«Fiat-Chrysler a Wall Street, nuovo inizio»
NEW YORK — Il Columbus Day, festa italoamericana per eccellenza. Le vetture del gruppo, comprese Alfa e Ferrari, schierate a Wall Street davanti al mercato azionario più importante del mondo. La targa della Fiat rimossa dall’ingresso del Lingotto. E, alla fine delle contrattazioni, quotazioni azionarie invariate, ma dopo un bel saliscendi, come da attese degli analisti che avevano pronosticato una notevole volatilità per il titolo. Insomma, una giornata piena di simboli quella che ha fatto da spartiacque nella storia della Chrysler e del gruppo automobilistico torinese. Addio Fiat, buongiorno Fca: fusa domenica la Fiat Spa in Fiat Chrysler Automobiles, ieri mattina la nuova società di diritto olandese con sede legale ad Amsterdam e sede fiscale a Londra, è stata quotata per la prima volta alla Borsa di New York.
«La strada che abbiamo scelto non è la più facile né quella che richiede lo sforzo minore. Ma, come tutte le pietre miliari, questo è davvero un nuovo inizio» ha spiegato l’amministratore delegato del gruppo Sergio Marchionne mentre per il presidente John Elkann la quotazione a New York segna «l’ingresso in una fase nuova che ci renderà protagonisti nel mercato mondiale». Alcuni analisti considerano troppo ambizioso il piano che prevedere di produrre 7 milioni di veicoli (+50%) e di realizzare 5,5 miliardi di euro di profitti entro il 2018.
Ma quello dell’agognato «listing» è stato, ieri, soprattutto un momento di celebrazione per due gruppi dati più volte per morti negli ultimi anni. «Il riconoscimento di anni di duro lavoro di 300 mila persone» per Marchionne che promette di sconfiggere ancora una volta gli scettici, chiede la fiducia dei mercati, cerca di rassicurare chi teme uno sganciamento della società dall’Italia: «Oggi il gruppo vale molto più della somma delle sue aziende per la sua capacità di sviluppare nuovi prodotti e di espandersi in tutti i mercati del mondo. Questa è la garanzia di lungo periodo che dovrebbe tranquillizzare tutti». Ed Elkann aggiunge che «ora il legame del gruppo con Torino è ancora più forte».
Quando ieri sera Marchionne ed Elkann hanno battuto col classico martello di legno la chiusura della seduta, il titolo Fca valeva 8,92 dollari: praticamente invariato rispetto agli 8,90 dell’apertura dopo un’impennata iniziale del 5,6 per cento e vari saliscendi. Il vero test arriverà nei prossimi giorni: ieri, con le banche americane chiuse per il «Columbus Day», i volumi scambiati sono stati molto bassi. Il coronamento della trasformazione della multinazionale italiana in un gruppo totalmente globalizzato cade in un momento di mercato non facile: le Borse di tutto il mondo sono da giorni in frenata per il peggioramento delle previsioni economiche internazionali e l’auto è uno dei settori che fanno più fatica a produrre reddito.
Sergio Marchionne ha cercato di rendere più appetibile l’investimento in Fca con un piano ambizioso che promette un premio consistente a chi scommette su un gruppo che ha sicuramente elementi di debolezza (male in Europa, 10 miliardi di euro di indebitamento, la necessità di reperire i 48 miliardi di euro necessari per finanziare il lancio dei 30 nuovi modelli previsti dal piano d’investimenti), ma che è già stato più volte protagonista di recuperi straordinari.
La nascita della nuova società e la quotazione a New York sono essenziali, nella visione di Marchionne, per ancorarsi solidamente al mercato più ampio e ricco, quello degli Usa, e per accedere al mercato dei capitali più liquido ed efficiente del mondo, lo Stock Exchange di New York.
Dove ieri un John Elkann visibilmente emozionato ha voluto condividere il momento storico con tutte la famiglia: sul «floor» c’era anche il padre Alain e, dopo la chiusura delle contrattazioni, il presidente è risalito sul balconcino del «closing bell» con la moglie Lavinia e i figli Leone e Oceano.
Massimo Gaggi
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