Una mano­vra modesta

Una mano­vra modesta

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Al ter­mine del rally not­turno in Senato il mini­stro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che le modi­fi­che al maxie­men­da­mento sosti­tu­tivo della legge di sta­bi­lità appro­vata alla Camera raf­for­zano le poli­ti­che per il soste­gno alle imprese, alle fami­glie, al sociale, alla scuola e alla sanità. Un entu­sia­smo esa­ge­rato per una mano­vra appro­vata tra i pasticci del governo, in fondo mode­sta, di segno restrit­tivo e non espan­sivo, le cui dimen­sioni sono più ridotte di quanto dichia­rato da Renzi. Nel testo sono stati fis­sati i paletti con­trat­tati con la nuova Com­mis­sione Ue che a marzo tor­nerà minac­cio­sa­mente a sag­giare la coe­renza austera della mano­vra. Ai 30 miliardi di euro com­ples­sivi ne sono stati aggiunti, come da richie­sta dei custodi euro­pei, altri 4,5. Il defi­cit calerà dal 2,9% al 2,6% nel 2015. Que­sto non pro­durrà un effetto signi­fi­ca­tivo sulla cre­scita che resterà molto pro­ba­bil­mente sotto lo zero, con­fer­mando per il quarto anno di seguito la recessione.

Sono stati con­fer­mati i saldi legati ai fondi sociali, il 5 per mille, gli sgravi con­tri­bu­tivi, irro­bu­stiti gli ammor­tiz­za­tori sociali con 400 milioni in più per il pros­simo bien­nio. Il totale fa 6,9 miliardi. Ci sono 3 miliardi per com­pen­sare i man­cati risparmi e gli altri 3 desti­nati agli 80 euro. Ci sono i 2,1 per la ridu­zione dell’Irap. A parte gli inter­venti minuti, o occa­sio­nali, le mance distri­buite qui e lì, la mano­vra si riduce alla con­ferma degli 80 euro, agli ammor­tiz­za­tori sociali, al taglio dalla base impo­ni­bile dell’Irap per le imprese e alla decon­tri­bu­zione sui nuovi assunti. Un ele­mento che il governo ritiene essen­ziale per far par­tire il «con­tratto a tutele cre­scenti» di cui si aspetta il decreto attua­tivo dal Con­si­glio dei mini­stri annun­ciato per il 24 dicembre.

A parte la “novità” degli 80 euro, la cui uti­lità è tutta da dimo­strare men­tre i dati sui con­sumi delle fami­glie hanno smen­tito fino ad oggi il governo, l’impianto della mano­vra rispec­chia la poli­tica eco­no­mica che ha favo­rito la crisi. Il poco che è stato fatto ha con­fer­mato l’ideologia domi­nante: il governo agi­sce sulla pre­ca­riz­za­zione del lavoro (can­cel­lato l’articolo 18, negati i diritti fon­da­men­tali ai neoas­sunti in cam­bio di un inden­nizzo per il licen­zia­mento) e sull’offerta alle imprese con il taglio del cuneo fiscale e del costo del lavoro. È pre­su­mi­bile che le dise­gua­glianze cre­sce­ranno, come la disoc­cu­pa­zione, men­tre il debito con­ti­nuerà a salire. E la Com­mis­sione Ue chie­derà un taglio deciso.

Non c’è l’ombra di un inve­sti­mento pub­blico, di una poli­tica indu­striale. Anzi, ven­gono tagliati alle regioni 4 miliardi, in aggiunta ai 2,3 del recente pas­sato. Per loro il 2015 sarà duris­simo: tagli in tutti i set­tori, a comin­ciare da tra­sporti e sanità, cioè l’80% dei loro bilanci. A rischio il cosid­detto «Patto per la salute», i livelli di assi­stenza e soprat­tutto gli inve­sti­menti. Rasi al suolo. Per finan­ziare gli 80 euro, da qual­che parte si doveva tagliare. Dal leghi­sta Maroni in Lom­bar­dia a Ven­dola (Sel) in Puglia, i gover­na­tori stril­lano come aquile. Ma il governo va avanti sulla strada della sua auste­rità. Il qua­dro della reces­sione viene così com­ple­tato: da un lato i con­sumi non ripar­tono, dall’altro non aumenta la pro­du­zione. Nel mezzo si taglia lo stato sociale e le tasse sui ser­vizi cre­scono per tutti.

