Parte la guerra cibernetica Le banche Usa nel mirino Accuse agli hacker di Mosca
Scoperta la falla, inevitabile la richiesta d’aiuto lanciato ai federali. Fbi e il Secret Service, l’agenzia che protegge il presidente Usa ma si occupa anche di questo tipo di reati finanziari, hanno aperto un’indagine. Primo obiettivo: valutare i danni e il modus operandi. Secondo obiettivo: scoprire chi è stato. Per ora girano i «soliti sospetti», forse bande dell’Est Europa, magari russi. Gli esperti, però, aggiungono: quanto è avvenuto va oltre le capacità delle gang. E questo potrebbe aprire altri scenari, compreso quello di una manovra di cyber war dei russi in concomitanza con la nuova prova di forza in Ucraina. Una risposta «segreta» alle misure adottate da Washington. Ma siamo ancora alle supposizioni e non ci sono ancora elementi fondati, anche se gli investigatori si basano sulla loro esperienza e non escludono del tutto la pista locale.
Gli agenti ritengono che gli hacker abbiano aggirato le difese prendendo di mira un dipendente della JP, forse con una email «maligna». Successivamente sono passati all’intero network della grande banca americana. Missione ripetuta più volte — sempre secondo le indiscrezioni — nei confronti di altri istituti. La tattica ricorda quella messa in atto durante l’estate per colpire un paio di grandi catene di supermercati con decine di milioni di clienti derubati dei dati relativi alle loro carte di credito. Sembra che almeno in un caso i ladri si siano impossessati della password di un tecnico del sistema dell’aria condizionata. Piccola manovra che ha preceduto l’assalto alla società.
Insieme agli investigatori federali, si sono mossi quelli privati. La JP Morgan ha ingaggiato team di antihacker, molti con un passato nel settore della difesa e dunque abitati a duellare con avversari agguerriti. Fino a oggi non è emerso molto sulla loro azione ed è probabile che, vista la delicatezza del tema, poco trapeli. Dalla banca hanno confermato l’evento criminoso cercando di tenere un profilo basso. Anche se è più che evidente che la storia brucia e c’è la necessità di rispondere per ridare fiducia ai clienti.
La ricerca del colpevole ha spinto a considerare l’ipotesi dell’atto pianificato all’estero. Con movente politico o criminale. Gruppi ben strutturati («non semplici maghi del pc», ha affermato una fonte) e molto spesso basati nella regione del Caucaso sono diventati il nemico numero uno delle banche. Usano gli hacker oppure impiegano bellissime ragazze specializzate nello svuotamento di conti di ricchi americani. Grandi furti e piccole truffe ma che comunque generano molti guadagni illegali. Agiscono sulla piazza di New York e, talvolta, in Florida. Qualcuno è finito in prigione, tanti continuano le scorrerie tenendosi a distanza dai confini americani. Una realtà transnazionale complicata da seguire. Un mondo oscuro che spesso si sovrappone al confronto tra gli Stati Uniti e i suoi tanti rivali. Anche l’Iran, per fare un esempio, è stato accusato di aver ideato manovre di hacker contro le banche americane. Così al furto via computer si è aggiunto l’intrigo spionistico, dove i «cyber incursori» si sarebbero resi protagonisti di attacchi.
Alla JP Morgan sono consapevoli dei rischi. Il presidente James Dimon, come ha sottolineato il Wall Street Journal , ha spiegato agli azionisti di aver adottato le difese necessarie. La banca spenderà circa 250 milioni di dollari all’anno, userà un esercito di mille esperti e risponderà alla minaccia con tre centri di coordinamento. Un piano di battaglia che tuttavia dovrà essere aggiornato in modo costante. La breccia emersa in queste ore ha dimostrato come il muro, per quanto ben costruito, non sia invalicabile.
Guido Olimpio
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