quei subdoli rapporti come afferma il Presidente della Corte dei Conti nella sua relazione che la: “Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso, nel quale l’una è causa ed effetto dell’altra” che urge drasticamente troncare! Urge aggiornarci adeguandoci ai tempi giacché, alcun sistema mai potrebbe “reggersi” restando in equilibrio se si trova obbligato a muoversi nello spazio tempo su una sola induzione centrifuga tipica dei Proporzionali, che spinge verso la moltiplicazione opzionale partitica tipica della nostra Prima Repubblica. Oppure, muoversi su quella centripeta tipica dei Maggioritari – Westminster incardinata sulla governabilità a scapito della rappresentatività! In quanto per reciproca complementarietà devono entrambi: Prop. & Magg., in un siffatto alterno implicito evolvente modo vicendevolmente richiamarsi per coniugarsi e per compiutezza equilibrarsi “autocorreggendosi”! Questo è quanto già sta praticamente accadendo nel mondo reale, ed è in perenne dinamica evoluzione e, che or ora, ce lo sta dimostrando sempre più palesemente la cronaca! Questa reciproca esigenza auto-equilibratrice autorigenerante che il SEMIALTERNO esprime, la si evince oggigiorno, osservando anche lo sferzo d’una siffatta sempre più iperbolicamente accelerazione (Moore’s law) la cui intensificazione sta sempre più affastellando queste fluttuazioni “estensive e contrattive” sulle front line a tal punto da permetterci d’acquisire quanta complementarietà d’interazione centripetocentrifuga vi sussista… tale da addivenire conseguentemente quanto già il SEMIALTERNO enuclea nella sua dinamica evolvente articolazione!
E’ pertanto, che bisogna muoverci ed attrezzarci correttamente per incarreggiare al meglio il nostro Bel Paese! Essendo oggigiorno ormai, la ricerca d’architetture elettoral-istituzionale più equilibrate e complete un imprescindibile MUST e, dato che molti si sono spesi iniziando da A. Ljphart a G. Sartori e tanti altri ancora che vi si aggiungeranno per continuare in modo sia pur asintoto a indagarne di più nuove e pertinenti forme… giacché molte e diverse sono le modalità dei meccanismi elettorali presenti nella compagine mondiale, implicita non può che esserne la loro perfettibilità! Da cui è sgorga la ricerca di migliori soluzioni rispetto al contingente e non rischiare di arrenarsi gingillandosi sull’oblio o per scarsa, distorta o distolta quanto disinvolta memoria storica per di soppiatto, giocarvici quell’ITALICUM opportunistica mossa volta a rinforzare una siffatta autoreferenzialità in verso autoritario! Che tenderebbe rinchiuderci dentro un BIPARTITISMO blindato di quei nominati che già ne rappresentano la premessa. Dove, solo 2 partiti tenderebbero diventare i soli due assoluti deterrenti del campo, impedendo più fisiologiche alternative e ricambi giacché resterebbero gli unici 2 detentori in campo pronti a radere sin sul nascere qualsivoglia concorrenziale alternativa giacché li troverebbe inclini a sempre più istituzionalizzarsi in un unico partito, per così rinfiorarsi ancor più come un’autoreferenziale CASTA e, così dilazionare sempre più nel tempo l’affacciarsi d’una qualche più autentica alternativa o ricambio “esente dall’inciucio”?! Pertanto, anche la categoria dei meccanismi elettorali quanto il nostro impianto Istituzionale non possono esimersi dall’essere sottoposti ad una più pertinente rigenerante riformulazione per adeguarsi ad una siffatta sempre più accelerata e cangiante realtà liquida (Bauman). Una realtà che impone sostanziosi radicali aggiornamenti come quanto il mondo reale già da tempo è riuscito a ridurre i propri costi accorciando sempre più le filiere d’intermediazione. Questo grazie ai sempre pervasivi nuove e straordinarie strumentazioni frutto dell’aver saputo incurvare per “mainstream” convergenza i propri know how” concentrandoli in risorse (asset) e trasformali in sempre più potenti dispositivi; dagli i-Phone agli i-Pad e quant’altro. Questo per esternalizzare sempre maggiori potenzialità multifunzionali facilitandone ancora più l’intuitività all’utente nel loro utilizzo e, raddoppiando il loro potenziale per simmetricamente