Il patto dei socialisti per appoggiare il duo Mogherini-Moscovici
BRUXELLES — Gli eurosocialisti del Pse scendono in campo per appoggiare le richieste del premier Matteo Renzi e del presidente francese François Hollande nelle euronomine, nell’allentamento dei vincoli Ue di bilancio e nel rilancio della crescita. Il presidente del Pse, il bulgaro Sergei Stanishev, e il capogruppo degli eurodeputati socialdemocratici, Gianni Pittella, hanno ipotizzato perfino di non votare la nuova Commissione europea presieduta dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, l’europopolare del Ppe approvato in cambio di un riequilibrio nei ruoli e nelle politiche economiche proprio nel vertice dei capi di Stato e di governo in programma oggi a Bruxelles.
Questo intervento degli eurosocialisti rafforza la candidatura del ministro degli Esteri Federica Mogherini come Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dei 28 governi della Ue, che è anche vicepresidente della Commissione. Richiama infatti l’accordo informale con il Ppe, che legava la nomina di Juncker a un loro esponente come responsabile degli Esteri Ue. E favorisce la scelta di una donna pretendendo almeno nove commissarie, come nella Commissione attuale. «L’equilibrio di genere è importante come quello politico — hanno detto Stanishev e Pittella —. Se le donne non saranno adeguatamente rappresentate nella Commissione, non la voteremo nell’Europarlamento». Il Pse respinge anche l’intenzione di Juncker di depotenziare il ruolo di Alto rappresentate attribuendo a un altro commissario parte dei suoi poteri nella Commissione.
«Juncker ha anche promesso gli Affari economici della Commissione a un socialista — ha detto Pittella — e si è impegnato a lanciare la stagione degli investimenti per il rilancio della crescita e dell’occupazione». Hollande sostiene il suo ex ministro delle Finanze Pierre Moscovici e ospita stamattina a Parigi il pre-vertice dei leader eurosocialisti per far passare il connazionale come controllore dei bilanci più flessibile rispetto alla linea della Germania e degli altri Paesi rigoristi del Nord. Proprio per questo a Berlino preferirebbero far depotenziare gli Affari economici o assegnarli a un esponente del Pse più vicino alla linea Merkel, come il presidente olandese dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Ma l’ipotesi di candidare già oggi altri due popolari sostenitori del rigore di bilancio per le presidenze del Consiglio Ue e dell’Eurogruppo — si parla soprattutto del premier polacco Donald Tusk (eliminando la socialdemocratica danese Helle Thorning-Schmidt) e del ministro delle Finanze spagnolo Luis de Guindos — rende complicato far passare un annacquamento dei due ruoli di peso attesi dal Pse. «Ppe e Pse hanno ricevuto una quota quasi uguale di voti alle elezioni europee del maggio scorso — ha detto Stanishev —. Questo risultato si deve riflettere nella nuova leadership e direzione della Ue». Pittella conferma che «equilibrio di genere e di peso politico tra i principali partiti, insieme ai ruoli di Alto rappresentante e di commissario per gli Affari economici a socialisti, restano fondamentali per ottenere nell’Europarlamento i nostri 191 voti, decisivi per la Commissione Juncker». Spuntano poi richieste degli euroliberali, necessari per puntellare a Strasburgo la maggioranza composta da Ppe e Pse.
La difficoltà di un accordo sulle principali euronomine e i troppi candidati hanno convinto a sviluppare il summit a Bruxelles in modo ancora più riservato del solito, escludendo dalla sala i collaboratori dei 28 leader. In agenda sono state aggiunte la crisi economica (Renzi ha annunciato un vertice specifico il 6 ottobre), la valutazione di nuove sanzioni alla Russia per il caso Ucraina (è invitato il presidente ucraino Petro Poroshenko) e le altre tensioni geopolitiche in Iraq, Siria, Libia e a Gaza.
Ivo Caizzi
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