Clima, rifiuti e biodiversità: in classe si studia l’ambiente
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Roma Tutela dell’acqua, dei mari, della flora e della fauna. Alimentazione sostenibile. Gestione dei rifiuti. Servizi ecosistemici. E poi, per i più grandi: green economy, green jobs e green talent, città sostenibile, inquinamento, consumo del suolo e rifiuti, adattamento ai cambiamenti climatici, incluso il dissesto idrogeologico. Tutto ciò si chiamerà «educazione ambientale» ed entrerà a scuola, dalla materna fino alla maturità. Fin dal prossimo settembre. Obbligatoria.
L’hanno studiata insieme il ministero dell’Ambiente e quello dell’Istruzione che hanno preparato un librone di duecento pagine con linee guida, spunti e materiali didattici per i docenti che dovranno trasmettere agli studenti una vera e propria «cultura ambientale» perché diventino, a dirla con il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, dei «Nativi ambientali», dal nome del progetto dei due ministeri.
Non sarà proprio una materia a sé stante, ma si integrerà con tutte le altre, nell’orario esistente, che siano scienze, geografia, storia e perfino inglese, perché, dice Galletti, «oggi la cultura ambientale ha la stessa importanza delle altre materie, qui si parla della sopravvivenza del nostro pianeta: in Italia lavoriamo sempre in emergenza, invece se ognuno avesse rispetto per il proprio giardino non ci sarebbe bisogno di insegnarlo a scuola, non ci sono alternative».
E allora, aggiunge la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, «bisogna costruire un percorso didattico per preparare i ragazzi ad un comportamento virtuoso, nella scuola deve entrare una cultura rivolta a questi temi: l’ambiente come il cibo, sono due argomenti per i quali abbiamo stabilito un programma per le scuole in vista dell’Expo 2015». Il progetto verrà firmato dai due ministri in febbraio a Casal di Principe dove le scuole locali con l’università di Napoli hanno realizzato un centro di cultura ambientale.
Ma in realtà in quasi tutte le classi, dall’asilo in su, l’ambiente è già molto presente: che si insegni ai più piccoli la raccolta differenziata o si parli agli istituti tecnici di energia rinnovabile, i «nativi ambientali» sono già molto informati. Il punto, spiega la Giannini, «è che questa impostazione non sia più una cosa occasionale, lasciata alla bravura dei singoli docenti, ma che diventi parte dell’insegnamento in classe, perciò non ha un orario fisso, ma rientra in quel discorso di insegnamento multidisciplinare verso cui sta andando la scuola italiana». E Galletti: «È un progetto a cui credo molto, mi aspetto una grande collaborazione dal mondo della scuola: mia figlia di 9 anni deve saper fare la differenziata meglio di come usa l’iPad».
Molti docenti però bocciano la novità: «Chiamano in maniera diversa cose che ci sono sempre state», interviene Giovanna Mezzatesta, preside della storica elementare Rinnovata Pizzigoni di Milano, dove da oltre cento anni i bambini si occupano di orti e animali della fattoria: «Noi non facciamo educazione ambientale? Tutela dell’acqua, gestione dei rifiuti, dissesto idrogeologico: non solo noi, da tempo ormai in tutte le scuole si affrontano questi temi, ma questi signori li leggono i curricula? Mi sembrano solo dei proclami». È più positivo Domenico Pantaleo, segretario della Cgil Scuola: «Mi sembra una grande innovazione, una buona idea che guarda anche al futuro in cui sempre più la tutela dell’ambiente sarà uno sbocco per l’occupazione». Però, «bisogna vedere come verrà realizzata: servono molti investimenti perché il numero dei docenti va rinforzato e loro vanno formati».
Esulta invece Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici della Camera e presidente onorario di Legambiente: «È una scelta molto positiva, che deve rappresentare l’introduzione di forme nuove di apprendimento per educare alla convivenza civile e al futuro». E Simona Malpezzi, Pd: «I programmi vanno però ripensati per garantire un approccio continuativo».
Claudia Voltattorni
Non sarà proprio una materia a sé stante, ma si integrerà con tutte le altre, nell’orario esistente, che siano scienze, geografia, storia e perfino inglese, perché, dice Galletti, «oggi la cultura ambientale ha la stessa importanza delle altre materie, qui si parla della sopravvivenza del nostro pianeta: in Italia lavoriamo sempre in emergenza, invece se ognuno avesse rispetto per il proprio giardino non ci sarebbe bisogno di insegnarlo a scuola, non ci sono alternative».
E allora, aggiunge la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, «bisogna costruire un percorso didattico per preparare i ragazzi ad un comportamento virtuoso, nella scuola deve entrare una cultura rivolta a questi temi: l’ambiente come il cibo, sono due argomenti per i quali abbiamo stabilito un programma per le scuole in vista dell’Expo 2015». Il progetto verrà firmato dai due ministri in febbraio a Casal di Principe dove le scuole locali con l’università di Napoli hanno realizzato un centro di cultura ambientale.
Ma in realtà in quasi tutte le classi, dall’asilo in su, l’ambiente è già molto presente: che si insegni ai più piccoli la raccolta differenziata o si parli agli istituti tecnici di energia rinnovabile, i «nativi ambientali» sono già molto informati. Il punto, spiega la Giannini, «è che questa impostazione non sia più una cosa occasionale, lasciata alla bravura dei singoli docenti, ma che diventi parte dell’insegnamento in classe, perciò non ha un orario fisso, ma rientra in quel discorso di insegnamento multidisciplinare verso cui sta andando la scuola italiana». E Galletti: «È un progetto a cui credo molto, mi aspetto una grande collaborazione dal mondo della scuola: mia figlia di 9 anni deve saper fare la differenziata meglio di come usa l’iPad».
Molti docenti però bocciano la novità: «Chiamano in maniera diversa cose che ci sono sempre state», interviene Giovanna Mezzatesta, preside della storica elementare Rinnovata Pizzigoni di Milano, dove da oltre cento anni i bambini si occupano di orti e animali della fattoria: «Noi non facciamo educazione ambientale? Tutela dell’acqua, gestione dei rifiuti, dissesto idrogeologico: non solo noi, da tempo ormai in tutte le scuole si affrontano questi temi, ma questi signori li leggono i curricula? Mi sembrano solo dei proclami». È più positivo Domenico Pantaleo, segretario della Cgil Scuola: «Mi sembra una grande innovazione, una buona idea che guarda anche al futuro in cui sempre più la tutela dell’ambiente sarà uno sbocco per l’occupazione». Però, «bisogna vedere come verrà realizzata: servono molti investimenti perché il numero dei docenti va rinforzato e loro vanno formati».
Esulta invece Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente territorio e lavori pubblici della Camera e presidente onorario di Legambiente: «È una scelta molto positiva, che deve rappresentare l’introduzione di forme nuove di apprendimento per educare alla convivenza civile e al futuro». E Simona Malpezzi, Pd: «I programmi vanno però ripensati per garantire un approccio continuativo».
Claudia Voltattorni
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