Napoli, in corteo davanti alla caserma
In marcia dal Rione Traiano anche ieri pomeriggio. Dopo l’arrivo a Mergellina di lunedì, l’obiettivo è stato piazza del Gesù, il cuore del centro storico. «Non è una storia di quartiere — raccontano -, è stato ammazzato un ragazzino di diciassette anni, riguarda tutta la città». Non si fermano più, si rimettono in marcia per il quarto giorno consecutivo. Vogliono verità e giustizia per Davide Bifolco, ucciso giovedì notte a via Cinthia: il colpo è partito dall’arma di un carabiniere, uscito dalla volante con la pallottola in canna per bloccare tre ragazzi in motorino che non si erano fermati all’alt. Oggi verranno eseguite l’autopsia e l’esame balistico, gli accertamenti tecnici dovrebbero fare chiarezza sulla dinamica dei fatti. Probabilmente domani i funerali. Il sindaco di Napoli ieri pomeriggio ha fatto visita alla famiglia.
Sono scesi in strada ieri pomeriggio, tutti insieme hanno preso la cumana, la metro che collega il rione con il resto della città, con la maglietta bianca e lo slogan «Davide vive» scritto con i pennarelli indelebili. Sono poco più che adolescenti, «era un fratello nostro» urlano prima di puntare alla caserma Pastrengo dei carabinieri. Il corteo diventa sit in. In circolo intorno all’ingresso intonano l’Ave Maria. Il comandante provinciale dell’Arma, Marco Minicucci, si presenta per dialogare: «Non è uno scontro tra noi e voi — replica mentre la folla chiede giustizia — ma una lotta comune per la legalità. La magistratura accerterà la verità». Ma la gente di Soccavo di fiducia ne ha poca.
«Un minuto di silenzio per Davide, se possibile togliendosi i cappelli!» urla una donna al megafono verso i militari. «Noi lo facciamo per Davide, ma il cappello non è un’offesa» replica il comandante. «Per noi sì» la secca risposta della donna. «Allora me lo tolgo» replica conciliante Minicucci. Parte l’applauso dalla folla in circolo e tornano i sorrisi. Vogliono solo rispetto per il loro dolore. «Uno ha sbagliato e uno deve pagare — ripetono -. Trent’anni deve avere, come li avrebbero dati a uno di noi».
Sfilano davanti alla questura, gridano «Vergogna». Arriva un piccolo gruppo di ragazzi del centro e di universitari, spiccano perché il look è tutto differente. Si fermano a guardare commossi. Il corteo si rimette in marcia, risale lungo calata Trinità Maggiore, all’altezza del laboratorio occupato Ska si fermano di nuovo, i ragazzi del centro sociale hanno sistemato sul balcone lo striscione «Davide ucciso a 17 anni. Basta rambo in divisa». Parte un nuovo applauso prima di arrivare in piazza.
Ancora tutti a terra in circolo davanti l’ingresso della chiesa del Gesù nuovo per intonare una preghiera. In mattinata era arrivata anche la solidarietà dei disoccupati di Banchi Nuovi. All’ingresso del palazzo della regione, a Santa Lucia, avevano esposto lo striscione «Non si può morire così! A 17 anni una vita spezzata dallo stato. Davide vive!». Un dirigente della digos ha chiesto di richiuderlo, di fronte al rifiuto l’ha strappato di mano ai manifestanti. «Sarai sempre con noi!» gridano mentre la veglia in piazza si avvia alla conclusione.
Don Vincenzo Sibilio fa capolino dal portone della chiesa: «Davide non è morto inutilmente — racconta ai manifestanti -, impariamo da queste morti a vivere meglio e più intensamente. Per noi che siamo rimasti chiediamo la forza per costruire un futuro migliore».
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