abbassarne in continuazione la soglia in difficoltà d’utilizzo! Giacché al solo click d’un tocco per un PING l’interazione è attivata al tempo del “tweet”, del “WhatsApp” e del “just in time! Strumenti che stanno invadendo e pervadendo ormai ogni ambito e livello! E’ per l’appunto che anche la POLIS deve muoversi al fine di poter quel gap, spread che separa il cittadino dall’istituzione e viceversa. Serve aggiornare le modalità delle prassi e delle procedure per ridurre sempre più detta discrepanze, discrasie solo così ci si potrà meglio sintonizzare ad un siffatto accelerato procedere per non ritrovarci complessivamente auto esodati dalla stessa democrazia quali nuovi multipli “Pu Yi”!? E’ pertanto che si rende inderogabile riformulare, aggiornare, rigenerare l’impianto elettoral-istituzionale sotto questa nuova luce per cambiar passo! Questa è il balzo di qualità che bisogna affrontare per sintonizzarsi ad una siffatta realtà vivendo questo irrepetibile momento epocale di cambiamento antropologico, economico, sociale, culturale, ecc. senza paragoni! Che impone la necessità di darci una mossa per effettivamente cambiare verso e rendere al voto quel effettivo dignitoso valore che gli appartiene. Viste le potenzialità ed opportunità che le nuove tecnologie permettono di aprirsi ad una democrazia sempre più partecipativa… pertanto, sarebbe opportuno cambiare verso e cambiar gioco, per non continuare ad essere giocati! Nel lasciarci sfilare la mano, il mazzo o/e il gioco dal solito opportunista di turno che lascerebbe sempre più pagare il conto al solito Pantalone!
Da cui l’esigenza di procedere ad introdurre adeguamenti anche sul fronte della POLIS giacché non possiamo continuare a gingillarci mordendo sempre le stesse ossa! Continuando a mantenere i meccanismi elettorali gattopardescamente TRANSITIVI per così rendere la casta sempre più INTRANSITIVA! Time is over!? Ormai quell’irreversibilmente dado è stato tratto ed ha segnato che abbiamo oltrepassato irreversibilmente ogni periodo paternalistico discente anche sul fronte della POLIS che sarà sempre più difficile poter ri-procrastinare! Ormai, ad ogni latitudine ve ne riecheggiano le medesime “propulsive” esigenze! Quindi, impensabile sarà supporre di poterlo ripristinare pensando di rinchiuderlo o blindarlo dentro quei rigidi soliti schematici modelli elettorali dal Proporzionale al Maggioritario ai suoi derivati ibridi misti dal Mattarellum al Porcellum (incostituzionale) al prossimo Italicum quando tutti questi si sono qualificati fallaci e lo stanno tutt’ora dimostrando d’essere meccanismi strutturalmente limitati e limitanti; specialmente quando vengono riprodotti per lo stesso verso! Essendo tutti questi modelli concepiti secondo compassati schemi frutto di statuizioni formalmente corrette, rispetto ad una siffatta sempre più dinamica evolvente complessa, cangiante ed accelerata realtà che reclama altrettante dinamiche strutturali articolate ed equilibrate soluzioni quanto col SEMIALTERNO si propugna! Per evolvere giacché difronte ad una siffatta compassata inadeguatezza non possiamo alla Fukuyama di decretare la fine della storia per accontentarci semplicemente di scambiarci di tanto in tanto siffatti obsoleti meccanismi elettorali senza mai renderli strutturalmente equilibrati e completi come quanto col SEMIALTERNO s’intende. Ormai non si può più derogare specialmente quando la risposta è a semplice portata giacché insita nelle realtà delle cose ovvero, perfino nella cronaca! Giacché se i Britannici del Westminster-Maggioritario si ritroveranno molto prossimo, nelle condizioni di dover ricercare soluzioni di ri-equilibrio nel Proporzionale e, noi dopo aver effettuato detta assurda Odissea ci troviamo in un percorso inverso con la supposizione di poter risolvere quando nel breve termine, andremmo a sbattere per ritrovarci impegolati nelle medesime peste dalle quali i Britannici dovranno tentare d’uscirci abbracciando “prossimamente” soluzioni in senso proporzionale! Famigerato non potrebbe che risultare l’insistere a sbagliare lasciandoci sfuggire l’opportunità di meglio incarreggiare il nostro BelPaese col SEMIALTERNO!