Per la cro­naca, nella sanità viene isti­tuito un fondo da 1 miliardo per fron­teg­giare le spese per i nuovi far­maci con­tro l’epatite C. Viene isti­tuito il regi­stro dei dona­tori per l’eterologa. Ci sono fondi per la boni­fica dei siti inqui­nati dall’amianto e il soste­gno alle para­o­lim­piadi. Nel det­ta­glio vediamo la pla­tea dei «bonus» che ali­men­tano la pro­pa­ganda ren­ziana. Si annida qui la vaga spe­ranza del governo di rilan­ciare i con­sumi sta­gnanti. Il bonus 80 euro, ormai strut­tu­rato. Rispetto alla Camera, il testo appro­vato a Palazzo Madama non è cam­biato. Poi viene il «bonus bebé», rac­ca­pric­ciante espres­sione per un asse­gno da 960 euro all’anno per ogni figlio nato o adot­tato dal 1 gen­naio 2015 a con­di­zione che l’Isee dei geni­tori non superi i 25 mila euro. Nella poli­tica assi­sten­ziale, e non uni­ver­sa­li­stica, con­ce­pita dal governo la mano­vra stan­zia 45 milioni nel 2015 per buoni acqui­sto da mille euro per le madri con quat­tro figli e un Isee fino a 8500.

Pas­siamo alle misure pre­vi­ste su scuola e uni­ver­sità. E’ stato appro­vato lo stan­zia­mento di 10 milioni per l’Invalsi che rischiava il blocco totale già dalle pros­sime set­ti­mane. Pre­vi­sti stan­zia­menti per l’Afam e 200 milioni di euro a favore delle scuole pari­ta­rie. Al foto­fi­nish, dopo denunce e appelli, l’ultimo dei quali della scienziata-senatrice a vita Cat­ta­neo, è arri­vato l’allentamento dei vin­coli per l’assunzione dei ricer­ca­tori. Nel pros­simo trien­nio le uni­ver­sità che hanno il 30% dei pro­fes­sori ordi­nari non saranno più obbli­gate a rispet­tare il rap­porto di uno a uno nelle assun­zioni di ordi­nari e ricer­ca­tori di «tipo b».

Capi­tolo lavoro auto­nomo. Ieri Padoan ha cele­brato la modi­fica del cre­dito d’imposta in favore di chi non si avvale di dipen­denti. Loro non avreb­bero potuto bene­fi­ciare dello sgra­vio Irap. Evi­tata la beffa resta il fatto che le par­tite Iva non hanno avuto gli 80 euro, men­tre la riforma dei regimi dei minimi con­danna chi ne aprirà una da gen­naio ad un aumento ine­so­ra­bile delle tasse. Al momento non sono state tro­vate le risorse per bloc­care l’aumento dell’aliquota per la gestione sepa­rata dell’Inps.

A dimo­stra­zione delle esi­ta­zioni dell’esecutivo rispetto ai suoi stessi pro­po­siti «rivo­lu­zio­nari», c’è poi la mini-spending review rea­liz­zata con la chiu­sura delle par­te­ci­pate micro. È il piano Cot­ta­relli in tren­ta­due­simi. Il canone Rai resterà inva­riato per il 2015. Sven­tato l’aumento delle tasse sulla casa Tasi e Imu. Per l’anno che arriva si annun­cia il bat­te­simo di una tassa che rias­su­merà entrambe, la «local tax».



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