Il Pd in periferia tra i fischi Ora corsi per la legalità

Il Pd in periferia tra i fischi Ora corsi per la legalità

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ROMA Il Pd che cerca di lasciarsi alle spalle Mafia Capitale, riparte dal centro culturale «Elsa Morante», voluto dall’allora giunta Veltroni in una zona di frontiera di Roma: Laurentino 38, periferia sud, appena fuori da quei «ponti» nei quali era meglio non girare da soli.
Un luogo simbolo, per la prima assemblea romana del partito («Coi cittadini, con Roma. Nel mondo reale»), della gestione commissariale di Matteo Orfini, a cui Renzi ha affidato il compito di rimettere insieme il Pd locale. Ed è simbolica anche la rappresentazione che ne viene fuori. Quando ormai è buio, e l’umidità che sale dalla campagna comincia a farsi sentire, si capisce che la sala è troppo piccola per accogliere il migliaio di persone accorse ad ascoltare Orfini, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco Ignazio Marino. E così si decide per un improvvisato «piano B»: microfono all’esterno, palco rimediato, la gente intorno. Per una ventina di minuti, si scatena il caos: qualcuno pensa che salti tutto. Poi si presenta Orfini, sciarpa annodata al collo: «Siamo contenti di essere venuti fuori, perché è tempo che il Pd lo faccia: ascoltare i cittadini, anche prendere qualche fischio… Ultimamente ci siamo stati poco».
In mezzo ai militanti, infatti, c’è anche un gruppetto di contestatori: un comitato locale che si batte contro l’autostrada da Roma a Latina. Urla, striscioni, slogan («fuori la mafia dallo Stato»), rissa sfiorata. Poi, pian piano, gli animi si calmano. Orfini, Zingaretti e Marino partono da un punto in comune: «Grazie al procuratore Pignatone. Noi siamo dalla parte di quest’inchiesta». Orfini annuncia la nascita di una «Frattocchie dell’anticorruzione», richiamandosi alla scuola di formazione politica del Pci: «Abbiamo bisogno di dare ai consiglieri comunali gli strumenti per contrastare la corruzione, organizzeremo corsi di formazione». Poi aggiunge: «Ci chiederete: perché non ce ne siamo accorti? Perché il Pd di Roma era troppo impegnato in una guerra tra bande, in lotte di potere. E, magari, nei campi rom neppure c’eravamo». Qualcuno gli urla: «Comincia dalla banda tua!». Orfini insiste: «Metteremo nuove regole al tesseramento, controlleremo i cambiamenti nella situazione patrimoniale degli eletti, un soggetto terzo certificherà il bilancio del Pd Roma, verificheremo l’attività dei circoli: se sono aperti solo quando c’è il congresso, li chiuderemo». Il compito di riorganizzare il territorio viene affidato a Fabrizio Barca. Ultimo: «Chi non versa il contributo al partito, è fuori». Poi tocca a Zingaretti: «Nel 2008 abbiamo perso le Comunali. Ed è con la vittoria della destra che pezzi della criminalità entrano nelle stanze del potere: è stata corrotta una parte di economia sana e anche qualcuno di questo movimento. Ma, come Pd, abbiamo fatto sempre scelte contro questa banda criminale». Tocca a Marino. Nonostante il freddo, scalda la platea: «Mi sento come la sera in cui ho vinto le primarie da sindaco, anche allora c’era troppa gente e dovetti salire su una sedia… Il Pd è un partito perbene: in Comune e Regione stiamo facendo pulizia». Poi affonda: «Qualcuno ha sbagliato. Ma l’impianto criminale nasce nella destra di Alemanno. E non possiamo accettare da Berlusconi, condannato, che ci dica cosa dobbiamo fare». Applausi. Marino va avanti: «Quelli del M5S devono assumersi le loro responsabilità». Chiude: «Mi sento commissariato dall’arrivo degli ispettori del prefetto? Fui io a chiedere al Mef di mandarci la Finanza nel 2013… Oggi mi sento più libero».
Ma la discussione in Consiglio dei ministri sulle norme anticorruzione slitta da oggi a domani, anche per divergenze nella maggioranza di governo, in casa Ncd. «È necessario accelerare i processi, non allungare i tempi della prescrizione» dice Fabrizio Cicchitto.
Ernesto Menicucci


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