Di fronte al dato italiano del 28,4%, il vicedirettore di Caritas Italiana, Paolo Beccegato, osserva: “Anche l’Italia è diventata più povera e meno giusta, per le politiche di austerità che in tutta Europa non solo non hanno risolto i problemi, ma hanno lasciato sul terreno morti e feriti, con i poveri che hanno pagato il prezzo più alto. Ed è cresciuto moltissimo il tasso di instabilità sociale”. Per forza: l’Istat rileva dalle nostre parti oltre 10 milioni di persone in condizioni di povertà relativa (il 16,6% della popolazione), con una spesa per consumi inferiore alla soglia di riferimento. Mentre la povertà assoluta, che non consente standard di vita accettabili, coinvolge il 7,9% delle famiglie. Quasi 6 milioni di italiani.
Poveri, poverissimi, e senza lavoro: nel 2013 hanno lavorato meno di sei persone su dieci in età compresa tra i 20 e i 64 anni, con un tasso di occupazione sceso sotto quota 60% (59,8%). Solamente Grecia, Croazia e Spagna hanno presentato percentuali inferiori, in un indicatore che l’Ue considera strategico. Con il chimerico l’obiettivo del 75% per il 2020. Ottimistico al pari delle stime dell’Ocse, che nel suo “Economic survey” sull’Italia assicura: “Se il governo italiano riuscirà ad attuare il suo programma di riforme ambizioso e di ampio respiro, potrebbe determinarsi un incremento del pil pari al 6% entro i prossimi dieci anni”.
Il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, arriva a dire: “L”Italia è tornata”. Spellandosi le mani di fronte alle “riforme” di Monti, Letta e Renzi: “Iniziative necessarie per rilanciare la produttività — le definisce — e rimettere l’economia sulla strada di una crescita duratura”. A seguire le stime: il pil dell’Italia dovrebbe crescere quest’anno dello 0,4%, e nel 2016 dell’1,3%. Con un tasso di disoccupazione — in calo minimo — al 12,3% quest’anno e all’11,8% il prossimo. E un rapporto debito/pil fondamentalmente stabile, al 132,8% in questo 2015 e 133,5% nel 2016.
Anche se il compito è arduo, Pier Carlo Padoan sprizza ancor più ottimismo. Tanto da dimenticarsi dei numeri: “L’Ocse ci dice che la direzione è giusta e i risultati si vedranno – dichiara il superministro economico — saranno positivi in termini di crescita, occupazione, stabilizzazione della finanza pubblica e abbattimento del debito”. Intanto però l’Istat certifica: “Il 23,4% delle famiglie italiane vive in disagio economico, sono 14,6 milioni di individui. E circa la metà, il 12,4%, si trova in grave difficoltà”. Così come lo sono i due milioni e mezzo di italiani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet. Dati 2013 alla mano, si tratta del 26% degli under 30, più di uno su quattro. Nell’Ue fa peggio solo la Grecia (28,9%). Ma tutto questo Padoan non lo sa. O meglio finge di non saperlo, al pari dei numeri sulla sanità pubblica, con l’Italia agli ultimi posti Ue per spesa e posti letto. “Usiamo sempre due parametri per capire cosa concretamente sta succedendo – tira le somme Susanna Camusso — il livello della disoccupazione, e nessuno ne prevede una significativa riduzione, e la capacità di acquisto delle famiglie, ed è evidente a tutti che c’è un impoverimento”.