Pertanto si evince l’ineluttabile complementare coniugazione delle spinte induttive centrifughe e centripete per riprodurre un sistema più equilibrato e completo quanto il SEMIALTERNO propugna! Pertanto l’esigenza di meglio attrezzare la nostra democrazia è diventato come detto, un MUST globale, essendo proprio dato dall’insoddisfazione per la democrazia insita nella sua storia che pur non avendo legittimi concorrenti, l’attuale “solitudine planetaria” non la potrà mai rendere invulnerabile… da cui si evince la necessità di effettivamente articolarla in modo da renderla strutturalmente a dinamico implementabile tasso di contendibilità per attivare accountability. Questo fa sgorgare conseguentemente l’indispensabile esigenza di doversi dotare d’un più adeguato equilibrato carburatore – propulsore quanto il SEMIALTERNO propugna per procedere verso quel costante processo di miglioramento modo più inclusivo verso quel futuro che appartiene ai nostri figli! La necessità di rendere il suo meccanismo elettorale più dinamico risulta dallo stesso nostro trascorso. Giacché come esposto, anche la nostra Prima Repubblica per effetto del ritrovarsi indirizzata sulla sola induzione prevalente centrifuga esercitata dal Proporzionale che abbiamo abbandonato, ha praticamente continuato a far riprodurre sempre nuovi partitini, ago della bilancia (considerati nanetti da Sartori), che rendevano sempre più difficile il costituirsi di governi stabili e coesi quanto duraturi. Questione che ha contribuito a far collassare la nostra Prima Repubblica caduta anche per Tangentopoli ed altre concause per l’estinzione dei finanziamenti esterni ai partiti, ecc. senza le quali l’avrebbero fatta collassare molto prima. Giacché preponderante è stato il fattore strutturale endogeno rappresentato dall’aver portato all’esaurimento quella spinta prevalente propulsiva che la indirizzava sull’induzione centrifuga del Proporzionale che l’ha condotta a quella detta proliferazione continuativa di partitini ago della bilancia! Pertanto, per detto perpetuato indirizzo centrifugo che apriva alla proliferazione di sempre nuove opzioni partitiche quanto il proporzionale concede. Tutto questo rimetteva ai partitini un abnorme potere contrattuale a questi nanetti iperbolicamente superiore alle loro talora anche minime espressioni elettorali; un potere che usavano come ricatto per entrare in coalizione con un’inamovibile Balena Bianca altrettanto fatta ancorare lì, al centro grazie a quello stesso meccanismo proporzionale centrifugo che li le permetteva di comodamente sguazzarvici. Appunto sono i modelli proporzionalisti che permettendo la proliferazione partitica e, per contro, concedono e riproducono governi prevalentemente centristi. Appunto, era questo stesso meccanismo proporzionale che dava a tutti quei nanetti un siffatto perpetuo potere condizionatore che se invece fossimo stati in presenza del sistema SEMIALTERNO li sarebbe stato precluso grazie al suo meccanismo del poter ingenerare effettiva contendibilità a tutto tondo ed a tutto campo. Pertanto, avrebbe potuto fare sloggiare sia la balena di starsene sempre al centro quanto negare a quei partitini l’assurdità di poter giocare costantemente da ago della bilancia, in quegli speculativi opportunistici termini e modi. In quanto per la concorrenziale contendibilità che il sistema SEMIALTERNO ingenera ed imprime li avrebbe tutti ridimensionati relegandoli alle loro effettive consistenze elettorale numeriche! Giacché grazie a detta concorrenziale contendibilità indotta dal meccanismo SEMIALTERNO si sarebbero potuti costituire governi in coalizione ben più coesi e duraturi dove ad ogni partito sarebbe stata riconosciuta e valutata la sua effettiva consistenza elettorale. Giacché alcun nanetto-partitino non avrebbe mai potuto esercitare alcun potere superiore alle proprie dimensioni e, quindi si sarebbe dovuto diversamente rassegnare trovandosi impossibilitato a poter ricattare gli altri potenziali suoi partner quali partiti di governo del mettersi in coalizione e/o poi governare in coalizione. In quanto se tale ricatto fosse stato intimato e/o tentato d’intendere volerlo esercitare persino successivamente in coalizione governativo, questo avrebbe creato le condizione per chiudere anticipatamente la legislatura. Questa operazione di ricatto da parte di uno o più nanetti avrebbe però determinato per conseguenza sì, la chiusura della legislatura ma anche voler mettere a rischio la loro stessa possibile presenza in Parlamento alle successive elezioni ovvero anche quella di non poter venir rieletti! E, quindi, di venir spazzati via dal Parlamento alla successiva tornata elettorale! Giacché col SEMIALTERNO si sarebbe avuta una tornata al Maggioritario con Premio al vincente, questo sarebbe stato il meccanismo