Eterologa, io la paziente numero 5

Eterologa, io la paziente numero 5

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BOLOGNA. SE SEI la paziente numero 5 in lista d’attesa per la fecondazione eterologa, il tuo turno potrebbe arrivare prestissimo, già a metà settembre. Se sei quella paziente, una delle prime ad aver bussato alla porta di Tecnobios (il centro per la fertilità fondato da Carlo Flamigni) all’indomani della sentenza del 10 aprile che ha “liberato” le donazioni, ti senti già piuttosto fortunata, stai prendendo gli estrogeni per prepararti a ricevere l’ovocita fecondato che un’altra donna accetta di regalarti. Una donna che non conosci, ma che speri sia anche lei fortunata: fino all’ultimo nessuno saprà se davvero ha ovociti in eccesso da donare a un’estranea. Peccato, perché tu hai fretta: quando sei una cinquantenne non ti resta molto tempo: c’è spazio per uno, due tentativi.
Ma prima, prima di questa vigilia ansiosa e felice, c’è stato tempo per le domande e per le paure, per i conti e i fantasmi (che faccia avrà la donatrice? Che studi avrà fatto? Sarebbe una buona madre?). Per sapere che cosa succede davvero quando si decide di far nascere un bambino che avrà il Dna di un’altra.
Ecco il racconto di questo viaggio avventuroso, un viaggio sul quale in molti parlano, straparlano e litigano, ma che solo i pazienti e i loro medici conoscono davvero.
10 aprile .
La Corte Costituzionale dice che non è più vietato ricevere gli spermatozoi o gli ovociti di una terza persona. Possono farlo tutte le coppie eterosessuali. Dopo il primo tg, telefonata al ginecologo: “È vero? Possiamo?”. La risposta è una doccia fredda: “Calma, signora. Non sappiamo ancora nulla, bisogna aspettare”.
10 giugno .
Arrivano le motivazioni della sentenza, anche il ginecologo è più ottimista: “Non c’è vuoto legislativo, in teoria si può fare. Si metta in lista a Bologna, e magari anche a Catania e a Milano. Non abbiamo molto tempo…”. Telefonata a Tecnobios, la persona dall’altra parte è gentile e discreta, ma è la paziente a voler chiarire di che cosa si tratta: “Ho due figli grandi, un nuovo compagno, vorrei tentare con l’eterologa”. L’appuntamento viene fissato in fretta.
25 giugno .
Si parte in treno, due ore da Torino a Bologna cercando di non farsi troppe fantasie. Alle 15 c’è la visita, il momento della verità. Il dottor Luca Borini fa un’anamnesi accurata, vuole essere sicuro che non ci siano problemi di salute, cardiopatie, ipertensione, diabete. Poi arrivano gli avvisi: “Parlo a tutti e due perché se la signora dovesse stare male o se l’eventuale bambino nascesse prematuro le conseguenze ricadrebbero su entrambi. Voglio essere chiaro: con l’eterologa, ricevendo l’ovocita di una donna giovane e fecondandolo con i suoi spermatozoi, le vostre possibilità crescono molto, possono arrivare al 40 per cento. Ma non è sicuro che la gravidanza ci sarà. E se anche ci fosse, non sarà una passeggiata: all’età della signora le possibilità di una gestosi e di un parto prematuro sono quasi una su due, e comunque tutto l’organismo fatica ad adattarsi. Il fatto che abbia già figli è una buona premessa, ma non basta”.
Un parto prematuro, d’accordo, ma quanto? “Non lo sappiamo. Nessuno lo può dire”. Possiamo sapere qualcosa sulla donatrice?
“No. Saremo noi a scegliere tra le pazienti che nello stesso momento si faranno prelevare gli ovociti per tentare un altro tipo di fecondazione. Possiamo solo garantirvi che sarà una donna giovane, non oltre i 35 anni, e che la sceglieremo tra quelle con il gruppo sanguigno compatibile e un aspetto fisico non troppo lontano dal vostro”.
