Intesa con Berna sui capitali nascosti «Ultima chance per tornare in regola»
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ROMA Dopo tre anni di negoziati Italia e Svizzera hanno raggiunto l’accordo sullo scambio di informazioni fiscali, sul regime di Campione d’Italia e le tasse dei lavoratori transfrontalieri. Non sono accordi immediatamente operativi, perché quelli su Campione e i frontalieri devono ancora essere scritti, e tutti dovranno poi essere ratificati dai Parlamenti nazionali, ma la semplice firma dell’intesa governativa, prevista a metà febbraio, spiana la strada alla regolarizzazione dei capitali italiani detenuti illecitamente nelle banche svizzere.
Nonostante la Svizzera sia ancora formalmente nella Lista Nera, e l’accordo di ieri è solo il primo passo per farla uscire, chi ha redditi nascosti in Svizzera e aderirà alla «voluntary disclosure», autodenunciandosi al Fisco italiano, non subirà il raddoppio delle sanzioni e del periodo di accertamento, pagando le tasse dovute sugli ultimi cinque anni e non dieci.
Visto che circa la metà dei capitali italiani nascosti all’estero pare sia proprio in Svizzera, la firma dell’accordo era considerata un passaggio essenziale per il successo dell’ operazione, che ieri ha trovato un altro incentivo inatteso nello sganciamento del franco svizzero dall’euro. Il franco, dopo la decisione della Banca nazionale, si è rivalutato di colpo del 15% sulla valuta europea e così i conti bancari e i titoli denominati in franchi: la loro conversione in euro potrebbe in molti casi annullare i costi di una eventuale regolarizzazione. Sul meccanismo della «voluntary disclosure» arriva la richiesta dei commercialisti di essere esonerati dall’obbligo di segnalazione ai fini dell’antiriciclaggio nella consulenza fornita a chi fa rientrare i capitali.
Per il ministero dell’Economia l’autodenuncia, possibile fino a settembre, «sarà l’ultima occasione offerta ai contribuenti che hanno redditi oltreconfine per mettersi a posto con il Fisco». Le porte della Svizzera, sicuramente, per loro stanno per chiudersi. Il nuovo accordo con l’Italia sullo scambio di informazioni a richiesta, consentirà all’Agenzia delle Entrate di ottenere informazioni su singoli o gruppi di contribuenti dal momento della firma, metà febbraio, anche se l’accordo sarà ratificato più avanti (potrebbero volerci anche due anni). Dal 2017 la Confederazione, poi, aderirà allo schema Ocse sullo scambio di informazioni automatico, con il quale sarebbe possibile per le autorità fiscali ottenere notizie su tutti i redditi ancora accertabili dei loro contribuenti. Per far sparire il «bottino», dunque, restano pochi giorni. Ammesso che si trovi un posto dove sistemarlo e poi goderselo.
L’accordo con Berna sui lavoratori frontalieri e su Campione d’Italia, invece, è un po’ più indietro. «Per ora è un’intesa politica, una road map per i futuri negoziati» ha detto Vieri Ceriani, consigliere fiscale del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ha condotto le trattative. Per i transfrontalieri italiani, in ogni caso, si prefigura un aumento delle imposte pagate rispetto ad oggi, anche se lento e graduale.
Oggi gli stipendi dei frontalieri, 65 mila italiani che ogni giorno vanno a lavorare oltreconfine, vengono tassati interamente dalla Svizzera, con le sue aliquote più basse delle nostre in media del 15%, che poi retrocede all’Italia quasi il 40% di queste somme. Il nuovo regime, che si punta a definire entro l’estate, prevede una doppia tassazione: gli svizzeri tasserebbero una quota tra il 60 e il 70% del reddito, l’Italia il resto, ovviamente con le sue aliquote, e non ci sarebbero più riversamenti tra Paesi. I frontalieri avrebbero la garanzia di pagare le stesse tasse di oggi ma solo in una prima fase, perché nel medio-lungo periodo, 10-15 anni, quel vantaggio fiscale del 15% è destinato a ridursi e poi ad annullarsi. Da subito, poi, si porrebbe per tali contribuenti il problema di dover presentare una doppia dichiarazione fiscale, inconveniente che il ministero dell’Economia ritiene di poter mitigare fornendo loro, dal 2017, la dichiarazione dei redditi precompilata.
