Mastro­gio­vanni come Cucchi

Mastro­gio­vanni come Cucchi

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Men­tre non accen­nano a pla­carsi le aspre pole­mi­che per la sen­tenza del caso Cuc­chi, sta­mane alle ore 9,30 in un’aula della Corte d’Appello di Salerno (Pre­si­dente Miche­lan­gelo Russo) — su ricorso della Pro­cura del Tri­bu­nale di Vallo della Luca­nia — ini­zia la prima udienza del pro­cesso di secondo grado ai sei medici e ai dodici infer­mieri respon­sa­bili dell’agghiacciante morte di Fran­ce­sco Mastro­gio­vanni, il «mae­stro più alto del mondo» — come lo ave­vano affet­tuo­sa­mente defi­nito i suoi alunni — tor­tu­rato senza motivo e senza ragione in un ospe­dale pub­blico che lo avrebbe dovuto curare. La lieve con­danna dei medici a pene tra i due e i quat­tro anni di reclu­sione e l’assoluzione degli infer­mieri, pro­nun­ziata il 30 otto­bre 2012, venne impu­gnata dalla Pro­cura di Vallo della Lucania.

Nelle mani dello Stato

Mastro­gio­vanni è rima­sto legato inin­ter­rot­ta­mente e incre­di­bil­mente ai polsi e alle cavi­glie per 88 ore in un letto del reparto di psi­chia­tria dell’ospedale pub­blico di Vallo della Luca­nia senza rice­vere né da man­giare né da bere e — pur non essendo recluso — senza poter rice­vere la visita dei fami­liari. Com­ple­ta­mente abban­do­nato, i medici ne hanno sco­perto la morte sei ore dopo che era avvenuta.

Anche Mastro­gio­vanni era stato «affi­dato nelle mani dello Stato», che nell’estate del 2009 lo ha prima tor­tu­rato e poi con­se­gnato cada­vere ai fami­liari e agli amici, facen­dolo pas­sare da una calda spiag­gia di Accia­roli al freddo marmo dell’obitorio dell’ospedale di Vallo della Luca­nia, dove il cada­vere pre­senta ferite san­gui­nanti e pro­fonde ai quat­tro arti.
La tra­gica vicenda, acca­duta in peri­fe­ria e in un pic­colo paese, è un ter­ri­bile racconto.

Mastro­gio­vanni tra­scorre le vacanze ad Accia­roli quando la notte del 30 luglio 2009 il sin­daco di Pol­lica (dove ha inse­gnato, ben voluto dagli alunni), Angelo Vas­sallo, tele­fona al tenente dei vigili urbani ordi­nan­do­gli di fer­mare l’insegnante — «col­pe­vole» di uscire dall’isola pedo­nale con la mac­china — per sot­to­porlo a Trat­ta­mento Sani­ta­rio Obbli­ga­to­rio, che non è stato richie­sto da nes­sun medico.

Una strana cac­cia all’uomo

Quella notte Gra­ziano Lamanna lo inse­gue ma non rie­sce a fer­marlo. La mat­tina del 31 rico­no­sce la mac­china, e, chie­sto l’intervento dei cara­bi­nieri per ese­guire un TSO, inse­gue senza motivo il povero e tran­quillo mae­stro ele­men­tare, che non ha com­messo nes­sun reato, non ha spac­ciato, non ha rubato, non ha vio­len­tato, non ha fatto uso di droga. Lo inse­guono pas­sando dal ter­ri­to­rio del Comune di Pol­lica a quello di San Mauro Cilento e di Montecorice.

Poi Mastro­gio­vanni si ferma al vil­lag­gio nel quale tra­scorre le vacanze che si trova nel comune di San Mauro Cilento ed entra in mare. Dopo qual­che ora arriva il dott. Car­melo Pel­le­grino che, senza visi­tarlo, cer­ti­fica che è affetto da disturbo schi­zoaf­fet­tivo e dispone il TSO.

