L’ultimo urlo di Tsipras tra le bandiere di Atene “L’austerity al capolinea”

L’ultimo urlo di Tsipras tra le bandiere di Atene “L’austerity al capolinea”

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ATENE . “We will, we will rock you”. La Troika è avvisata. A Omonia, nel centro di Atene, sventolano centinaia di bandiere di Syriza e risuonano le note dei Queen. «La Grecia e l’Europa stanno per vivere un momento storico!», dice dal palco Alexis Tsipras, favorito numero uno del voto ellenico. «Hasta la victoria, venceremos!», lo applaude alzandogli il braccio destro Pablo Iglesias, leader di Podemos, in testa a tutti i sondaggi in Spagna. «L’era del pensiero unico dei tecnocrati di Bruxelles è finito», esulta Kostas Douzinas, professore di legge alla Birbeck University di Londra («sono arrivato dalla Gran Bretagna assieme a 400 simpatizzanti!») in una piazza dove non entra più nemmeno uno spillo. Davos e le stanze ovattate della Bce sembrano davvero lontane mille miglia. «Domenica volteremo pagina e inizierà una nuova era — assicura la strana coppia (“Tsiglesias” la chiamano qui) che vuole rivoltare come un calzino le politiche d’austerity del Vecchio Continente — La paura è finita, è l’ora della speranza. E di un’Europa governata dai popoli e dalla democrazia e non dalle mail e dagli ultimatum di Ue, Bce e Fmi».
Un sogno? «No. Il futuro è nelle vostre mani. Dateci il voto per cambiare la vostra vita» chiede Tsipras dal palco dell’ultimo comizio della sua campagna elettorale. In molti sembrano pronti ad ascoltarlo: gli ultimi sondaggi (se sono attendibili) danno Syriza a un soffio da quel 35-37% che le garantirebbe la maggioranza assoluta. Un mandato fortissimo per presentarsi a Bruxelles e chiedere un taglio a quel debito «che soffoca l’economia del paese». Mettendo la parola fine alla via crucis lunga dodici finanziarie che ha ridotto di un quarto il Pil del paese e fatto schizzare la disoccupazione al 26% e aprendo uno spiraglio di flessibilità agli altri paesi, Italia compresa, schiacciati da una montagna di prestiti.
L’Europa per ora continua a fare orecchie da mercante: «Chiunque vinca dovrà mantenere gli impegni presi con i creditori» ha ripetuto ieri il presidente della Commissione Jean Claude Juncker. «Ma il clima sta cambiando, l’asse con Podemos sta ammorbidendo le resistenze dei falchi», assicura Dimitris Liakos, consigliere economico di Tsipras. E anche Mario Draghi — che negli ultimi mesi ha già incontrato due volte il leader di Syriza — ne ha preso atto a modo suo: «La Grecia non sarà sottoposta ad alcuna limitazione particolare nel piano di quantitative easing della Bce — ha detto ieri — : dovrà semplicemente rispettare alcune regole specifiche che valgono per i paesi sottoposti ai piani di ristrutturazione della Troika». Tradotto in soldoni: Eurotower non ha prevenzioni contro la sinistra greca. E comprerà titoli di stato ellenici se Tsipras riuscirà a raggiungere un’intesa con i suoi creditori.
Il premier Antonis Samaras non l’ha presa benissimo. Ieri, convinto che Francoforte avrebbe escluso Atene dal suo programma di sostegno all’economia del Vecchio continente, aveva convocato un conferenza stampa a reti unificate per calcare la mano sulle parole d’ordine della sua campagna elettorale («Syriza ci porterà fuori dall’euro e ci trasformerà in una Corea del Nord europea» l’ultima perla). Invece ha dovuto prendere atto del ramoscello d’ulivo di Draghi e fare una timida retromarcia: «Non buttate al vento cinque anni di sacrifici», ha detto davanti alle telecamere, provando a convincere quel 10% di indecisi che potrebbe ribaltare le certezze dei sondaggi.
La strada però è in salita. «Ho votato tutta la mia vita Nea Demokratia, il partito del premier — racconta davanti al palco Danai Dimitropoulou, dipendente del Comune di Atene — . E cosa ho avuto in cambio? Il mio stipendio è sceso da 1.400 a mille euro. Mio marito è rimasto senza lavoro due anni fa e da 12 mesi non ha più nemmeno l’assistenza sanitaria. Un disastro visto che è diabetico». Risultato: come molti ex elettori del centrodestra domenica prossima «farò quello che non avrei mai immaginato di fare in vita mia: mettere la croce sul simbolo di Syriza».
Tsipras e Iglesias sanno che certi treni passano una sola volta. E non vogliono sprecare il jolly che hanno in mano, sperando di trovare lungo il percorso alleati anche in Italia, Irlanda («oggi mi ha chiamato il presidente del Sinn Fein Gerry Adams», racconta il leader della sinistra ellenica) e persino in Germania. «Noi non siamo un pericolo per l’Europa e per la Grecia ma per quelli che hanno portato il nostro paese nel baratro — assicura Tsipras — . Non abbiamo paura di niente. Combatteremo l’evasione fiscale e l’economia in nero per trovare i soldi con cui ridare il lavoro alla gente». Musica per le orecchie di Omonia. «Nessuno perderà la sua prima casa se non riesce a pagare i debiti alle banche! — aggiunge — dobbiamo lavorare per un paese più giusto, più equo e più democratico».
L’obiettivo, in questa sera piena di ottimismo, è riuscire a conquistare la maggioranza assoluta in Parlamento per poter negoziare con la Troika da una posizione di forza e senza annacquare il programma elettorale in nome di un governo di coalizione. “We will, we will rock you”, canta la piazza di Atene. Qui, sei anni fa, è iniziata la crisi dell’euro. Ma da qui, sulle note dei Queen e della rivoluzione targata “Tsiglesias”, ha iniziato a soffiare il vento che rischia di cambiare di nuovo (da sinistra) la storia dei vecchio continente.


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