“No ai boss al Quirinale l’istituzione va tutelata” I legali: processo nullo

“No ai boss al Quirinale l’istituzione va tutelata” I legali: processo nullo

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PALERMO . Il 28 ottobre, al Quirinale, non ci sarà alcuna diretta tv con le celle dei capimafia delle stragi. Totò Riina e Leoluca Bagarella non potranno assistere all’audizione del presidente della Repubblica nel processo trattativa in trasferta. E al Colle non potrà salire neanche l’altro imputato eccellente di questo caso giudiziario, l’ex ministro Nicola Mancino. I giudici della corte d’assise di Palermo sono stati perentori: l’udienza sarà a porte chiuse (ma non segreta), senza pubblico e senza imputati, solo con i pubblici ministeri e gli avvocati.
Prevalgono «esigenze tutte connesse alle speciali prerogative di un organo costituzionale quale è la presidenza della Repubblica », dice il giudice Alfredo Montalto, leggendo il suo provvedimento in aula. Prevale «l’immunità della sede». E poi ragioni «correlate all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale». Tutto questo, spiega un’articolata ordinanza di cinque pagine, prevale sul diritto alla difesa degli imputati che volevano essere presenti al Quirinale. E gli avvocati insorgono.
Questa volta, non con la classica opposizione, che è l’anima del processo. Ma con un’eccezione di nullità, che potrebbe segnare la morte del processo trattativa Stato-mafia. È la difesa di Nicola Mancino a mettere l’ipoteca su tutto ciò che avverrà da questo momento in poi. «Per noi l’ordinanza è nulla — esordisce l’avvocato Nicoletta Piergentili Piromallo — perché viola il diritto dell’imputato Mancino di intervenire personalmente all’udienza al Quirinale ». L’avvocato Massimo Krogh rincara la dose: «Se in questo processo arriverà una condanna, porteremo subito avanti la questione della nullità della sentenza, perché non si può impedire a un imputato di partecipare alle sue udienze». Il caso è aperto. La nullità potrà essere fatta valere in ogni «stato e grado del giudizio », anche in Cassazione, non importa fra quanti anni. I pubblici ministeri volevano evitare proprio questa eventualità, ecco perché in extremis avevano dato parere favorevole alla presenza degli imputati al Quirinale, anche in videoconferenza. «Il diritto di difesa va tutelato — aveva ribadito a Repubblica il procuratore aggiunto Vittorio Teresi — non abbiamo fatto alcuna valutazione sulla qualità degli imputati».
Dunque: nullità sì, nullità no. D’ora in poi, sarà il tormentone del processo trattativa. Almeno fra pubblici ministeri e avvocati. Il presidente della corte d’assise Alfredo Montalto, invece, non appare affatto preoccupato per la tenuta della sentenza che verrà. Ieri mattina, ha letto con la sua solita serenità le cinque pagine dell’ordinanza, che sostanzialmente ribadisce quanto aveva già deciso quindici giorni fa. La questione era certo complessa dopo le istanze degli imputati che invocavano il diritto alla difesa, «riconosciuto anche dalla convenzione europea per i diritti dell’uomo», ma le argomentazioni di Montalto sono lapidarie. L’immunità del Quirinale «impedisce anche l’accesso alle forze dell’ordine». Dunque, nessuno potrebbe accompagnare un imputato al Colle o «assicurare l’ordine in udienza». E la videoconferenza si può fare solo con le aule di giustizia. Infine, a proposito della convenzione per i diritti dell’uomo: «Nessun contrasto », taglia corto il giudice, ribadendo che la stessa convenzione prevede «deroghe» in presenza di «interessi supremi». Conclude la corte: «Il diritto di difesa è adeguatamente assicurato» dagli avvocati, che eventualmente «nel prosieguo del dibattimento potranno far valere ogni forma di difesa ritenuta utile».
Dall’udienza al Colle resterà fuori anche Giovanna Maggiani Chelli, la presidente dell’associazione familiari vittime della strage dei Georgofili, anche lei aveva chiesto di assistere alla deposizione del presidente Napolitano.



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