Renzi sfida Merkel: sto con la Francia, non siamo studenti
LONDRA Anche se le prospettive sono diverse, anche se qui la notizia della Francia che sfora finisce a pagina 40 sul Times , anche se la City che lo viene ad ascoltare è soprattutto di estrazione italiana, Matteo Renzi ha comunque dei messaggi da lanciare. «Siamo nel cuore della finanza mondiale e io credo nel potere della finanza», dice alla platea della Guildhall, fra i municipi più antichi del mondo, una enclave di storia e denaro nel cuore di Londra, a due passi dal portone della Borsa.
E allora con il primo ministro Cameron, di mattina, c’è una sintonia quantomeno lessicale sul fatto che la Ue «deve cambiare, diventare più snella e flessibile». Con i manager e i banchieri c’è la promessa «che abbiamo un mandato fortissimo, inedito per fare le riforme», che «permetterà all’Italia di essere una protagonista forte dell’economia mondiale». Mentre ai board dei media blasonati, Economist e Financial Times , la rivendicazione di «una visione del futuro» è veicolata con le slides che a Palazzo Chigi hanno preparato.
Infine ci sono le telecamere sul marciapiede, due passi fuori da Downing street, al termine del primo appuntamento della giornata, l’incontro con il primo ministro inglese: il messaggio è strettamente diretto a Bruxelles e Berlino, «rispetto la decisione di un paese libero e sovrano come la Francia: nessuno può trattare gli altri paesi membri come si trattano degli studenti. Sono dalla parte di Hollande», scandisce chiaramente il presidente del Consiglio. «Proprio perché noi rispettiamo il 3%, non accettiamo che nessuno in Europa faccia il professore». Ovviamente il riferimento è alla Merkel e alla linea fiscale prevalente nella commissione Ue, appoggiata dalla cancelleria tedesca.
Criticare Berlino e la Ue e le sue regole, da Londra, può essere facile: Cameron non ha i vincoli del Patto di Stabilità, ha appena annunciato un piano di ulteriori tagli di spesa e riduzioni della pressione fiscale che visti da Roma, o anche da Parigi, possono solo suscitare gelosia. I piani sono diversi, eppure l’interesse è reale, nella residenza dell’ambasciatore Pasquale Terracciano arrivano all’ora di pranzo fra gli altri Vittorio Colao, ad del Gruppo Vodafone, Chris Gibson-Smith, presidente del London Stock Exchange, John Cridland, direttore generale della Cbi, la «Confindustria britannica», Anthony Browne, ad della British Bankers Association, Maurice Fraser, capo dell’Istituto europeo alla London School of Economics: «Il cambiamento in Italia è solo iniziato — dice loro il premier — ho un largo mandato e la gente vuole il cambiamento, nessuno hai mai avuto un così largo mandato in 56 anni di storia italiana».
Vuole essere una rassicurazione, è il senso della giornata: lo aveva promesso e lo ha fatto, «torno fra sei mesi» aveva detto nell’ultima visita, ieri erano esattamente sei. E dunque slides, primi passi dell’azione del governo, descrizione dettagliata dei provvedimenti approvati o incardinati. Con una convinzione: «Noi non stiamo salvando l’Italia, stiamo cercando di darle una leadership, nonostante un contesto molto difficile le nostre aziende sono molto competitive, abbiamo perso 20 anni ma c’è una visione e gli italiani non sopportano più le lobby e gli schemi dei grandi gruppi di interesse. Sentiamo il loro appoggio». Anzi, qualcosa in più: «Le lobby e i grandi gruppi di interesse devono avere paura di noi».
La cena è con il Lord Mayor della City (una sorta di mini-sindaco della città), Alderman Fiona Woolf; si discute ancora di Italia: «Essere attendibili, credibili, è il nostro primo obiettivo, il processo di riforma istituzionale durerà circa un anno, senza discontinuità in Ue rischiamo anni di stagnazione, dobbiamo mettere fine ad una fredda tecnocrazia europea». C’è anche qualcuno che chiede di Forza Italia, se per caso non dovesse dare una mano al Pd: «Ho visto che Wall Street sta tremando», liquida Renzi.
Marco Galluzzo
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