Nomine e Russia, tensioni alla Ue

Nomine e Russia, tensioni alla Ue

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BRUXELLES — Tra candidature tattiche, frenate, prevertici e bilaterali la giornata del Consiglio che apre di fatto l’era Juncker è un’altalena, non solo per l’Italia che nelle parole del premier Matteo Renzi «chiede il rispetto dovuto a un Paese fondatore». Fonti interne Ue non nascondono la delusione per il ridimensionamento delle aspettative in un vertice che doveva incoronare il successore di Cathy Ashton alla guida della diplomazia europea, la più urgente tra le nomine poiché l’Alto rappresentante per la politica estera è anche vicepresidente della Commissione, e che invece ha mostrato un’Unione in affanno, ancora legata a logiche di spartizione delle cariche e prestigio nazionale. Stallo a dispetto delle ambizioni di riforma suggellate dal programma di Jean-Claude Juncker e dalla sua investitura a capo dell’esecutivo, primo passo verso quell’Europa dei cittadini simboleggiata dai nuovi equilibri istituzionali che potenziano il ruolo del Parlamento degli eletti.
La signora in giallo e il grande capo arrivano a Palazzo Justus Lipsius a due minuti di distanza. La Cancelliera tedesca Angela Merkel dà subito la rotta: la discussione si concentra sui «progressi insufficienti in Ucraina, siamo pronti a nuove sanzioni contro la Russia». Juncker tira dritto in un sospiro, «Bonjour». Buongiorno, lunga notte.
L’Italia punta tutto, troppo, su Federica Mogherini Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza. Il prevertice dei socialisti europei fa velo con una doppia candidatura femminile e affianca a Mogherini la premier danese Helle Thorning-Schmidt. Ticket problematico, con l’italiana che inquieta il Centro-Est per le aperture su Mosca e la leader di un Paese fuori dall’eurozona che andrebbe a presiedere il Consiglio dei capi di Stato e di governo chiamato a definire le priorità politiche dell’intera Unione. Perfette per rappresentare all’estero un’Europa moderna e propositiva, provenienti entrambe dalla metà occidentale del continente. A Est, il blocco dei Paesi entrati nella Ue con il grande allargamento del 2004 reclama riconoscimento e poteri effettivi. Ed è con il primo ministro polacco Donald Tusk che la Merkel si mostra in un insolito faccia a faccia a beneficio della stampa nell’assolato pomeriggio di bilaterali che precede il vertice. «Cerchiamo un Alto rappresentante che abbia più esperienza», risponde sul caso Mogherini Elmar Brok, presidente della Commissione Affari esteri dell’Europarlamento e consigliere della Cancelliera. Nomi vecchi e nuovi si rincorrono, dalla bulgara Kristalina Georgieva al polacco Radek Sikorski alla francese di origini italiane Elisabeth Guigou. In serata da ambienti Popolari filtrano voci su un consenso di massima intorno a Enrico Letta alla testa del Consiglio. «Impossibile confermare», ripetono i funzionari Ue, che non escludono la possibilità di «nuove dinamiche nella ricerca di un compromesso sempre più difficile». Tra i nomi in corsa anche l’estone Andrus Ansip e il lettone Valdis Dombrovskis, una partita che incrocia linee di frattura storico-geografiche, alchimie Popolari-Socialisti-Liberali, divergenze sull’interpretazione del Patto di stabilità e crescita, mire sui portafogli della futura Commissione. Pacchetto nomine rinviato al prossimo vertice, convocato per il 30 agosto.
I leader hanno discusso nuovi provvedimenti contro Mosca: blocco di prestiti per tre miliardi di euro, congelamento di asset e di visti individuali. Manovra in sintonia, anche se più circoscritta, con l’inasprimento delle sanzioni annunciato dagli Usa, misure mirate ai settori difesa, finanza ed energia per colpire nodi vitali dell’economia russa come il colosso petrolifero Rosneft e quello bancario Gazprombank. Il presidente russo Vladimir Putin avverte: «Attenti all’effetto boomerang».
Maria Serena Natale



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