La minaccia di Putin: «Niente più gas a Kiev anche l’Europa rischia»
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MOSCA Mentre la tregua sembra finalmente entrare in vigore, per l’Ucraina si apre un nuovo fronte, quello del gas. E la nuova minaccia di taglio delle forniture avanzata da Vladimir Putin potrebbe coinvolgere anche il metano destinato all’Europa. Al di là delle cifre e delle accuse reciproche, il nodo del contenzioso sembra essere la decisione russa di fornire direttamente metano alle repubbliche autoproclamatesi indipendenti di Luhansk e Donetsk, addebitando il costo al governo ucraino. Kiev invece non accetta che sia un altro Paese, il fornitore di gas, a decidere che uso deve fare del prodotto il Paese acquirente. E così rifiuta di pagare ulteriormente, visto che considera il metano spedito a Luhansk e Donetsk come «non consegnato».
Dopo giorni di disputa tecnica tra Gazprom e Naftogaz Ukraina, ieri è intervenuto pesantemente il presidente russo accusando i vicini di tentato genocidio nei confronti delle popolazioni russofone del Sudest ucraino. Questo perché Kiev non consegna il gas e non rifornisce di alimentari queste aree: «Immaginate questa gente lasciata senza gas nel mezzo dell’inverno, circa 4 milioni di persone. Non solo lì c’è già la fame; l’Osce ha constatato che c’è una catastrofe umanitaria… Questo già odora di genocidio», ha detto Putin.
Così per alleviare la crisi delle due repubbliche alle quali Kiev ha anche sospeso i pagamenti degli stipendi pubblici e delle pensioni (visto che sono fuori dal suo controllo), Mosca ha deciso di intervenire direttamente. Ha dirottato una parte del metano verso due stazioni situate nel sudest dell’Ucraina che sono controllate direttamente dagli indipendentisti, Prokhorovka e Platovo.
Ora Gazprom, secondo i suoi calcoli che tengono conto anche di queste quantità di metano, afferma di aver consegnato praticamente tutto il gas pagato in anticipo dall’Ucraina. Se non ci saranno nuovi versamenti, afferma Putin, «Gazprom sospenderà la consegna. E questo naturalmente può creare un pericolo al transito di metano verso l’Europa».
Se Kiev non accetta di pagare anche per le repubbliche ribelli, dunque, la Russia è decisa a chiudere per la quarta volta i rubinetti. A quel punto il rischio è che per non rimanere a sua volta al freddo (ingiustamente, secondo il suo punto di vista) l’Ucraina prelevi comunque gas dal tubo diretto verso l’Europa centrale e occidentale, come accaduto nel 2004 e nel 2009. Per l’Unione Europea, le forniture russe rappresentano il 27% dei consumi, più di un quarto.
La nuova possibile crisi sta spingendo le autorità di Bruxelles ad accelerare i piani per forniture alternative. Morto il progetto di gasdotto Nabucco che avrebbe dovuto portare nel continente il gas dell’Azerbaigian e del Turkmenistan, ora si punta sulla linea Trans-adriatica TAP che dovrebbe far arrivare quel metano tramite Turchia, Grecia e Italia meridionale. Si parla però di solo 10 miliardi di metri cubi, pari al 2% dei consumi europei (con una prospettiva di raddoppio dopo il 2020).
Finora, però, Mosca era riuscita ad ottenere la quasi esclusiva del gas azero e turkmeno. L’Europa sta corteggiando questi due Paesi per firmare contratti diretti, ma uno degli ostacoli principali è costituito dall’interpretazione russa degli accordi esistenti fra i paesi del Mar Caspio: possono esportare direttamente gas solo col consenso degli altri. Vale a dire che il Cremlino avrebbe il diritto di veto.
Fabrizio Dragosei
Così per alleviare la crisi delle due repubbliche alle quali Kiev ha anche sospeso i pagamenti degli stipendi pubblici e delle pensioni (visto che sono fuori dal suo controllo), Mosca ha deciso di intervenire direttamente. Ha dirottato una parte del metano verso due stazioni situate nel sudest dell’Ucraina che sono controllate direttamente dagli indipendentisti, Prokhorovka e Platovo.
Ora Gazprom, secondo i suoi calcoli che tengono conto anche di queste quantità di metano, afferma di aver consegnato praticamente tutto il gas pagato in anticipo dall’Ucraina. Se non ci saranno nuovi versamenti, afferma Putin, «Gazprom sospenderà la consegna. E questo naturalmente può creare un pericolo al transito di metano verso l’Europa».
Se Kiev non accetta di pagare anche per le repubbliche ribelli, dunque, la Russia è decisa a chiudere per la quarta volta i rubinetti. A quel punto il rischio è che per non rimanere a sua volta al freddo (ingiustamente, secondo il suo punto di vista) l’Ucraina prelevi comunque gas dal tubo diretto verso l’Europa centrale e occidentale, come accaduto nel 2004 e nel 2009. Per l’Unione Europea, le forniture russe rappresentano il 27% dei consumi, più di un quarto.
La nuova possibile crisi sta spingendo le autorità di Bruxelles ad accelerare i piani per forniture alternative. Morto il progetto di gasdotto Nabucco che avrebbe dovuto portare nel continente il gas dell’Azerbaigian e del Turkmenistan, ora si punta sulla linea Trans-adriatica TAP che dovrebbe far arrivare quel metano tramite Turchia, Grecia e Italia meridionale. Si parla però di solo 10 miliardi di metri cubi, pari al 2% dei consumi europei (con una prospettiva di raddoppio dopo il 2020).
Finora, però, Mosca era riuscita ad ottenere la quasi esclusiva del gas azero e turkmeno. L’Europa sta corteggiando questi due Paesi per firmare contratti diretti, ma uno degli ostacoli principali è costituito dall’interpretazione russa degli accordi esistenti fra i paesi del Mar Caspio: possono esportare direttamente gas solo col consenso degli altri. Vale a dire che il Cremlino avrebbe il diritto di veto.
Fabrizio Dragosei
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