Vivere Gabo per raccontarlo

Loading

28 ultima storie Marquez

Mi ave­vano detto che era all’Avana ma stava male e non voleva vedere nes­suno. Sapevo dove sog­gior­nava di solito: un bel cot­tage, lon­tano dal cen­tro. Ho chia­mato, e Mer­ce­des, sua moglie, ha spaz­zato via le mie remore: «Ma no – mi ha detto calo­ro­sa­mente – è per tener lon­tani i rom­pi­sca­tole. Vieni, “Gabo” sarà con­tento di vederti».

Il giorno seguente fa un caldo umido. Per­corro un viale di palme e mi pre­sento alla porta della loro casa ai tro­pici. So che Gabriel sof­fre di un can­cro lin­fa­tico, e che si sta sot­to­po­nendo a una che­mio­te­ra­pia este­nuante. Dicono che sia molto grave. Gli attri­bui­scono anche una stra­ziante let­tera di addio agli amici e alla vita… Temo di tro­varmi davanti un moribondo.

28storie ultima marquez moglie k

Mer­ce­des viene ad aprirmi e con mia sor­presa mi dice sor­ri­dendo: «Entra, Gabo sta arri­vando… ha finito la par­tita di ten­nis». Nella luce calda del salone, seduto su un divano bianco, dopo poco tempo lo vedo arri­vare, in ottima forma, con i capelli ricci ancora umidi per la doc­cia e il baffo bat­ta­gliero. Indossa una gua­ya­bera(cami­cia cubana) color oro, pan­ta­loni bian­chi molto lar­ghi e scarpe di tela. Un vero per­so­nag­gio di Visconti.

Sor­seg­giando un caffè freddo, mi spiega di sen­tirsi «come un uccello sel­va­tico scap­pato dalla gab­bia. In ogni caso, ben più gio­vane di quanto sem­bri». Ma, aggiunge, «con l’età si capi­sce che il corpo non è fatto per durare tutti gli anni che si vor­rebbe». Subito dopo mi pro­pone di «imi­tare gli inglesi, che non par­lano mai di pro­blemi di salute. E’ male­du­cato».
Il ven­ti­cello gon­fia le tende delle immense fine­stre e la stanza diventa simile a una barca a vela. Gli fac­cio i com­pli­menti per il primo tomo della sua auto­bio­gra­fia, Vivere per rac­con­tarla: «È il tuo più bel romanzo». Sor­ride, si sistema gli occhiali con la grossa mon­ta­tura di corno. «Senza un po’ d’immaginazione – dice – è impos­si­bile rico­struire l’incredibile sto­ria d’amore dei miei geni­tori. O i miei ricordi di lat­tante… Non dimen­ti­care che l’immaginazione è chia­ro­veg­gente. Tal­volta è più vera della verità. Guarda Kafka, o Faul­k­ner, o sem­pli­ce­mente Cer­van­tes». In sot­to­fondo, la Sin­fo­nia dal nuovo mondo, di Anto­nín Dvo­rák, crea un’atmosfera dram­ma­tica e gio­iosa al tempo stesso.

Avevo cono­sciuto Gabo verso il 1979. Invi­tato all’Unesco, faceva parte, con Hubert Beuve-Méry, fon­da­tore del Monde diplo­ma­ti­que, di una com­mis­sione pre­sie­duta dal pre­mio Nobel Seán Mac­Bride, inca­ri­cata di redi­gere un rap­porto sullo squi­li­brio Nord-Sud in mate­ria di comu­ni­ca­zione di massa. All’epoca non scri­veva più romanzi: si era impo­sto que­sto divieto fin­ché Augu­sto Pino­chet fosse rima­sto al potere in Cile. Non aveva ancora rice­vuto il pre­mio Nobel per la let­te­ra­tura ma era già famo­sis­simo. Il suc­cesso di Cent’anni di soli­tu­dine (1967) ne aveva fatto lo scrit­tore di lin­gua spa­gnola più cono­sciuto dopo Cer­van­tes. Ricordo di essere stato sor­preso dal suo aspetto minuto, e impres­sio­nato dalla sua gra­vità e serietà. Viveva come un ana­co­reta; lasciava la sua stanza, tra­sfor­mata in stu­diolo, solo per recarsi all’Unesco.

