A Milano cariche democratiche per giovani indisciplinati

A Milano cariche democratiche per giovani indisciplinati

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Non per enfa­tiz­zare le solite maz­zate che «rovi­nano» i giorni di lotta, ma le cari­che demo­cra­ti­che distri­buite gra­tui­ta­mente ieri a Milano dimo­strano ancora una volta che in que­sto paese c’è una gran voglia di menare le mani. Sul campo è rima­sto qual­che con­tuso e un punto inter­ro­ga­tivo sul per­ché a un certo punto la poli­zia abbia deciso di dare una’energica rior­di­nata alla strana gior­nata mila­nese, con tre cor­tei diversi (ma non troppo) che per tutta la mat­tina hanno girato intorno alla que­stione «più diritti per tutti». A volte incro­cian­dosi, spesso igno­ran­dosi, e sem­pre desi­de­rando di con­ver­gere tutti insieme chissà dove, forse in un mondo nuovo con un popolo nuovo che ha perso memo­ria di sigle, sette, som­ma­to­rie e impos­si­bili «unità» a sini­stra. Erano tutti lì, con­cen­trati in pochi chi­lo­me­tri qua­drati. Decine di migliaia grif­fati Fiom diretti in Duomo, qual­che migliaio die­tro agli stri­scioni dei sin­da­cati di base sbu­cati in piazza San Babila dopo tanto giro­va­gare e più di 5.000 scio­pe­ranti sociali, una prima asso­luta, un espe­ri­mento tanto sug­ge­stivo quanto com­pli­cato che ha anche emo­zio­nato alcuni lavo­ra­tori — «ho preso mezza gior­nata, que­sto è il mio primo scio­pero». A 32 anni, sono con­qui­ste.
Nei din­torni di piazza Duomo, quando lo scio­pero sociale arriva al dun­que, è il caos orga­niz­zato come fuori da un for­mi­caio: un palco qui, uno spea­ker cor­ner lag­giù, un camion che fa piazza davanti a trenta per­sone e poi uno, tre, dieci comizi strada facendo. Una con­fu­sione socia­liz­zante, l’idea che tutti abbiano incro­ciato le brac­cia per dav­vero. E’ in quel momento che la poli­zia ha voluto met­terci del suo, facen­dosi sfug­gire di mano il cor­teo meno bel­li­coso degli ultimi anni. A pren­derle, in due riprese, alcuni stu­denti delle supe­riori, la massa trai­nante del primo dif­fi­cile scio­pero sociale (per chi ha uno schifo di lavoro è ancora un lusso), quasi tutti mino­renni alle prime espe­rienze di piazza.
La trap­pola è scat­tata in piazza Santo Ste­fano, a cen­to­cin­quanta metri da piazza Fon­tana, il tra­guardo che gli stu­denti ave­vano con­cor­dato con la que­stura. Sem­bra che l’altolà incom­pren­si­bile sia stato cau­sato da una non meglio pre­ci­sata pre­senza di altri mani­fe­stanti nella mede­sima piazza, «anar­chici!», o da un taf­fe­ru­glio, «momenti di ten­sione», in piazza Duomo, forse con sedici mili­tanti No Tav. In realtà nulla osta­co­lava il per­corso del cor­teo degli stu­denti. Da qui, il testa a testa, gli spin­toni e le man­ga­nel­late ai ragazzi nasco­sti die­tro allo stri­scione «La buona scuola siamo noi». Con tanto di lan­cio di lacri­mo­geni. Un fuori pro­gramma che forse ha impe­dito a Mau­ri­zio Lan­dini di incon­trare gli stu­denti dopo il comi­zio. Fine? Mac­chè. Dopo un ripie­ga­mento in Sta­tale, il cor­teo è stato cari­cato di nuovo all’ingresso dell’Arcivescovado dove (forse) si teneva un incon­tro della Cei con un espo­nente del mini­stero della pub­blica istru­zione: ancora botte, nella stret­toia di un por­tone. «Se la forza pub­blica non rie­sce a gestire l’ordine pub­blico e carica da die­tro un cor­teo auto­riz­zato di stu­denti, rite­niamo che le dimis­sioni del que­store di Milano siano un atto dovuto», scrive l’Unione degli Stu­denti.
Prima delle man­ga­nel­late, lungo il per­corso diverse realtà hanno segnato il ter­ri­to­rio con «azioni» comu­ni­ca­tive per sot­to­li­neare quella plu­ra­lità di riven­di­ca­zioni che non tro­vano sboc­chi poli­tici o sponde sin­da­cali. Tutti die­tro lo stri­scione «Non c’è futuro nella pre­ca­rietà» in disor­dine sparso. Sto­rie, pro­getti e bio­gra­fie diverse. Gio­va­nis­simi che can­tic­chiano rime da spe­ri­men­tare nelle pros­sime occu­pa­zioni sco­la­sti­che, pre­cari over 30, disoc­cu­pati in cerca di qual­che scin­tilla, uni­ver­si­tari con passo fel­pato per un’incursione. Una rin­corsa a tappe. Sono con­te­sta­zioni con­tro le scuole pri­vate, «san­zioni» al can­tiere Expo della Dar­sena — due stri­scioni — un len­zuolo calato dal Museo del Nove­cento in piazza Duomo, «Gra­tis non vi avrei tagliato nem­meno una fetta di torta», e poi slo­gan con­tro lo scan­dalo del lavoro volon­ta­rio per l’Expo. E per finire anche un’assemblea, final­mente in piazza Fon­tana. Per spar­lare di scuola. E delle botte della polizia.



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