Violenza di genere, impotenza del patriarcato

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Ogni anno, la gior­nata con­tro la violenza di genere ricorda il sacri­fi­cio delle tre sorelle Mira­bal. Il 25 novem­bre del 1960, durante il regime impo­sto alla Repub­blica Domi­ni­cana dal dit­ta­tore Rafael Tru­jillo, che deva­sterà il paese per trent’anni, le tre gio­vani furono bloc­cate per strada men­tre si reca­vano a far visita ai loro mariti in pri­gione. Gli sgherri di Tru­jillo le tor­tu­ra­rono e, dopo averle stran­go­late, le get­ta­rono da un pre­ci­pi­zio a bordo delle loro auto, per­ché si pen­sasse a un incidente.

Ogni anno, il loro impe­gno e il loro sacri­fi­cio tor­nano a ricor­dare le bat­ta­glie delle donne nei cin­que con­ti­nenti. Ogni anno, le cifre della violenza di genere e i tanti volti che la deter­mi­nano non solo ricor­dano che la misura di civiltà di un popolo è deter­mi­nata dalla posi­zione sociale delle donne, ma invi­tano a leg­gere la strut­tura reale, eco­no­mica e sim­bo­lica, dei rap­porti di potere esi­stenti. Oltre la let­tera della legge. I paesi dove è più alto il tasso di vio­lenza con­tro le donne sono infatti quelli del Nord Europa, in par­ti­co­lare Dani­marca e Fin­lan­dia, dove la libertà fem­mi­nile inter­roga di più la crisi del patriarcato.

L’Agenzia Ue per i Diritti fon­da­men­tali ha pre­sen­tato la più ampia ricerca mai rea­liz­zata in Europa, con­dotta su un cam­pione di 42.000 euro­pee (circa 1.500 per paese) appar­te­nenti agli stati mem­bri (i 27 più la Croa­zia). Ne risulta che oltre 60 milioni di cit­ta­dine hanno subito vio­lenza tra i 15 e i 74 anni. L’Italia com­pare al 18mo posto. Da noi, ogni 7 minuti un uomo stu­pra o tenta di stu­prare una donna. Ogni 3 giorni, un uomo uccide una donna. Su scala euro­pea, una donna su dieci ha subito una qual­che forma di vio­lenza ses­suale a par­tire dai 15 anni e una su venti è stata stu­prata. Come sem­pre, il dato che emerge è la vio­lenza per­pe­trata in fami­glia. Il 22% delle euro­pee ha subito vio­lenza fisica o ses­suale dal part­ner. In Ita­lia si cal­cola che quasi 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni abbiano sop­por­tato una qual­che forma di vio­lenza, fisica e ses­suale, den­tro o fuori dalla fami­glia. Ad averne sof­ferto prima dei 16 anni sono 1 milione e 400.000. Oltre 7 milioni hanno subito o subi­scono vio­lenza psi­co­lo­gica, in una delle tante forme di anni­chi­li­mento spesso nasco­ste tra le mura di casa.
A com­pa­gni, mariti o ex è da attri­buire la per­cen­tuale più alta di tutte le forme di vio­lenza fisica, e anche di alcune forme di vio­lenza ses­suale, soprat­tutto stu­pri e rap­porti ses­suali non voluti ma subiti per paura. E, sovente, chi subi­sce forme di vio­lenza psi­co­lo­gica è anche vit­tima di vio­lenze fisi­che o ses­suali. Vio­lenze e soprusi psi­co­lo­gici ven­gono con­si­de­rati reati solo da una donna su tre e appena il 7,3% delle vit­time di vio­lenze fisi­che o ses­suali del part­ner le denun­cia. Le inchie­ste rile­vano che la per­cen­tuale di donne che si con­si­dera vit­tima di stu­pri o ten­ta­tivi di stu­pro è del 26,5%, ma le denunce restano limi­tate al 4,1% dei casi di vio­lenza. Pur dovendo tener conto della dispo­ni­bi­lità a par­lare più facil­mente o meno di argo­menti simili, risulta che anche in Ita­lia le donne che hanno subito vio­lenza fisica o ses­suale da parte di un uomo sono più nume­rose nelle regioni del Nord, in alcune regioni del Cen­tro e, in par­ti­co­lare, nei cen­tri metropolitani.

