Farc-Santos, riprendono i colloqui di pace a Cuba
Sono ripresi a Cuba i dialoghi di pace tra il governo colombiano di Manuel Santos e la guerriglia marxista delle Forze armate rivoluzionarie (Farc). Si continua a discutere il complicato tema delle vittime del conflitto, che dura da oltre mezzo secolo: è costato la vita a 220.000 persone e ha provocato circa 5,3 milioni di sfollati. Le trattative sono iniziate nel novembre del 2012, facilitate da Venezuela e Norvegia. Raccogliendo le proposte delle diverse istanze sociali che si oppongono al neoliberismo in Colombia, le Farc hanno avanzato proposte di merito e di metodo, che mettono in questione le ragioni di fondo del conflitto: a partire dalla mancanza di una riforma agraria e dall’assenza di spazi di agibilità in sicurezza per l’opposizione di sinistra, come testimonia l’altissimo numero di sindacalisti, contadini e leader politici assassinati o rinchiusi nelle carceri. Finora si è trovato un accordo su tre dei cinque punti in agenda: terra e sviluppo rurale, partecipazione alla vita politica, droghe e coltivazioni illecite.
Per il ciclo 28 dei dialoghi è arrivato all’Avana un gruppo di 12 vittime del conflitto, mentre un secondo è atteso tra il 9 e l’11 settembre. Il primo gruppo ha partecipato direttamente ai tavoli il 15 agosto. Un confronto inedito e di forte impatto. Le vittime hanno raccontato la propria esperienza, proposto criteri di risarcimento e chiesto il pieno rispetto dei propri diritti come contributo allo sforzo di pacificazione, e la garanzia che i fatti subiti non possano ripetersi. I partecipanti – 60 in tutto — sono stati scelti dall’Onu e dall’Università nazionale, in base ai criteri stabiliti durante diversi incontri assembleari in diverse parti del paese.
Il 22 agosto, il capo dei negoziatori governativi, Humberto de la Calle, ha dichiarato che “il momento è decisivo” e che vi sono “serie possibilità di terminare il conflitto”. Sulle modalità di arrivare a una soluzione politica, però, si gioca il piatto sul tavolo oggi. Le Farc e l’opposizione di sinistra che sostiene la trattativa e che per questo ha dato il voto a Santos, rinnovandolo alla guida dello stato, vogliono evitare che tutto si trasformi in una vetrina per il governo, basata sul nulla di fatto. Nella sinistra colombiana il ricordo dei ripetuti massacri seguiti al ritorno nella vita politica della guerriglia a seguito di un accordo, sono ancora vivi. Così come persistenti sono aggressioni e intimidazioni ai leader di opposizione. Fino a oggi, nessuna trattativa è andata davvero a buon fine.
Anche senza l’accanimento reazionario dell’ex presidente Alvaro Uribe, la Colombia continua peraltro a essere il gendarme dell’America latina, baluardo di Washington e delle politiche neoliberiste e guerrafondaie nel continente. E le immense ricchezze presenti nel paese restano appannaggio di un sistema di potere che, con Santos, ha solo deciso di affidare i propri interessi a settori più presentabili della borghesia. L’eventuale smobilitazione della guerriglia e il metodo per ratificare gli accordi sono tutt’altro che scontati. Santos ha finora insistito sulla necessità di sottoporli a referendum: il che, visti i rapporti esistenti a livello istituzionale (in primis la forza del campo uribista) corrisponderebbe a una farsa.
La guerriglia e le forze di opposizione chiedono invece l’apertura di una fase costituente, un processo assembleare che coinvolga tutto il paese com’è avvenuto in Venezuela o in Ecuador. Le Farc hanno perciò smentito alcune affermazioni pubbliche del campo avverso: “Alti funzionari del governo – hanno scritto – danno l’impressione che con la visita delle prime vittime del conflitto e la presenza del generale Javier Florez e di un gruppo di colonnelli all’Avana ne consegua la consegna delle armi e la smobilitazione della guerriglia, ma non è così”. Il governo Santos ha proposto la creazione di un Comando di transizione gestito dai militari, ma la guerriglia ha precisato che non accetterà che sia la gerarchia militare a gestire un conflitto per natura politico e che “aspetti così importanti come l’abbandono delle armi implicano una corrispettiva smilitarizzazione della società e dello stato”.
Per contro, l’opposizione armata ha proposto la creazione urgente di un Comando guerrigliero di normalizzazione, incaricato di studiare il ritorno della forza militare al suo ruolo costituzionale, e la smobilitazione effettiva dei battaglioni antisovversivi. Una proposta che si associa a quella di indagare a fondo il fenomeno del paramilitarismo in Colombia per cercare di archiviarlo definitivamente. In merito al tema delle vittime, le Farc hanno presentato “dieci proposte minime” che implicano il riconoscimento delle “condizioni strutturali di dominio e sfruttamento, di disuguaglianza, povertà e miseria, di esclusione e iniquità che provocano e riproducono la violenza di sistema in Colombia”.
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