Carabiniere spara a un 17enne, i testimoni: «Ucciso alle spalle»

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Tre ragazzi in sella a uno scoo­ter senza casco quasi alle tre di notte di gio­vedì scorso, una pat­tu­glia dei cara­bi­nieri li inter­cetta, intima l’alt. Non si fer­mano. Il più pic­colo, Davide Bifolco, dicias­sette anni il 27 di que­sto mese, resta a terra morto con un solo colpo al cuore. Un inse­gui­mento ini­ziato a viale Tra­iano e ter­mi­nato nel san­gue a via Cin­thia, quar­tiere napo­le­tano di Fuo­ri­grotta. Que­sti gli unici dati su cui con­ver­gono due dif­fe­renti rico­stru­zioni dei fatti.

Secondo l’Arma, la sequenza comin­cia con i mili­tari che, durante con­trolli di rou­tine, rico­no­scono nel gruppo sul moto­rino Arturo Equa­bile, ven­ti­treenne accu­sato di furto, lati­tante dallo scorso feb­braio per­ché scap­pato dagli arre­sti domi­ci­liari. I ragazzi non si fer­mano all’alt, l’inseguimento ter­mina quando lo scoo­ter urta un’aiuola. Equa­bile rie­sce a fug­gire a piedi, Davide e l’amico diciot­tenne Sal­va­tore Triunfo (con pre­ce­denti per furto e dan­neg­gia­mento) ven­gono fer­mati. Durante l’arresto uno dei mili­tari avrebbe «acci­den­tal­mente» esploso un colpo con la pistola d’ordinanza, che ha rag­giunto al cuore Davide. Por­tato al pronto soc­corso dell’ospedale San Paolo, sarebbe dece­duto lì.

Nel quar­tiere rac­con­tano una sto­ria com­ple­ta­mente diversa. In giro oltre ai tre ragazzi, c’erano due amici su un altro moto­rino, uno di loro — Enrico — rac­conta: «Non si sono fer­mati per­ché non ave­vano il paten­tino e l’assicurazione. I cara­bi­nieri hanno spe­ro­nato il mezzo facen­doli cadere. Uno è scap­pato, gli altri due li ave­vano fer­mati, doveva finire lì. Invece uno dei mili­tari prima lo ha spa­rato e poi lo ha amma­net­tato met­ten­do­gli pure la fac­cia nella terra dell’aiuola». La madre viene infor­mata da cono­scenti, cre­deva di dover por­tare i docu­menti per risol­vere un pic­colo guaio, il figlio l’aveva salu­tata dicen­dole «fac­cio un ultimo giro e torno», invece ha tro­vato Davide già morto.

La mat­tina durante i sopral­luo­ghi della scien­ti­fica è scop­piata la rab­bia del quar­tiere, due volanti distrutte e due gaz­zelle con i vetri fra­cas­sati, lan­cio di sam­pie­trini e altri oggetti dalle fine­stre. Un cen­ti­naio di per­sone tenute a bada ma facendo atten­zione a non far esplo­dere la situa­zione. «C’erano anche i nostri figli» urlano le donne. Le facce sono tese: «Al Rione Tra­iano i cara­bi­nieri non li vogliamo più». I vicini si riu­ni­scono sotto casa della fami­glia scon­volta, dello stato nes­suno vuole sen­tire par­lare. «Tutto quello che c’è da sapere — urlano — è che un ragazzo, un bravo ragazzo, è andato a fare un giro e non è tor­nato più a casa». In diretta Tv ieri pome­rig­gio su Canale 5 è arri­vata anche la ver­sione di Sal­va­tore Triunfo (denun­ciato per favo­reg­gia­mento di lati­tante e resi­stenza a pub­blico uffi­ciale): «Era­vamo in tre, il moto­rino era senza assi­cu­ra­zione ed era­vamo senza casco. L’auto dei cara­bi­nieri ci ha tam­po­nato e fatti cadere, il ragazzo che gui­dava è scap­pato, io sono rima­sto a terra e Davide si è alzato. Il carabiniere gli ha spa­rato diret­ta­mente alle spalle, non ha spa­rato in alto. Un solo colpo e l’ha ucciso. E con lui a terra, li ho sen­titi ridere». Gli inve­sti­ga­tori dell’Arma hanno richie­sto l’invio del file video con l’intervista.

Il padre di Davide era fuori Napoli, vende nei mer­ca­tini, per­ciò è riu­scito a rag­giun­gere la fami­glia solo nel primo pome­rig­gio di ieri. Il fra­tello Tom­maso, che lavora alla manu­ten­zione degli ascen­sori, è furioso: «Mio fra­tello è stato ucciso, non inven­tas­sero scuse. Aveva solo 16 anni. Mi ver­go­gno di essere un ita­liano, chi ci chie­derà scusa per quello che è suc­cesso? Mio fra­tello era un ragazzo d’oro, non era armato, non aveva droga, mai fatto rapine. Avrebbe finito la scuola e impa­rato il mio stesso mestiere. Stava facendo solo un giro nel quar­tiere con il suo moto­rino e per que­sto a Napoli si deve essere uccisi?».

Rab­bia e lacrime, Tom­maso con­ti­nua: «L’hanno ucciso tre volte. L’hanno but­tato a terra, spa­rato e poi amma­net­tato. La testa di Davide schiac­ciata al suolo. Quando abbiamo potuto vedere il corpo, aveva la bocca piena di terra. Se l’autore di tutto que­sto fossi stato io a quest’ora stavo in cella e ave­vano but­tato la chiave. Davide forse si è spa­ven­tato, forse voleva evi­tare il seque­stro, per que­sto non si è fer­mato». Distrutta anche la madre, Flora: «Quando gli ha spa­rato non l’ha visto in fac­cia? non ha visto che Davide era un bambino?».

Il carabiniere, un ven­ti­duenne in ser­vi­zio al nucleo radio­mo­bile, è inda­gato per omi­ci­dio col­poso. La pro­cura di Napoli ha avviato un’indagine «diretta a rico­struire l’accaduto senza tra­scu­rare alcuna ipo­tesi» spiega il pro­cu­ra­tore aggiunto Nun­zio Fra­gliasso. L’autopsia sul corpo di Bifolco verrà effet­tuata non prima di lunedì prossimo.

Due altri casi ricor­dano quello che è suc­cesso gio­vedì notte. Il 31 luglio scorso, a Car­dito, nel napo­le­tano, il ven­ti­set­tenne Anto­nio Man­nal, che aveva appena rapi­nato una cop­pia di fidan­zati, è stato col­pito a morte men­tre veniva amma­net­tato. Ma il pre­ce­dente che viene alla mente è l’uccisione di Mario Castel­lano, dicias­set­tenne di Bagnoli, a poca distanza dal Rione Tra­iano. La notte del 21 luglio del 2000, a bordo del suo moto­rino, senza casco, docu­menti e senza assi­cu­ra­zione, non si ferma all’alt di una volante della poli­zia. Scappa per evi­tare l’ennesima multa. Uno dei poli­ziotti, Tom­maso Leone, cerca di bloc­carlo due volte, il ragazzo sfugge ancora. Leone alza la pistola d’ordinanza, prende la mira e spara. La fami­glia ha dovuto atten­dere nove anni per avere la con­danna definitiva.



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