A livello glo­bale, risulta che dal 15 al 76% di donne sono state vit­time di vio­lenza fisica e o ses­suale nel corso della vita e che la mag­gio­ranza ven­gono com­piute in fami­glia. La vio­lenza in fami­glia è un pro­blema di por­tata mon­diale. Secondo l’Organizzazione mon­diale della salute (Oms), per le euro­pee da 16 a 44 anni, la vio­lenza fra le mura dome­sti­che è la prima causa di ferite e morte prima di inci­denti stra­dali e tumori. Nel 1999, l’allora Segre­ta­rio gene­rale dell’Onu, Kofi Annan, dichia­rava: «La vio­lenza con­tro le donne si riscon­tra in tutte le regioni del mondo, in tutte le cul­ture e a tutti i livelli della società. Ed è forse la vio­la­zione più ver­go­gnosa e più dif­fusa dei diritti della per­sona». Su scala glo­bale, l’Oms segnala che fra le cause che por­tano le donne alla morte, al feri­mento o al danno per­ma­nente, oltre alla vio­lenza coniu­gale si aggiun­gono i matri­moni for­zati, le vio­lenze legate a pro­blemi di dote, lo stal­king e le inti­mi­da­zioni sul luogo di lavoro, le gra­vi­danze for­zate, gli aborti o le ste­ri­liz­za­zioni for­zate, la tratta delle donne e la pro­sti­tu­zione forzata.

Nel mondo, fino al 50% delle aggres­sioni ses­suali ven­gono com­messe con­tro ragazze minori di 16 anni e la prima espe­rienza ses­suale è stata impo­sta al 30% delle ragazze. Oltre 60 milioni di ragazze si spo­sano a meno di 18 anni, prin­ci­pal­mente in Asia (oltre 31 milioni) e nell’Africa sub­sa­ha­riana (oltre 14 milioni). E le ragazze che si spo­sano da gio­va­nis­sime sono le più espo­ste ad abusi e mal­trat­ta­menti e le più pro­pense a giu­sti­fi­care le botte del part­ner. Negli Stati uniti, l’83% delle ragazze tra i 12 e i 16 anni ha subito una qual­che forma di per­se­cu­zione ses­suale a scuola. E la vio­lenza si ampli­fica nelle zone di con­flitto. L’ong Human Rights Watch ha pub­bli­cato un rap­porto sugli abusi ses­suali com­piuti su gio­vani somale dai sol­dati dell’Unione afri­cana dell’Amisom, la mis­sione Ua in Somalia.

Il Suda­frica, uno dei primi paesi ad aver con­sen­tito il matri­mo­nio misto e dove esi­ste una delle legi­sla­zioni più pro­gres­si­ste sulla diver­sità ses­suale, conta però uno dei tassi di stu­pri più ele­vati al mondo. Uno di que­sti è «lo stu­pro cura­tivo» che gli uomini com­piono sulle donne lesbi­che per farle «rin­sa­vire». Dall’India all’Africa, all’America latina, le donne sono però al cen­tro della vita eco­no­mica e dei pro­cessi di pace, sem­pre più visi­bili e soli­dali nella denun­cia della vio­lenza di genere e nella ricerca di solu­zioni. È stato così nell’ l’ultimo Forum sociale mon­diale in Africa e durante il grande incon­tro inter­na­zio­nale che si sta tenendo a Lima, in Perù. Lo si è visto di recente nelle mani­fe­sta­zioni in Kenya. O in India, dove alcune bam­bine sono state stu­prate e impic­cate ai lam­pioni con la com­pli­cità della poli­zia. E l’anno scorso, Sam­pat Pal Devi, autrice di un libro pub­bli­cato da Piemme, ha rac­con­tato la «rivo­lu­zione dei sari rosa» con­tro la cor­ru­zione e la vio­lenza per­pe­trata sulle donne: cen­ti­naia di donne, rea­gendo a una chia­mata d’aiuto di una loro com­pa­gna, hanno comin­ciato assal­tando un com­mis­sa­riato usando i bastoni di cui si ser­vi­vano per lavo­rare. Oggi, l’associazione Gulabi Gang conta oltre 20.000 ade­renti e si batte con­tro le morti «per dote» o i decessi per «fuoco in cucina» che spesso nascon­dono un femminicidio.

Fem­mi­ni­ci­dio è pur­troppo una parola fre­quente in alcune regioni dell’America latina, soprat­tutto dove il vento di cam­bia­mento, soste­nuto dalle donne, e che ha por­tato al governo lea­der pro­gres­si­sti o socia­li­sti non è ancora arri­vato: come in Gua­te­mala (dove ogni giorno ven­gono assas­si­nate in media due donne) o in Mes­sico, dove ledesa­pa­re­cio­nes sono all’ordine del giorno, come hanno ricor­dato le donne che mani­fe­stano con­tro la scom­parsa dei 43 stu­denti di Ayo­tzi­napa e di tutte le altre senza nome sepolte nelle fosse comuni clan­de­stine.
Secondo la Cepal, la disu­gua­glianza sociale ha un’alta inci­denza sulla vio­lenza di genere nel continente.



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