MILANO . Le salamelle della Festa Democratica (lunga vita a loro) e i maxi-assegni di Silvio Berlusconi a Forza Italia & C. non bastano più. Il taglio del finanziamento pubblico ai partiti – sceso dai 290 milioni del 2010 ai 40 previsti quest’anno – ha colto la politica italiana in contropiede. E l’ex-Eldorado della “Partiti Spa” è sull’orlo del crac. Carta canta: i bilanci 2013 delle maggiori formazioni tricolori si sono chiusi in rosso per 82 milioni, 70 in più di due anni fa, malgrado la rocambolesca spending review avviata da tutti in zona Cesarini. Il raddoppio a 35 milioni della raccolta di contributi individuali – buona parte dei quali sborsati di tasca loro dai Parlamentari – è servito appena a limitare i danni: le donazioni con il 2 per mille non decollano, le campagne di tesseramento – complice la crisi – non tirano più, lo Stato chiuderà del tutto i rubinetti nel 2017. E la politica italiana si prepara a un 2014 ancora più nero dove si è già capito che ci sarà ancora da tirare (e molto) la cinghia.
Il piatto piange per tutti. Il taglio del tetto ai rimborsi spese individuali da 670mila a 170mila euro l’anno (scenderà a 80mila nel 2014) imposto dal Pd a senatori e deputati non ha impedito ai conti di Largo del Nazareno di chiudere in rosso per 10,8 milioni. Il Tesoriere Francesco Bonifazi, fedelissimo di Matteo Renzi, ha sforbiciato le spese per il personale (-20%), ridotto dell’80% quelle informatiche e sta provando a disdire in anticipo gli affitti di via del Tritone e via Tomacelli. Gli onorevoli democratici hanno versato nelle casse del partito 5,48 milioni, molto più dell’anno scorso (21mila euro Pierluigi Bersani, 18mila Rosy Bindi, 14.250 Maria Elena Boschi). L’orizzonte però resta buio visto che dallo Stato arriveranno quest’anno solo 12 milioni (erano 57 tre anni fa) e far quadrare i conti sarà un’impresa.
Le cose vanno ancora peggio nel centro-destra, totalmente Berlusconi-dipendente, salvo il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano che, nato a fine 2013, non ha presentato rendiconto. Forza Italia (in rosso per 25,5 milioni) è stata tenuta a galla da una «donazione liberale» di 15 milioni dell’ex-Cavaliere, che garantisce con fideiussioni personali gli 83 milioni di disavanzo accumulati dal partito. Tutte le altre formazioni dell’area dipendano a filo doppio da San Lorenzo in Lucina. Fi ha donato 500mila euro al Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, 750mila a Fratelli d’Italia e 1,2 milioni al Movimento grande sud di Gianfranco Miccichè.
Il peggio, tra l’altro, rischia di dover ancora arrivare. Il bilancio del Popolo della Libertà (cui Forza Italia ha “condonato” un credito di 14 milioni) si è chiuso in passivo per 15,5 milioni e dice papale papale che sarà «impossibile far fronte» ad altri 13,9 milioni di debiti con Fi, malgrado il partito abbia chiuso 76 sedi locali, tagliato 70 posti di lavoro e ridotto le spese per 5,6 milioni. La rottamazione dell’ex Pdl, ormai politicamente una scatola vuota, rischia di essere complessa come quella di Rifondazione Comunista e Alleanza Nazionale, finite in liquidazione, sparite dall’arena politica ma capaci di macinare milioni di perdite anche post-mortem. Stessa sorte toccata all’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, fuori dal Parlamento, in perdita per 9 milioni («servirà una profonda spending review», ammette la relazione di bilancio) e travolta pure dalla richiesta di parcelle arretrate per 2,5 milioni dello Studio legale di Sergio Scicchitano, ex consigliere giuridico del magistrato.
In acque agitate, finanziariamente parlando, naviga pure la Lega di Matteo Salvini. Il popolo padano, forse a causa degli scandali di Trota & C., ha perso un po’ della sua passione. Le entrate da tesseramento si sono dimezzate, così come quelle delle feste di partito. I tagli alle spese (-20%) sono stati mangiati via dai 3 milioni di spese legali per il caso Belsito. E la voragine nei conti si è allargata a 25 milioni in due anni.
Un po’ meglio va alla meteora Scelta Civica che grazie ad alcune robuste donazioni (100mila euro dall’ex manager Parmalat Enrico Bondi, 60mila da Alberto Bombassei) e a 2,4 milioni di rimborsi elettorali è riuscita a consolarsi dei 2.234 euro incassati con il tesseramento chiudendo i conti in sostanziale pareggio.
Una storia a parte sono i conti del Movimento5Stelle. Grillo & C. hanno rinunciato a 42 milioni di finanziamento pubblico e i parlamentari pentastellati hanno versato oltre 7 milioni al Fondo garanzia per le Pmi rinunciando a parte dello stipendio. I gruppi di Camera e Senato hanno percepito 6,2 milioni come contributo omnicomprensivo del Parlamento e le pure spese di funzionamento della rappresentanza parlamentare hanno regalato un bilancio in attivo per 2,7 milioni. Manca però all’appello (a parte le auto-certificazioni del Blog dell’ex- comico) una reale fotografia certificata di tutte gli altri costi elettorali e per l’attività fuori dal Parlamento. Ma il fundraising all’americana tra elettori e sostenitori dei 5Stelle – nel profondo rosso di una politica italiana orfana di 250 milioni di aiuti pubblici – è forse davvero l’unica strada per riportare un po’ d’ossigeno alla disastrata ditta Partiti Spa.