L’ecografia è già fatta, restano una mammografia, un pap test, l’elettrocardiogramma sotto sforzo e gli esami del sangue. “Pensateci, e se decidete per il sì spediteci gli esiti”.
9 luglio .
Gli esami sono buoni, la decisione è presa: sì. Ma restano molte domande, e si decide un secondo colloquio: se nascerà un bambino, siamo obbligati a dirgli che da qualche parte esiste una mamma biologica diversa? E se sì, lui o lei potranno conoscerla? “No. Non serve a nulla, in nessun caso. Noi conserveremo sempre l’anonimato dei donatori. E vi consigliamo di dire la verità al bambino, ma è una decisione che spetta solo a voi”. Gli estrogeni potrebbero essere dannosi? “No, sono solo una piccola parte degli ormoni che la gravidanza porterebbe comunque con sé”.
Quando sapremo se ci sono gli ovociti “giusti” per noi? “Vi preavviseremo qualche giorno prima, visto che abitate in un’altra città. Ma la certezza l’avrete solo all’ultimo, quando la donatrice avrà fatto il pick up e noi potremmo vedere quante uova ci sono e se sono mature. A quel punto restano quattro ore per fecondarle. Se andrà bene, ne avremo a disposizione circa tre, e dopo cinque giorni potremmo ritrovarci con un embrione o due e scegliere il migliore da trasferire alla signora. Di lì in poi, non possiamo fare previsioni, vi seguirà il vostro ginecologo di fiducia”. Il transfer sarà doloroso? “No, niente anestesia, solo un piccolissimo catetere per piazzare le uova fecondate nell’utero”.
Poi, la domanda che quasi dispiace ma non si può non fare: quanto costa? “Per adesso, meno di una fecondazione omologa: circa 2.500 euro per un ciclo, perché i trattamenti sono di meno. Presto speriamo di poter rimborsare le donatrici, potrebbe trattarsi di circa 900 euro per coprire una parte delle spese e le assenze dal lavoro. Ma, credetemi, nessuna donna si metterebbe a farlo per guadagnare”. E se la gravidanza non arriva? “Ci potete riprovare, ma senza andare troppo oltre le soglie di età indicate in quasi tutta Europa come limite ultimo. Se avremo due embrioni, ne conserveremo uno e si potrà tentare quasi subito. Altrimenti, tornerete al fondo della lista. Per questo vi consiglio di iscrivervi in più centri, e magari anche all’estero”. Dove? “Non vogliamo dare questo genere di consigli, ma ci sono Paesi come l’Ucraina e alcuni Stati americani dove l’età non viene considerata un vincolo assoluto, anche se i costi salgono”.
Nel viaggio di ritorno, si scherza: “Vorrei avere davanti quella signora che al telegiornale ha detto che non c’è fretta, che è meglio che i centri stiano fermi in attesa della legge…”. E si mettono le mani avanti anche sul matrimonio che non c’è: “Guarda che se poi ti stufi non puoi dire che il figlio non è tuo, la legge lo vieta”.
27 agosto .
Il centro Tecnobios è ancora chiuso per le vacanze, riaprirà il 1° settembre. Ma il dottor Borini risponde lo stesso al telefono: “Signora, stia tranquilla. È tra le prime, penso che la chiameremo già tra dieci giorni perché possa organizzarsi col suo compagno. Ha cominciato con gli estrogeni? Bene. A presto”.
Adesso sembra vero, quasi dietro l’angolo. E nessuno ha giudicato nessun altro, nessuno ha indagato sul perché una donna cinquantenne vuole diventare madre per la terza volta, su quanto buoni saranno questi possibili candidati-genitori, su che cosa accadrà quando qualcuno potrebbe scambiare il papà con il nonno. “Lo potete sapere solo voi”, ha ripetuto tante volte, con pazienza, Borini. Per poi finire con una battuta che ha fatto ridere tutti: “Sapere chi è la donatrice è inutile. Vi avviso però: nessuna sarà mai bella come la signora, e dite ai nonni di non cercare somiglianze…”.


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