Quanto al gior­na­li­smo, la sua altra grande pas­sione, egli aveva allora pub­bli­cato un repor­tage rico­struendo l’attacco di un com­mando san­di­ni­sta con­tro il palazzo nazio­nale a Mana­gua in Nica­ra­gua, azione che aveva acce­le­rato la caduta del dit­ta­tore Ana­sta­sio Somoza. Rife­riva con tali pro­di­giosi det­ta­gli da dare l’impressione di aver egli stesso par­te­ci­pato all’avvenimento. Volevo sapere come avesse fatto: «Ero a Bogotá (Colom­bia) al momento dell’attacco. Chia­mai il gene­rale Omar Tor­ri­jos, pre­si­dente di Panamá. Il com­mando si era appena rifu­giato nel suo paese e non aveva ancora par­lato con i media. Gli chiesi di dire ai mucha­chos di dif­fi­dare della stampa, per­ché i loro obiet­tivi pote­vano essere stra­volti. Mi rispose: “Vieni! Par­le­ranno solo con te”. Arri­vai là e con i capi del com­mando, Edén Pastora, Dora María e Hugo Tor­res, ci chiu­demmo in una caserma. Rico­struimmo il fatto minuto per minuto, dalla sua pre­pa­ra­zione alla sua con­clu­sione. Durò tutta la notte. Sfi­niti, Pastora e Tor­res a un certo punto si addor­men­ta­rono. Con­ti­nuai con Dora María fino al mat­tino. Tor­nai nell’hotel a scri­vere il repor­tage. Poi glielo por­tai. Cor­res­sero alcuni ter­mini tec­nici, il nome delle armi, la strut­tura dei gruppi…L’articolo fu pub­bli­cato meno di una set­ti­mana dopo l’attacco. Ha fatto cono­scere la causa san­di­ni­sta nel mondo».

Ho poi rivi­sto spesso Gabo a Parigi, all’Avana o in Mes­sico. Ci tro­va­vamo sem­pre in disac­cordo a pro­po­sito di Hugo Chá­vez. Non cre­deva in lui. Invece secondo me il coman­dante vene­zue­lano era l’uomo che ci voleva per far entrare l’America latina in un nuovo ciclo sto­rico. Del resto, le nostre discus­sioni erano sem­pre molto (troppo?) serie: la sorte del mondo, il destino dell’America latina, Cuba… Tut­ta­via, una volta ho riso fino alle lacrime. Tor­navo da Car­ta­gena delle Indie, son­tuosa città colo­niale in Colom­bia; avevo scorto la sua villa a ridosso delle mura e gliene par­lai. Mi chiese: «Sai come ho avuto que­sta casa?». Ovvia­mente no. «Era il mio sogno abi­tare a Car­ta­gena – mi rac­contò – E quando ne ebbi le pos­si­bi­lità, cer­cai là una casa. Ma era sem­pre troppo cara. Un amico avvo­cato mi spiegò: “Pen­sano che tu sia miliar­da­rio e alzano i prezzi. Lascia che sia io a cer­carla per te”. Alcune set­ti­mane dopo trova la casa, una vec­chia tipo­gra­fia per metà in rovina. Parla con il pro­prie­ta­rio, una per­sona cieca, e si tro­vano d’accordo sul prezzo. Il vec­chio ha una richie­sta: vuol cono­scere l’acquirente. Il mio amico torna e mi dice: “Dob­biamo incon­trarlo, ma non devi par­lare. Non appena rico­no­scerà la tua voce, tri­pli­cherà il prezzo… Lui è cieco, tu sarai muto!”. Arriva il giorno dell’incontro. Il cieco si mette a farmi domande. Rispondo con parole incom­pren­si­bili… ma a un certo punto, com­metto l’imprudenza di rispon­dere con un sonoro “sì”. “Ah! – salta su lui – Rico­no­sco la sua voce. Lei è Gabriel Gar­cía Már­quez!” Ecco, mi ha sco­perto… E subito aggiunge: “Dob­biamo rive­dere il prezzo. Le cose cam­biano…”. Il mio amico cerca di nego­ziare. Ma il cieco ripete: “No! Non può comun­que essere lo stesso prezzo. In nes­sun caso…”. “Va bene, quanto allora?”, chie­diamo ras­se­gnati. Riflette un momento e risponde: “Metà prezzo!”. Non capiamo. Allora ci spiega: “Sapete che ho una tipo­gra­fia. Di che cosa cre­dete che abbia vis­suto finora? Delle edi­zioni pirata dei romanzi di Gar­cía Márquez!”»

