Milano, sfrattati in piazza: «Una casa a chi non ce l’ha»

Milano, sfrattati in piazza: «Una casa a chi non ce l’ha»

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La casa di tutti mila­nesi, quella che doveva essere sem­pre aperta come aveva pro­messo tre anni o un secolo fa il sin­daco Giu­liano Pisa­pia, ieri sera era pro­tetta da un muro di poli­ziotti in assetto anti som­mossa. L’immagine di per se è piut­to­sto scon­tata, ma fa ugual­mente una certa impres­sione. E’ l’assalto, o meglio la messa in scena di un asse­dio al palazzo del potere da parte di una massa che un tempo si sarebbe detto di dise­re­dati. O poveri. O senza casa, come rischiano di esserlo da un giorno all’altro le cen­ti­naia di per­sone che ieri per la prima volta sono sbar­cati in cen­tro città per una mani­fe­sta­zione diversa dalle solite. Ma ave­vano tutta l’aria di essere per­sone nor­mali, cioè anche povere e anche dispe­rate, come pos­sono esserlo tutti coloro che potreb­bero essere sbat­tuti in mezzo a una strada. Fami­glie. La foto­gra­fia non della realtà, ma di una realtà. La più scan­da­losa nella città che ha appena vinto il pre­sti­gioso pre­mio per aver costruito la casa — dicono — più bella del mondo, il grat­ta­cielo verticale.

 Gli «occu­panti», per­ché in piazza c’erano fami­glie che hanno occu­pato una casa per neces­sità, chie­de­vano un incon­tro con il sin­daco di Milano. Davanti al por­tone di Palazzo Marino hanno incon­trato Basi­lio Rizzo, pre­si­dente del con­si­glio comu­nale, e Paolo Limonta, il «brac­cio sini­stro» di Pisa­pia. Sono gli unici due che per sto­ria e con­sue­tu­dine ci met­tono sem­pre la fac­cia, anche nelle situa­zioni più imba­raz­zanti (pren­dersi un uovo sulla schiena ogni tanto ci sta). Per­ché mai come in que­sto caso l’imbarazzo di chi ammi­ni­stra è piut­to­sto evi­dente, visto che i mani­fe­stanti chie­dono l’assegnazione imme­diata delle 9.700 case sfitte che ci sono a Milano e la rego­la­riz­za­zione di tutti gli occu­panti per neces­sità. Senza nes­suna atti­tu­dine rivo­lu­zio­na­ria, ma solo attuando l’articolo 34 comma 8 della legge regio­nale 27 del 2009, cioè in maniera del tutto legale (prima che si spa­venti qual­che pala­dino della sciocca dema­go­gia lega­li­ta­ria che fino a qual­che set­ti­mana fa si van­tava di aver ordi­nato due­cento sgom­beri per fare piazza pulita di chissà quali delin­quenti). E pro­prio il Comune di Milano, due anni fa, in accordo con i sin­da­cati degli inqui­lini, aveva pro­messo una veri­fica di tutte le occu­pa­zioni per neces­sità allo scopo di pro­ce­dere a una sana­to­ria fami­glia per fami­glia. Pec­cato che in due anni non sia stato fatto nulla. Si comin­cia in que­sti giorni, que­sta è la promessa.

Non capita spesso di vedere certi «sog­getti» in cor­teo, soprat­tutto dalle parti di piazza Duomo. I navi­gati di mille mani­fe­sta­zioni a sini­stra, per l’imbarazzo, nem­meno rie­scono a defi­nirli senza un mal­ce­lato pudore. Per troppi anni sono rima­sti distanti dai mar­gini della città. Bella gente? Mah. Per­sone vere? E ci man­che­rebbe. Fami­glie? Quelle di sicuro. Per­sone e basta. Tanti stra­nieri, mai visti dalle «nostre» parti. Non saranno molti i cit­ta­dini dei comi­tati per la casa (sono arri­vati da San Siro, Cor­vetto, Niguarda, Ponte Lam­bro, Giam­bel­lino, Quarto Oggiaro), ma sono aria fre­sca. Stri­scioni mai visti prima. Tanti bam­bini, ma non per fare deco­ra­zione: le donne stra­niere dopo il lavoro non sanno dove met­terli. Pic­coli ita­liani cre­scono, sven­to­lando la ban­diere dell’Unione Inqui­lini. E poi i ragazzi e soprat­tutto le ragazze di peri­fe­ria, orgo­gliose di far parte di un mondo che per qual­cuno è a parte, «le ragazze di Niguarda siamo noi», sog­getti col fuoco den­tro che a far poli­tica ci stanno pren­dendo gusto.

Sem­brano deter­mi­nati a non mol­lare. «Ogni sgom­bero sarà una barricata».



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