La Bolivia legalizza il lavoro minorile La dura scelta della società diseguale

La Bolivia legalizza il lavoro minorile La dura scelta della società diseguale

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Una modesta proposta per eliminare a monte la disoccupazione giovanile? Legalizzare (e promuovere) il lavoro minorile. La Bolivia l’ha appena fatto, con l’accordo del sindacato dei bambini: nel piccolo Paese sudamericano, su 10 milioni di abitanti, un milione di minorenni lavorano: in miniera, nei campi, per strada. Il Parlamento ha stabilito che a 10 anni i piccoli potranno lavorare sotto la supervisione dei genitori e a condizione che vadano anche a scuola. Aberrante realismo?
Cosa accadrebbe se il mondo facesse come la Bolivia? Che ne sarebbe dei 168 milioni di minori in attività secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (Ilo)? Immodestamente si può immaginare la risposta di Jonathan Swift, che per togliere i piccoli irlandesi poveri dal gobbo dei genitori e della società propose di allevarli come vitellini da carne. Un mondo di baby worker alla luce del sole e della legge sarebbe migliore o peggiore di quello attuale? Quei 168 milioni di piccoli occupati (60% in agricoltura, 25% nei servizi, 7,2 % nell’industria, 7% nei lavori domestici) sarebbero (paradossalmente) più protetti o più disperati? Nell’Africa subsahariana si calcola che la metà dei minorenni sia già sotto padrone. È più scandaloso questo dato di fatto o la legalizzazione boliviana?
Certo è che il settore dell’occupazione minorile non conosce crisi nell’epoca delle «brillanti tecnologie», l’avanzante «Second Machine Age» prefigurata da Brynjolfsson e McAfee nel loro libro sul futuro del lavoro. Le nuove macchine prenderanno sempre di più il posto degli umani. La forbice sociale si aprirà ancora: da una parte la ristretta schiera dei giovani super-colti che le fanno funzionare, dall’altra la massa che sbarcherà il lunario con occupazioni che persino le macchine disdegnano. Se questo scenario è apocalittico, come definire una realtà come quella italiana dove il 40% dei giovani è senza lavoro? Non portare a casa il pane, come ripete il Papa, toglie la dignità. Quella dignità, ai nostri occhi inaccettabile, che celebrano invece i bambini boliviani come Yaguar: «Mi piace lavorare al mercato, imparo le addizioni e con i soldi mi compro i libri». Per imparare non basta la scuola? Chiediamolo ai laureati disoccupati della nostra porta accanto. Se la scuola non offre la via per la dignità, tanto vale prendere la scorciatoia delle Ande: cominciare a industriarsi a 10 anni.
Michele Farina



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