Sento ancora l’eco di quelle risate men­tre, nel cot­tage dell’Avana, con­ti­nuo la mia con­ser­va­zione con un Gabo invec­chiato, ma dallo spi­rito sem­pre vivace. Mi parla del mio libro di col­lo­qui con Fidel Castro. «Sono molto invi­dioso – dice ridendo – hai avuto la for­tuna di pas­sare più di cento ore con lui…» «E io – gli rispondo – sono impa­ziente di leg­gere la seconda parte delle tue Memo­rie. Par­le­rai dei tuoi incon­tri con Fidel, che cono­sci da molto più tempo di me. Tu e lui siete due giganti del mondo ispa­nico. A fare un con­fronto con la Fran­cia, è un po’ come se Vic­tor Hugo avesse cono­sciuto Napo­leone». Scop­pia a ridere, lisciando le spesse sopracciglia.

28 ultima storie garcia marquez fidel castrot

«Hai troppa imma­gi­na­zione… Ma devo delu­derti: non ci sarà una seconda parte… So che molte per­sone, amici e avver­sari, aspet­tano in un certo senso il mio “ver­detto sto­rico” su Fidel. Ma è assurdo. Su di lui ho già scritto quel che dovevo scri­vere. Fidel è mio amico; lo sarà sem­pre, fino alla tomba».

Il cielo si è oscu­rato e la stanza, pur essendo pieno giorno, adesso si trova in penom­bra. La con­ser­va­zione è ral­len­tata, poi è sce­mata. Gabo sta medi­tando, lo sguardo assente, e io mi chiedo: pos­si­bile che non lasci testi­mo­nianze scritte su tante con­fi­denze con­di­vise con ami­che­vole com­pli­cità con Fidel? Le con­serva forse per una pub­bli­ca­zione postuma, per quando entrambi non saranno più di que­sto mondo?

Fuori, dal cielo scende la piog­gia con la potenza tor­ren­ziale delle bur­ra­sche ai tro­pici. La musica tace. La stanza è per­vasa da un intenso pro­fumo di orchi­dee. All’improvviso Gabo ha assunto l’aria sfi­nita di un vec­chio ghe­pardo colom­biano. Rimane là, zitto e pen­sie­roso, a fis­sare la piog­gia ine­sau­ri­bile, com­pa­gna per­ma­nente di tutte le sue soli­tu­dini. Me ne vado discre­ta­mente.
Senza sapere che l’ho visto per l’ultima volta.

* Diret­tore del Monde diplo­ma­ti­que dal 1990 al 2008
(Tra­du­zione di Mari­nella Cor­reg­gia)
Copy­right Le Monde diplomatique/ilmanifesto


Related Articles

Lo statista nomade della rivoluzione americana

Loading

Dopo la partecipazione alla guerra d’indipendenza, influenzò con le sue opere l’architettura costituzionale degli Stati Uniti Le mille contraddizioni per rimanere fedele a una concezione democratica e egualitaria dei rapporti sociali

La denuncia: basta ordigni nucleari segreti in basi NATO in Italia

Loading

Armi nucleari in Italia. La conferenza dei firmatari si terrà il 2 ottobre a Ghedi, nella cui base militare NATO si trovano decine di testate atomiche

Rifu­giati: gesto di solidarietà tedesca

Loading

Berlino non applica più Dublino II per i siriani e non rimanda chi chiede asilo nel paese di prima accoglienza. La Commissione approva e avverte i 28: troppo pochi 40mila profughi da redistribuire

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment