Madrid, libera da Ebola l’infermiera Teresa “Negativo il test sul sangue”

Madrid, libera da Ebola l’infermiera Teresa “Negativo il test sul sangue”

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MADRID . Il virus è scomparso. Non ce n’è più traccia nell’organismo di Teresa Romero, l’ausiliare d’infermeria ricoverata da due settimane in isolamento all’ospedale «Carlos III» di Madrid, primo caso di contagio da Ebola al di fuori del continente africano. Un «miracolo» certificato dal risultato delle analisi del sangue a cui è stata sottoposta nella giornata di ieri (zero “carga viral”, ovvero “viremìa” assente), ma tuttavia non una completa sorpresa per i medici che giorno per giorno, soprattutto nel corso dell’ultima settimana, hanno visto come il virus stava perdendo forza.
L’équipe di specialisti che ha in cura Teresa — tra medici e ausiliari circa 50 persone si sono alternate in questa fase delicatissima e di enorme tensione al suo capezzale — invita comunque alla prudenza: per poter affermare che la malattia è definitivamente debellata, bisognerà attendere una seconda prova, che confermi (cosa di cui tutti si dicono fiduciosi) il risultato della prima. L’esito si dovrebbe conoscere domani sera, al più tardi mercoledì mattina. Trattandosi di una malattia che, nel corso dell’epidemia attuale, sta avendo un tasso di mortalità superiore al 70 per cento, il motivo di soddisfazione è grande per i medici madrileni.
Il risultato è stato possibile con una terapia combinata: si è cominciato (nei primi giorni, quando il pericolo di morte era più alto) con il sommistrarle il plasma di una persona che era sopravvissuta al virus, la religiosa Paciencia Melgar, che si ammalò in Liberia insieme al padre Miguel Pajares: lui fu rimpatriato in Spagna e morì poco dopo, lei riuscì a guarire restando a Monrovia. Il plasma, iperimmune, proprio perché proveniente da una persona che aveva già superato la malattia, blocca l’infezione delle cellule da parte del virus. Questo trattamento è stato poi combinato dai medici con la somministrazione di un antivirale, il Favipiravir, che ha la caratteristica di inibire la replica delle cellule infette. Questa terapia combinata aiuta così a frenare l’espansione del virus e dà il tempo all’organismo di rigenerare le difese. Ovviamente, non una soluzione valida sempre e comunque: se nel caso di Teresa Romero ha avuto successo, lo si deve anche al fatto che l’infezione è stata diagnosticata presto. Non è, infine, chiaro se a questo trattamento è stata aggiunta una cura a base di ZMab (una versione precedente del più conosciuto ZMapp, già utilizzato con successo negli Stati Uniti).
L’infermiera non si può considerare comunque definitivamente guarita: l’Ebola attacca organi vitali, come i reni, il fegato e i polmoni. Teresa ha avuto per giorni una grave insufficienza respiratoria, dalla quale si sta riprendendo lentamente. La portavoce della famiglia ha assicurato ieri sera che ha già conosciuto il risultato delle analisi ed è contentissima, con una gran voglia di riprendere a vivere: «Stavo per andarmene, ma non è giusto, sono ancora molto giovane », ha detto a un’amica.
Finalmente, dunque, una buona notizia, in una crisi sanitaria che sta generando enorme preoccupazione nel mondo, tra caos e improvvisazione. Anche l’Oms — in un rapporto interno che è trapelato — ha ammesso di aver commesso gravi errori, a causa di uno «staff incompetente » che non ha saputo vedere «la tempesta perfetta che stava arrivando ». Anche gli Usa sono sull’orlo di una crisi di nervi. Fanno autocritica all’ospedale di Dallas dove è morto Thomas Duncan e dove un’infermiera che lo aveva curato ha contratto il virus. E’ intanto rientrata in Texas — dopo che Messico e Belize ne hanno rifiutato l’attracco — la nave da crociera Carnival Magic sulla quale viaggiava un tecnico che proprio a Dallas era entrato in contatto con il «paziente zero ». Un allarme risultato infondato perché la persona ha dato negativo al test dell’Ebola.



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