Contenere Mosca, ma non troppo Europa spaccata sulle sanzioni

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 BRUXELLES È sempre stato così, in fondo: la grande Russia disunisce l’Unione Europea. E anche ieri, a Bruxelles. Donald Tusk, il polacco neo-presidente del Consiglio Ue, aveva chiesto agli altri 27 leader una «strategia dura e responsabile» per lanciare un messaggio al Cremlino che assedia l’Ucraina. La risposta è arrivata con nuove sanzioni contro la Crimea occupata da Mosca: divieto di offrire servizi turistici, compresi gli attracchi delle navi da crociera europee nel porto di Sebastopoli, e stop all’esportazione di alcuni prodotti nei trasporti, nelle telecomunicazioni e nell’energia. Così Bruxelles conferma di non voler riconoscere l’annessione della penisola alla Russia. E aggiunge queste sanzioni a quelle già imposte nella scorsa estate. Tutto viene discusso nella cena dedicata solo a quello, al problema russo-ucraino, con cui si conclude un vertice decisamente magro: la seconda giornata di lavori, prevista per oggi, è stata infatti tagliata.
Questa volta, le donne e gli uomini che siedono intorno a quel tavolo non cercano neppure di mascherare le loro differenze. Dalla fredda Russia viene il calore, la luce: cioè il petrolio e il gas naturale. Con l’antica Russia, alcuni Paesi hanno rapporti geopolitici e culturali che non si cancellano certamente per una crisi regionale, per quanto prolungata e pericolosa. E così, ecco come si schierano le posizioni nazionali intorno alla tavola della cena: Italia e Francia si pronunciano decisamente contro ogni rafforzamento o moltiplicazione delle sanzioni Ue: «Assolutamente no — dice Matteo Renzi — la Russia dovrebbe essere riammessa ai negoziati internazionali. Dovrebbe essere fuori dall’Ucraina e coinvolta nelle questioni internazionali». Lo affianca subito François Hollande: «Se la Russia farà i gesti che ci aspettiamo, non è il caso che l’Unione Europea decida nuove sanzioni» e «non c’è ragione per prolungarle». Anzi, «dobbiamo guardare a come impegnarci anche noi in un alleggerimento delle sanzioni. E’ interesse di tutti: di Russia, di Ucraina e di Europa, quello di trovare soluzioni rapide». Invece la Polonia, la Lettonia, la Lituania, e l’Estonia — cioè i Paesi baltici che bene conobbero sulla propria pelle il nerbo sovietico — si schierano altrettanto decisamente sul fronte opposto, cioè invocano un pugno più forte sulla scia della linea Obama. All’Est e Sud-est, Bulgaria, Grecia e Cipro (almeno la sua parte greca) rifuggono dallo scontro con Mosca cui sono legate dallo stesso alfabeto, e dalla stessa confessione ortodossa. E la cancelliera tedesca Angela Merkel: «Sta alla Russia accettare la nostra offerta di dialogo, fino a quando non sarà raggiunto questo obiettivo, le sanzioni saranno inevitabili».
Cerca di tenere tutto insieme Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera della Ue: «È tempo per entrambe le parti, principalmente quella russa, di rispettare gli accordi di Minsk in tutte le loro componenti…». Ma ha anche parole insolitamente ferme per Putin: «Il fatto che la Russia si trovi in una difficile situazione finanziaria non è una buona notizia. Non lo è principalmente per i cittadini russi, né per l’Ucraina, né per l’Europa, né per il resto del mondo», ma «Putin e la leadership russa dovrebbero riflettere seriamente sulla necessità di cambiare radicalmente la loro attitudine con il resto del mondo e passare a una fase più cooperativa». Mogherini invita i leader ad alzare lo sguardo sull’orizzonte: «Il mondo non è mai stato instabile e in pericolo come adesso, e dobbiamo iniziare a risolvere le varie crisi, a partire da quella Ucraina». C’è anche uno sguardo particolare, su quello che sta accadendo: per il presidente dell’Europarlamento, il tedesco Martin Schulz, non si può escludere che «il governo russo stia considerando come fare un passo indietro senza perdere troppo la faccia» e «se mai dovesse farlo si potrebbe pensare di ritirare le sanzioni».
Luigi Offeddu


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