Lavoro autonomo, una nuova specie di proletariato

Loading

Un lavo­ra­tore auto­nomo su quat­tro è a rischio povertà. Le fami­glie delle par­tite Iva, dei pic­coli impren­di­tori, arti­giani, com­mer­cianti, liberi pro­fes­sio­ni­sti e soci delle coo­pe­ra­tive cor­rono un rischio povertà quasi dop­pio rispetto a quello delle fami­glie di lavo­ra­tori dipen­denti. I dati scon­vol­genti che la Cgia di Mestre ha dif­fuso ieri sono utili per dise­gnare il pro­filo di un seg­mento impor­tante del quinto stato in Ita­lia: quello del lavoro indipendente.

Tre milioni e mezzo di per­sone, tra cui oltre 2 milioni di impren­di­tori indi­vi­duali, 959 mila pro­fes­sio­ni­sti, 442 mila ditte indi­vi­duali che bene­fi­ciano di un regime fiscale di van­tag­gio. La destra li con­si­dera tutti impren­di­tori; la sini­stra non esita a defi­nirli eva­sori fiscali. Nelle estre­miz­za­zioni pro­dotte da que­ste rap­pre­sen­ta­zioni sociali, su que­sto ampio e invi­si­bile arci­pe­lago del lavoro si sono sca­ri­cate ini­quità fiscali e vere ingiu­sti­zie pre­vi­den­ziali al punto da avere negato al lavoro auto­nomo i più ele­men­tari ammor­tiz­za­tori sociali. Oggi la mag­gio­ranza di que­ste par­tite Iva non sono solo povere, ma escluse dalla cit­ta­della for­ti­fi­cata dove si affron­tano la grande impresa e il lavoro dipen­dente o salariato.

***

Leggi: I nuovi poveri sono gli auto­nomi a par­tita iva

***

Dal 2008 al primo seme­stre di quest’anno gli auto­nomi che hanno chiuso l’attività sono stati 348.400 (-6,3%) men­tre la pla­tea dei lavo­ra­tori dipen­denti, è dimi­nuita del 3,8%. La Cgia sostiene inol­tre che nel 2013 il 24,9% degli auto­nomi ha vis­suto con un red­dito dispo­ni­bile infe­riore a 9.456 euro annui, cioè la soglia di povertà cal­co­lata dall’Istat. Per quelle con red­dito da pen­sioni, il 20,9% ha per­ce­pito un red­dito al di sotto della soglia di povertà, men­tre per quelle dei lavo­ra­tori dipen­denti il tasso si è atte­stato al 14,4%, quasi la metà rispetto al dato rife­rito alle fami­glie degli autonomi.

Siamo così arri­vati al pro­blema: i primi sette anni di crisi non hanno solo sba­ra­gliato la classe ope­raia, ma si sono abbat­tuti sul ceto medio. E’ infatti a que­sta cate­go­ria che l’analisi delle classi, come quella sta­ti­stica, ha assi­mi­lato il lavoro indi­pen­dente, sia quello pro­fes­sio­nale che quello della pic­cola impresa o del com­mer­cio. In quanto “ceto medio” il lavoro indi­pen­dente sem­bre­rebbe dun­que pri­vi­le­giato. Così non è (più).

I dati della Cgia mostrano una situa­zione già nota: a causa dei ritardi di paga­mento, del crollo delle com­mit­tenze, dei costi pre­vi­den­ziali e fiscali, oggi le par­tite Iva ven­gono chiuse in massa. La situa­zione peg­giore è al Sud: in Cala­bria, in Sar­de­gna e in Cam­pa­nia. Tra il 2008 e il primo seme­stre di quest’anno la ridu­zione delle par­tite Iva nel Mez­zo­giorno è stata del 9,9% (- 160 mila unità). Segue il Nor­do­vest con il –7,8% (-122.800 unità), men­tre il Nor­dest (-4,3%) e il Cen­tro (-1,3%) fanno segnare delle con­tra­zioni più contenute.

***

Leggi: Una nuova spe­cie di proletariato

***

“A dif­fe­renza dei lavo­ra­tori dipen­denti — afferma il segre­ta­rio della Cgia Giu­seppe Ber­to­lussi– quando un auto­nomo chiude defi­ni­ti­va­mente bot­tega non dispone di alcuna misura di soste­gno al red­dito. Ad esclu­sione dei col­la­bo­ra­tori a pro­getto che pos­sono con­tare su un inden­nizzo una tan­tum, le par­tite Iva non usu­frui­scono dell’indennità di disoc­cu­pa­zione e di alcuna forma di cas­sain­te­gra­zione in deroga e/o ordinaria/straordinaria. Pur­troppo non è facile tro­vare un altro lavoro: spesso l’età non più gio­va­nis­sima e le dif­fi­coltà del momento costi­tui­scono una bar­riera inva­li­ca­bile al rein­se­ri­mento, spin­gendo que­ste per­sone verso forme di lavoro com­ple­ta­mente in nero”.

Anche le par­tite iva, dun­que, sono pre­ca­rie. A dif­fe­renza dei pre­cari “tra­di­zio­nali” occu­pano posi­zioni lavo­ra­tive diver­si­fi­cate: sono mono­com­mit­tenti e anche parte di una coo­pe­ra­tiva. Pos­sono avere una pic­cola impresa, ma sono anche dipen­denti. La pen­sione, la disoc­cu­pa­zione, la malat­tia devono pagar­sele. Se hanno i soldi.

***

Leggi: La rivolta delle par­tite Iva

***

La richie­sta di Bor­to­lussi è ragio­ne­vole: esten­dere l’impiego degli ammor­tiz­za­tori sociali. C’è un pro­blema: per il governo Renzi il mondo del lavoro indi­pen­dente non esi­ste. Ai free­lance non ha dato gli 80 euro e, anzi, ha pre­sen­tato una riforma dei regimi dei minimi che aumen­terà le tasse alle par­tite Iva under 35 che apri­ranno l’attività dal 2015. C’è poi il taglio dell’Irap a cui sono sog­getti gli auto­nomi. Pro­prio come se fos­sero una grande impresa. Allora qual­cosa ha fatto Renzi. No: il taglio inte­res­serà le atti­vità che hanno i dipen­denti. Gli auto­nomi con­ti­nue­ranno a pagarla come prima. Anzi, peggio.

***

Leggi: I falsi miti sulle par­tite iva



Related Articles

Ma per Confindustria non basta “Assegno pieno solo a 65 anni”

Loading

Giampaolo Galli, direttore generale: l’intervento è troppo soft, equiparazione immediata tra uomini e donne.  Chi si ritira prima deve avere un assegno più basso rispetto a chi resta La riduzione delle tasse sul lavoro deve partire dai giovani per favorire le assunzioni 

Cariche contro gli operai, un video smentisce Alfano

Loading

Vertenza Ast. Nelle immagini un funzionario ordina a freddo agli agenti di caricare i lavoratori. Nessuno voleva occupare la stazione

Luciano Gallino, intellettuale di fabbrica

Loading

Formatosi in quella Camelot moderna che fu l’Ivrea di Olivetti, è stato un padre della sociologia. Le sue analisi hanno anticipato la grande crisi, il degrado dei tempi l’ha costretto a un impegno da militante

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment