Landini: “Il blitz del decreto contro l’articolo 18 nasce dal diktat di Bce e Bruxelles”
TORINO . L’abolizione del reintegro obbligatorio per i licenziamenti ingiusti? «Il governo deve scegliere: sta con gli italiani o si schiera contro di loro accettando i diktat della Bce?». Il leader della Fiom Maurizio Landini risponde così a quella che definisce «l’ingiustificata accelerazione del governo contro l’articolo 18».
Landini, perché parla di ingiustificata accelerazione?
«Perché l’abolizione dell’articolo 18 non era presente né nel programma di Renzi per la segreteria del Pd né nella delega al governo sulla riforma del mercato del lavoro».
Da dove nasce allora, secondo lei?
«Nasce dalla riunione dei ministri economici a Milano nei giorni scorsi e dalla pervicace volontà della Bce di continuare sulla strada sbagliata e fallimentare seguita in questi anni».
Dicono che l’articolo 18 non esiste in nessun paese d’Europa
«Dicono una sonora stupidaggine. Provate a licenziare qualcuno senza motivo in Germania e vedete come va a finire. Prima devi trovare l’accordo del sindacato e poi quello di un giudice. Perché qui non si parla di licenziare le persone a causa della crisi. Quello succede già, come purtroppo abbiamo visto. Qui si tratta di licenziare senza alcun motivo e cavarsela con una multa».
Lei non crede che la libertà di licenziamento aumenterebbe l’occupazione?
«La maggior parte delle aziende italiane hanno meno di 15 dipendenti, dunque lì non si applica l’articolo 18. Quelle aziende hanno aumentato l’occupazione in questi anni? Ma per piacere.. Che cosa credono in Europa? Che gli italiani siano coglioni?».
Lei non crede al progetto del contratto a tutele progressive?
«Io penso che sia una proposta che vale la pena di essere discussa. Ma, appunto, devono essere tutele. Se io abolisco un diritto, le tutele diventano regressive. Se in fondo a un periodo di precarietà del contratto c’è l’arbitrio dell’azienda che ti può licenziare senza motivo, mi devono spiegare dove stanno le tutele progressive ».
Vi arroccate a difesa dell’esistente?
«Assolutamente no. Noi abbiamo proposte. Proponiamo di estendere a tutti la cassa integrazione facendo pagare anche le imprese sotto i 15 dipendenti. Proponiamo di ridurre le forme di contratto per evitare la giungla di oggi, di abbassare l’età pensionabile per fare posto ai giovani, di istituire una forma di reddito minimo legato alla disponibilità al lavoro».
Non crede che difendere l’articolo 18 possa impedire di sbloccare altre riforme che i sindacati chiedono da tempo?
«La riforma del mercato del lavoro va fatta tenendo conto che si interviene su una materia frutto di un secolo di lotte, di sacrifici e di conquiste. L’idea che tutto questo possa essere fatto semplicemente con un decreto, saltando il confronto con i sindacati mi sembra lunare».
Non è la prima volta che Renzi scavalca i sindacati…
«Qui però, con il decreto, scavalca anche il Parlamento».
Dica la verità: l’accelerazione sull’articolo 18 fa saltare l’asse Renzi-Landini?
«Non è un problema di assi o non assi, è un problema di coerenze. Comunque Renzi non può pensare di scambiare gli 80 euro in busta paga con l’abolizione dell’articolo 18 che gli chiede Draghi. Se questo è il pensiero del Presidente del Consiglio, credo che si sbagli di grosso e crei le premesse per uno scontro del quale il Paese non ha certo bisogno ».
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