Le ultime parole di Boris Nemtsov: «Il Cremlino mi vuole morto»

Le ultime parole di Boris Nemtsov: «Il Cremlino mi vuole morto»

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MOSCA Centinaia di moscoviti in pellegrinaggio, fiori, fotografie, e un cartello: «Je suis Boris Nemtsov». Sul luogo dove l’esponente dell’opposizione è stato brutalmente assassinato, arrivano anche gli ambasciatori dei Paesi dell’Ue. Poi tanta gente comune, sconvolta per il fatto che nel cuore della capitale, a duecento metri dalla Piazza Rossa, si possa morire così. Gli oppositori puntano tutti il dito verso il Cremlino, visto che Nemtsov era uno dei più attivi esponenti del movimento contro Putin, anche se non era uno dei più seguiti. I leader politici, dalla Casa Bianca all’Europa, non risparmiano critiche e chiedono al Cremlino di fare presto chiarezza sul brutale assassinio.
A rileggere le parole confidate nella sua ultima intervista, il 10 febbraio scorso, si è di fronte a una quasi premonizione: «Ho paura che Putin voglia uccidermi», aveva detto Nemtsov al sito Sobesednik.ru . La Procura, che indaga direttamente sotto il controllo del presidente, indica invece piste totalmente diverse, alcune delle quali appaiono a molti del tutto fantasiose. Come quella che lega l’assassinio dell’uomo politico russo alla sua condanna della strage nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi.
Di sicuro sappiamo che venerdì sera Nemtsov stava tornando a casa assieme alla compagna Anna Duritskaya, una top model ucraina che frequentava da tre anni. Sul ponte che si trova proprio di fronte alle mura del Cremlino, una vettura bianca ha affiancato la coppia e una persona è scesa. Contro Nemtsov sono stati esplosi sei colpi. Quattro proiettili lo hanno centrato alla schiena e alla testa, uccidendolo. Ieri la polizia ha trovato una vettura abbandonata con targa della repubblica caucasica dell’Inguscezia. Un fatto che corroborerebbe la pista islamica che tanto sembra piacere agli investigatori. Ma non si capisce perché eventuali killer avrebbero usato a Mosca un’auto così facilmente etichettabile.
Certamente Nemtsov si opponeva con tutte le sue forze alla politica di Putin, alla corruzione, a quelle che definiva senza mezze parole le «ruberie degli amici del presidente». E certamente negli ultimi mesi aveva lavorato sull’intervento russo in Ucraina, denunciandolo e appellandosi ai militari perché si rifiutassero di andare a combattere nella «guerra segreta». Il presidente ucraino Poroshenko ha detto che Nemtsov gli aveva preannunciato prove sul coinvolgimento della Russia. Ma non sembra che ci fosse bisogno di altre prove, visto che l’aiuto del Cremlino ai ribelli indipendentisti non è certo un segreto, anche se continua a essere negato dalle autorità russe.
E allora? Putin ha promesso che sarà fatto tutto il possibile per assicurare alla giustizia gli assassini. Fonti del Cremlino continuano poi a insistere sulla scarsa rilevanza politica di Nemtsov: l’uomo politico che era stato anche vice primo ministro ai tempi di Eltsin non era molto amato dai giovani insoddisfatti che l’anno scorso avevano riempito le piazze. Così la Procura parla delle sue piste. La prima, sposata in pieno anche dal Cremlino, è quella della «provocazione»: uccidere Nemtsov per mettere in difficoltà Putin e rilanciare il movimento d’opposizione. Poi c’è l’ipotesi islamista e quindi quella della vita personale, legata al rapporto con la bella modella di Kiev. Infine si vocifera di «questioni d’affari». Alcuni siti Internet affermano che Nemtsov, che aveva vecchi legami con la Cecenia, fosse in affari con uomini dell’entourage del presidente Ramzan Kadyrov.
Oggi ci sarà una marcia di commemorazione. Le autorità l’hanno autorizzata, ma non potranno prendervi parte più di 50 mila persone. Martedì i funerali nello stesso cimitero di Anna Politkovskaya, la giornalista assassinata nel 2006.
Fabrizio Dragosei


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