La guar­dia costiera allon­tana i bagnanti dalla spiag­gia. La dott.ssa Di Mat­teo (spe­cia­liz­zata in medi­cina dello sport) con­va­lida il TSO. Dal vil­lag­gio di un altro comune (San Mauro Cilento) il tenente dei vigili tele­fona al sin­daco di Pol­lica Angelo Vas­sallo che, senza visio­nare i cer­ti­fi­cati medici, dispone il rico­vero all’ospedale di Vallo della Luca­nia, al quale Mastro­gio­vanni tenta di sot­trarsi con parole pro­fe­ti­che: «Non mi fate por­tare all’ospedale di Vallo, per­ché là mi ammaz­zano!», ma nes­suno gli dà retta.

Angelo Vas­sallo com­mette un ille­cito per­ché non ha nes­suna com­pe­tenza nel ter­ri­to­rio di San Mauro La Bruca e per­tanto non può disporre il TSO, del quale ha par­lato la sera prima in assenza di qual­siasi docu­men­ta­zione medica, che solo la mat­tina del 31 i medici pro­du­cono, pro­ba­bil­mente solo per ubbi­dire ai voleri del sin­daco.
I fami­liari e il Comi­tato Verità e Giu­sti­zia denun­ziano il sin­daco, ma il tri­bu­nale di Vallo della Luca­nia, per l’avvenuto e ancora miste­rioso assas­si­nio del primo cit­ta­dino di Pol­lica, respinge il ricorso e l’illegittima e ille­gale con­dotta del sin­daco e dei medici non viene affatto indagata.

Arri­vato in ospe­dale, Mastro­gio­vanni pas­seg­gia tran­quil­la­mente per il cor­ri­doio, dopo mezz’ora si addor­menta e gli infer­mieri lo legano — senza alcun motivo — ai quat­tro arti con delle fascette di pla­stica al letto di con­ten­zione e lo scio­glie­ranno solo sei ore dopo il decesso. Giu­sti­fi­cano la con­ten­zione soste­nendo che Mastro­gio­vanni — cono­sciuto anche come peri­co­loso «noto anar­chico», quando era una per­sona asso­lu­ta­mente mite, paci­fica e buona — in ospe­dale è vio­lento e aggressivo.

Un video lungo quat­tro giorni

Ma le ferite pre­senti sul cada­vere sono inspie­ga­bili, fino a quando non si sco­pre che il rico­vero è stato fil­mato dalla video­sor­ve­glianza interna dell’ospedale. È un video che regi­stra per quat­tro lun­ghi inter­mi­na­bili giorni, minuto per minuto, secondo per secondo quello che è avve­nuto, con Mastro­gio­vanni che, amante della libertà, si dimena e implora aiuto nella totale indif­fe­renza dei medici e degli infermieri.

Francesco Mastrogiovanni in ospedaleFran­ce­sco Mastro­gio­vanni in ospedale

È l’unico caso al mondo ad avere que­sta straor­di­na­ria e inop­pu­gna­bile docu­men­ta­zione (che è inte­ra­mente visi­bile su inter­net) che inchioda i medici alle loro gra­vis­sime responsabilità.

Al pro­cesso di primo grado il pri­ma­rio Michele Di Genio è con­dan­nato alla pena com­ples­siva di 3 anni e 6 mesi di reclu­sione; Rocco Barone, che dispose senza anno­tarla in car­tella la con­ten­zione, a 4 anni, stessa pena a Raf­faele Basso; 3 anni a Ame­rigo Mazza e a Anna Angela Ruberto, di turno la notte del 3 ago­sto 2009 durante la quale il cuore di Mastro­gio­vanni cessò di bat­tere, i quali si accor­sero del decesso sei ore dopo. Michele Della Pepa è con­dan­nato a 2 anni, con sospen­sione della pena. Per tutti l’interdizione dai pub­blici uffici per 5 anni. I dodici infer­mieri ven­gono invece assolti.

Ora la sen­tenza di Vallo sarà esa­mi­nata dalla Corte d’Appello di Salerno, alla quale — dopo il caso Cuc­chi — guarda con tre­pi­da­zione l’Italia civile, chie­dendo, insieme ai fami­liari, agli amici e agli ex alunni, ai giu­dici saler­ni­tani verità e giu­sti­zia per Fran­ce­sco Mastro­gio­vanni e per quanti — con pra­ti­che cru­deli e medie­va­leg­gianti — sono stati tor­tu­rati, legati e con­te­nuti nei reparti di psi­chia­tria degli ospe­dali italiani.



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