Ancor più complessa la strada per arrivare ad un’intesa sul regime fiscale di Campione, Comune italiano in territorio svizzero dove i problemi riguardano anche le imposte indirette. Gli italiani, ad esempio, pagano l’Iva svizzera, ma non hanno la deducibilità. E ci sono difficoltà da risolvere anche sulla libera circolazione dei beni (ad esempio le carni). Senza contare i problemi che si sono aperti ieri, sempre come conseguenza dello sganciamento del franco dall’euro. Lì, sia le amministrazioni pubbliche che le società private, incassano in euro e pagano in franchi, anche gli stipendi. «In un sol giorno i nostri costi annui sono aumentati di 20 milioni» dice disperato l’amministratore delegato del Casinò, Carlo Pagan. «Non ci sono morti, ma è morta Campione» commenta il sindaco, Marita Piccaluga.
Mario Sensini
Visto che circa la metà dei capitali italiani nascosti all’estero pare sia proprio in Svizzera, la firma dell’accordo era considerata un passaggio essenziale per il successo dell’ operazione, che ieri ha trovato un altro incentivo inatteso nello sganciamento del franco svizzero dall’euro. Il franco, dopo la decisione della Banca nazionale, si è rivalutato di colpo del 15% sulla valuta europea e così i conti bancari e i titoli denominati in franchi: la loro conversione in euro potrebbe in molti casi annullare i costi di una eventuale regolarizzazione. Sul meccanismo della «voluntary disclosure» arriva la richiesta dei commercialisti di essere esonerati dall’obbligo di segnalazione ai fini dell’antiriciclaggio nella consulenza fornita a chi fa rientrare i capitali.
Per il ministero dell’Economia l’autodenuncia, possibile fino a settembre, «sarà l’ultima occasione offerta ai contribuenti che hanno redditi oltreconfine per mettersi a posto con il Fisco». Le porte della Svizzera, sicuramente, per loro stanno per chiudersi. Il nuovo accordo con l’Italia sullo scambio di informazioni a richiesta, consentirà all’Agenzia delle Entrate di ottenere informazioni su singoli o gruppi di contribuenti dal momento della firma, metà febbraio, anche se l’accordo sarà ratificato più avanti (potrebbero volerci anche due anni). Dal 2017 la Confederazione, poi, aderirà allo schema Ocse sullo scambio di informazioni automatico, con il quale sarebbe possibile per le autorità fiscali ottenere notizie su tutti i redditi ancora accertabili dei loro contribuenti. Per far sparire il «bottino», dunque, restano pochi giorni. Ammesso che si trovi un posto dove sistemarlo e poi goderselo.
L’accordo con Berna sui lavoratori frontalieri e su Campione d’Italia, invece, è un po’ più indietro. «Per ora è un’intesa politica, una road map per i futuri negoziati» ha detto Vieri Ceriani, consigliere fiscale del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ha condotto le trattative. Per i transfrontalieri italiani, in ogni caso, si prefigura un aumento delle imposte pagate rispetto ad oggi, anche se lento e graduale.
Oggi gli stipendi dei frontalieri, 65 mila italiani che ogni giorno vanno a lavorare oltreconfine, vengono tassati interamente dalla Svizzera, con le sue aliquote più basse delle nostre in media del 15%, che poi retrocede all’Italia quasi il 40% di queste somme. Il nuovo regime, che si punta a definire entro l’estate, prevede una doppia tassazione: gli svizzeri tasserebbero una quota tra il 60 e il 70% del reddito, l’Italia il resto, ovviamente con le sue aliquote, e non ci sarebbero più riversamenti tra Paesi. I frontalieri avrebbero la garanzia di pagare le stesse tasse di oggi ma solo in una prima fase, perché nel medio-lungo periodo, 10-15 anni, quel vantaggio fiscale del 15% è destinato a ridursi e poi ad annullarsi. Da subito, poi, si porrebbe per tali contribuenti il problema di dover presentare una doppia dichiarazione fiscale, inconveniente che il ministero dell’Economia ritiene di poter mitigare fornendo loro, dal 2017, la dichiarazione dei redditi precompilata.
Ancor più complessa la strada per arrivare ad un’intesa sul regime fiscale di Campione, Comune italiano in territorio svizzero dove i problemi riguardano anche le imposte indirette. Gli italiani, ad esempio, pagano l’Iva svizzera, ma non hanno la deducibilità. E ci sono difficoltà da risolvere anche sulla libera circolazione dei beni (ad esempio le carni). Senza contare i problemi che si sono aperti ieri, sempre come conseguenza dello sganciamento del franco dall’euro. Lì, sia le amministrazioni pubbliche che le società private, incassano in euro e pagano in franchi, anche gli stipendi. «In un sol giorno i nostri costi annui sono aumentati di 20 milioni» dice disperato l’amministratore delegato del Casinò, Carlo Pagan. «Non ci sono morti, ma è morta Campione» commenta il sindaco, Marita Piccaluga.
Mario Sensini
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