che si sarebbe automaticamente innescato se fosse applicare il sistema SEMIALTERNO data la sua dinamica potenzialità auto-ripulente ed autorigenerante insta nello stesso evolvente meccanismo che col SEMIALTERNO si riprodurrebbe contendibilità al fine di agevolare e massimizzare governabilità coniugata con la rappresentatività ovvero, il quanto d’ideale ci si dovrebbe aspettare da un sistema elettorale equilibrato e completo! E, non certamente dando un premio di maggioranza perpetuamente come lo farebbe un Italicum incurvato sull’autoreferenzialità in presenza d’un tasso d’astensione che ha raggiunto perfino il 73% risulterebbe una rischiosa montante carica esplosiva che potrebbe ancor più trascinare la nostra democrazia verso un’autentica AUTOCRAZIA d’una sola parte della società sull’altra! E’ per l’appunto che diversamente invece col SEMIALTERNO su ogni legislatura a base proporzionale vigerebbe quella vincolante Maggioritaria con Premio che come una spada di Damocle agirebbe da condizionatore indispensabile al rendere equilibrato e completo ogni sistema. Dopo la quale modalità si ritornerebbe al Proporzionale. Per cui l’eventuale meglio corretto Italicum potrebbe rappresentare solo un corno di quel meglio articolato sistema che il SEMIALTERNO rappresenta! Pertanto è la dinamicità evolvente centripetocentrifuga che rende il SEMIALTERNO più completo ed equilibrato quale articolazione indispensabile da dover enucleare per infondere contendibilità e per conseguentemente riprodurre accountability! Ovvero, l’opzione vincolante che automaticamente farebbe scattare una mandata elettorale al Maggioritario. Queste sono le prerogative che il sistema SEMIALTERNO ingenera per dare maggiori rassicurazioni di governabilità coniugata con la rappresentatività articolate in dinamica reciproca concorrenza nella stessa sua insita strutturale articolazione: centrifugocentripeta quella indispensabile per ingenerare e riprodurre contendibilità a tutto tondo ed a tutto campo! Quale permanente tensione tesa ad agevolare il coagularsi di governi coesi e più duraturi indipendentemente se ad un solo partito od in coalizione di partiti. In quanto al cittadino poca importa che il governo si costituisca in coalizione di partiti o partito di corrente purché riproduca efficaci ed efficienze performance governative! Cosicché al meglio si tutelerebbe anche la funzione dell’opinione quale elemento essenziale da coniugarsi con la volontà politica questioni imprescindibile per la stessa sopravvivenza della democrazia!
Inoltre, la stessa necessità di risolvere acquisendo meccanismi elettorali dinamici più pragmatici al SEMIALTERNO si evince da quanto gli stessi Greci Antichi affrontarono dall’aver concepito il “ciclo” quale uovo di Colombo e, l’hanno introdotto come criterio dinamico per praticamente applicarlo nelle prassi dell’esercizio della democrazia, dove, sistematicamente il ciclo veniva usato per l’assolvimento delle cariche alternandosi nei ruoli e nelle funzioni tant’è che i rappresentanti veniva estratti a sorte e duravano con un mandato di due anni questo era congeniato anche per meglio poter contrastare rischi di cadere nel dispotismo. Così in altrettanto dinamico alterno modo, praticavano la modalità evolvente del anche gli stessi Romani, riferito perfino anche al loro impianto istituzionale giacché, quando reputavano la loro Repubblica a rischio, la sospendevano per inserirvi un ciclo (alterno) d’”assoluta” governabilità eleggendo un dictator – dittatore per poi, (dopo sei mesi) ritornare alla Repubblica! Questa era la prassi, anche se l’ho espressa in modo sbrigativo. Prassi semi alterna che permetteva loro di concepire in modo elastico flessibile l’istituzione mantenendola così il più possibile integra cercando d’incarreggiarla entro quegli evolventi termini alterni fra “Senato e Governatore“!? E’ pertanto che anche da questi aspetti dovremmo trarre quelli opportuni insegnamenti necessari a permetterci di dover concepire la democrazia come un processo osmotico dinamico sin dai suoi meccanismi elettorali ed attrezzarci per poter meglio e più fisiologicamente farla “respirare” con entrambi quei due suoi inalienabili democratici polmoni di: “Governabilità e Rappresentatività” cercando di mantenerli nel più integro modo possibile! Giacché alla Monod: è dal come si montano le cose che si riesce a fare la differenza anche fra sistemi! Quindi, urge poterci rendere strutturalmente competitivi nel compendio mondiale per poterci ritrovare conseguentemente più strutturalmente competitivi nel compendio mondiale in efficienza ed efficacia da cui il sistema il SEMIALTERNO che si va proponendo, essendo strutturato a base proporzionale e quindi poterci riscattare dall’essere e dal venir reputati di serie BBB- come affidabilità debitori!
