Fugge l’uomo forte del Burkina Faso

Fugge l’uomo forte del Burkina Faso

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In Burkina Faso la «scopa» della protesta popolare, cosa rara in Africa, ha spazzato via un dinosauro da 27 anni al potere che si apprestava a cambiare la Costituzione (vizio comune a molti leader del continente) per candidarsi e ottenere un altro mandato presidenziale. «Ci sono state le primavere arabe, questa è la nostra primavera nera» ha detto all’ Afp l’attivista dell’opposizione Emile Pargui Pare.
Blaise Compaoré, una volta detto Blaise il bello, è fuggito ieri dalla capitale Ouagadougou. Il capo dell’esercito Honoré Traoré ha assunto la carica di capo di Stato in attesa di nuove elezioni entro tre mesi. La giornata cruciale è stata giovedì 30 ottobre, quando una folla di manifestanti (in testa 1.500 persone) ha assaltato e dato fuoco all’edificio del Parlamento, dove i deputati si apprestavano a cambiare la legge in favore di Beau Blaise. Almeno 5 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza. Il principale leader dell’opposizione, Zephirin Diabre, giovedì aveva chiesto le dimissioni di Compaoré e lanciato un appello all’esercito perché si schierasse «con il popolo».
E così è stato: dopo le violenze e i saccheggi del giorno precedente ieri migliaia di persone hanno festeggiato pacificamente nella centrale Place de la Nation. Anche se non tutti si fidano del generale Traoré, considerato troppo vicino al vecchio leader. Con il tardivo plauso della Francia (ex potenza coloniale) e degli Usa (grande ambasciata a Ouagadougou) che a lungo l’hanno sostenuto, l’ex uomo forte del Burkina Faso ha lasciato il suo palazzo con un’imponente scorta armata diretto a Po, verso il confine e un possibile esilio in Ghana. Nella capitale caroselli di auto e di moto, mentre le residenze dei familiari del leader (preso di mira il potente fratello François) venivano invase e saccheggiate dalla folla.
La «primavera nera» era cominciata un anno fa, con la «rivolta delle scope» promossa da musicisti locali. Scope che balenavano anche ieri come vessilli tra la gente in festa: simbolo di pulizia morale e anche richiamo alla figura di Thomas Sankara, il «Che Guevara africano» che guidò e ribattezzò il Paese («la terra degli uomini integri») dall’83 all’87. Il carismatico, controverso Sankara, l’anti-imperialista autoritario che andava in giro in bici e organizzava giornate di pulizia collettiva (da qui la scopa come simbolo) fu ucciso in un golpe organizzato dal suo vice, quel «Biagio il bello» che da allora non ha più abbandonato fino a ieri il potere vincendo (e truccando) elezioni dopo elezioni.
Compaoré è stato il gendarme dell’Occidente in Africa Occidentale e base per la guerra al terrorismo islamico, anche se il suo governo non ha sollevato il Paese del cotone (oggi 20 milioni di abitanti) dal terzultimo posto nella classifica Onu dei Paesi più ricchi (56 anni sono le aspettative di vita).
Il futuro del Burkina Faso rimane incerto, la transizione verso un sistema di alternanza democratica non semplice. Ma le scope della primavera nera lanciano un segnale a tutta l’Africa, ai leader di molti Paesi (dalla Repubblica del Congo al Ruanda, dal Togo al Burundi) che progettano di cambiare la Costituzione per allungare la striscia (più o meno positiva) della loro permanenza al potere.
Ci sono poi i dinosauri che non temono scope e non hanno bisogno di cambiare alcunché perché sono loro «la legge»: Teodoro Obiang Nguema in Guinea Equatoriale e José Eduardo Dos Santos in Angola, in carica da 34 anni. Bob Mugabe in Zimbabwe una tacca in meno, anche se all’anagrafe è il più longevo: a 90 anni trama ancora per restare leader. Per neutralizzare i rivali sta usando la giovane moglie Grace come possibile candidata alla successione: ex dattilografa presidenziale, recentemente Bob stesso l’ha insignita di un dottorato in sociologia dopo due lunghi mesi di corso intensivo.
Michele Farina


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