Accordo sulla tregua in Ucraina La Nato si rafforza nell’Est Europa
NEWPORT — Barack Obama spera ma si dice «scettico» e comunque annuncia l’immediata entrata in vigore di nuove sanzioni contro Mosca. Matteo Renzi parla di ore «complicate ma dense di speranza» e lega la piena applicazione delle nuove misure restrittive europee agli sviluppi sul campo nei prossimi giorni.
L’accordo per il cessate il fuoco, siglato ieri a Minsk tra il governo ucraino e i ribelli filo-russi del Donetsk, riapre la strada a una soluzione politica della crisi che sta squassando il Paese e mettendo l’Occidente in rotta di collisione con la Russia.
Annunciando l’intesa, il presidente ucraino Petro Poroshenko, ospite di riguardo al vertice della Nato conclusosi ieri nel Galles, ha invocato la necessità di un «controllo internazionale» sull’effettiva cessazione delle ostilità, aggiungendo che occorrerà fare «il possibile e l’impossibile per porre fine al bagno di sangue e alla sofferenza della popolazione». In effetti, ancora pochi minuti prima dell’annuncio, scontri tra le forze regolari ucraine e ribelli si registravano nel porto strategico di Mariupol, mentre colpi di artiglieria si sono uditi a Donetsk, roccaforte della rivola dell’Est.
L’Ucraina è stato il tema principale di un vertice atlantico che ha visto la Nato tornare alla raison d’être delle origini per venire incontro alle preoccupazioni dei nuovi partner orientali, allarmati dalle ambizioni neo egemoniche del Cremlino sullo spazio geopolitico che fu dell’Unione Sovietica. Risponde infatti soprattutto all’appello di baltici e polacchi la creazione di una nuova forza di reazione rapida, forte di 4 mila soldati, basata logisticamente nell’Europa dell’Est e capace di essere operativa in pochi giorni, decisa dai leader dell’Alleanza come deterrente nei confronti di Mosca. «Il principio della difesa collettiva non è negoziabile: la Nato è pronta a difendere ogni suo alleato. Non staremo a guardare», ha detto il presidente Obama nella conferenza stampa finale.
Riferendosi all’Ucraina, che non è membro della Nato, il capo della Casa Bianca ha detto che l’Alleanza è impegnata a salvaguardarne la «sovranità, l’indipendenza, l’integrità territoriale e il diritto all’autodifesa». E anche se l’assistenza in tema di sicurezza dei 28 Paesi alleati verrà fornita separatamente «il messaggio a Mosca sarà forte».
Differenze di toni all’interno del campo occidentale sull’atteggiamento da tenere verso la Russia tuttavia rimangono. Lo ammette con franchezza il premier Renzi, che si dice cautamente ottimista sulle prospettive di ripresa del dialogo, anche se scarica l’onere della prova interamente sulle spalle di Vladimir Putin: «Voglio sperare che il presidente Putin metta fine alle polemiche, alle invasioni di sovranità e che prevalga la saggezza, perché anche nello scacchiere internazionale avremo bisogno di una Russia ben integrata nella comunità internazionale. Sarebbe un bene per tutti».
E anche se, sul fondo, la Nato esce dal vertice gallese con un convincente messaggio di unità strategica, le sanzioni si confermano cartina di tornasole di approcci diversi. Così gli Stati Uniti hanno subito proceduto al varo del nuovo round di misure punitive, convinti, parole di Obama, che siano queste «la sola ragione grazie alla quale oggi è stata raggiunta una tregua». Mentre gli europei, che pure non si sono tirati indietro nel mettere a punto un pacchetto definito dal premier Renzi «duro e corposo», seguono un iter più complesso, che prevede 72 ore di procedure burocratiche, prima che il nuovo regime di embarghi, che riguarda operazioni finanziarie, movimenti bancari e tecnologie sensibili, sia ufficialmente in vigore. Un lasso di tempo che però in questa situazione consente di verificare la tenuta e l’effettiva applicazione dell’accordo di Minsk ed eventualmente sospendere l’intero processo. Lo ha confermato ieri anche la cancelliera tedesca Angela Merkel.
La tensione sul campo rimane altissima. Anche se ieri sera fonti internazionali affermavano che la tregua al momento regge, le posizioni tra governo ucraino e ribelli rimangono lontane. Il premier di Kiev, Arseny Yatseniuk, ha detto che ogni piano di pace dovrà comprendere anche il «ritiro delle forze e dei terroristi russi» e il ripristino dei confini di Stato originali, cosa impossibile dopo l’annessione della Crimea. Mentre i separatisti ribadiscono la loro volontà di ottenere la piena indipendenza da Kiev.
Da Mosca, la soddisfazione per l’intesa sulla tregua si accompagna a una bordata di critiche contro la Nato, accusata con le sue decisioni di minare il dialogo appena avviato.
Paolo Valentino
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