E’ pertanto, che urgono innovazioni ed aggiornamenti su molti fronti e livelli per far sì che gli ITALIANI vengano considerati dalla “classe politica” cittadini secondo quei termini ribaditi anche dal nostro Presidente all’atto del suo insediamento: del dover intervenire a rimuovere tutti quegli ostacoli che si frappongono e limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei Cittadini secondo quanto già sancisce al 2°comma dell’art. 3 della nostra Costituzione, per così evitare che le maggiori disuguaglianze sociali si traduca in disparità di potere politico (Keynes T. Piketty e per altro verso Cottarelli)! Inoltre la nostra democrazia servirebbe vederla integrarsi con altri più appropriati nuovi istituti a democrazia diretta introducendo: il referendum propositivo per controbilanciare quello abrogativo! Giacché alcun equilibrio può reggersi soltanto togliendo bensì anche aggiungendovi!! Elementare! Così come eliminare il Quorum ai referendum per sostanzialmente rafforzarli rendendoli così effettivamente competitivi;
– il RECALL–revoca del mandato– quale minimale esigenza per equilibrarsi a “quel…senza vincolo di mandato” dell’art. 67 per ovviare a quei furtivi cambi di casacca di quei voltagabbana sempre proni a passare da un partito all’altro, da uno schieramento all’altro, ecc. La revoca è già presente da un secolo in California ma anche in altri 18 Stati dell’Unione quanto in Canada, Giappone, Svizzera ed altri vari paesi latino-americani. – il “Write in” – aggiungere l’istituto del “write in” anche per le primarie ovvero, di poter scrivere direttamente “nella” scheda elettorale nominativi di cittadini anche quando non sono presenti in alcuna predisposta lista; quale modalità per meglio contrastare: cooptazione, lobbismo, nepotismo, clientelismo degli apparati partitocratici e non. Inoltre, per la necessità di tutelare l’indipendenza e il pluralismo del foro pubblico dell’informazione tanto dal potere delle maggioranze politiche quanto da quello dei centri di potere economici. Supposto che venga rafforzato il potere delle specifiche autorità di controllo. Inoltre col -“TOP TWO” poter istituzionalizzare le primarie di collegio ove tutti possano liberalmente concorrevi ma, non mantenere quelle parziali riferite ad un solo od unico partito, bensì introdurle secondo il criterio aperto della “TOP TWO” (al principio che i primi due vincenti si contendono il collegio) come quanto già fanno in Californiana ed altrove avviene da secoli.
Questo per poter estendere anche all’elettore di coste testualmente controllare l’operato dei suoi rappresentanti esercitando pressioni e se necessario spingere per ritornare al voto. Giacché la democrazia abbisogna di essere costantemente rivitalizzata quanto monitorata attraverso plurimi apporti in un altrettanto costante opera di “generale” manutenzione!
Essendo assodato che le novità si ottengono arrangiando in modo inedito le cose del passato, è per l’appunto come asseriva Monod, è da quel “come” si montano le cose che poi, si può fare la differenza dell’esser e del ritrovarsi conseguentemente più strutturalmente competitivi nel compendio mondiale in efficienza ed efficacia da cui il sistema il SEMIALTERNO che si va proponendo, essendo strutturato a base proporzionale! Quindi, proteso ad ingenerare ed infondere maggiore ’inclusività indispensabile per potere estendere la democrazia non solo su basi formali bensì protesa a meglio incarreggiarsi a ad essere insieme formale e sostanziale come quanto già asseriva N. Bobbio! Quindi,