Egitto, «un anno di torture e arresti»

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Marce e catene umane in tutto l’Egitto, con piazza Tah­rir chiusa dall’esercito, hanno segnato il primo anni­ver­sa­rio dall’arresto dell’ex pre­si­dente Moham­med Morsi. La sua depo­si­zione diede il via al colpo di stato mili­tare che ha por­tato alla guida del paese, l’ex mini­stro della Difesa Abdel Fat­tah al-Sisi, inco­ro­nato da una farsa elet­to­rale lo scorso mag­gio, boi­cot­tata dalla mag­gio­ranza degli egiziani.

Il golpe ha dato il colpo di gra­zia alle aspi­ra­zioni demo­cra­ti­che di migliaia di atti­vi­sti in Egitto, moti­vati dalle impo­nenti rivolte del 2011. E ha favo­rito il ritorno al potere o il con­so­li­da­mento dei mili­tari in altri paesi del Medio oriente, dalla Siria alla Libia fino all’Iraq.

Abbiamo incon­trato nel suo appar­ta­mento di Zama­lek, isola al cen­tro del Cairo, l’intellettuale di sini­stra e atti­vi­sta Ahdaf Soueif, autrice del capo­la­voro Il Cairo. La mia città la nostra rivo­lu­zione (Don­zelli, 2013). Ahdaf, colum­nist de The Guar­dian, fa parte di una fami­glia di sini­stra: i suoi nipoti Alaa Abdel Fat­tah e Mona Seif sono stati con­dan­nati il primo a 15 anni di reclu­sione per aver vio­lato la legge anti-proteste, la seconda resterà in car­cere, insieme ad altri 23 atti­vi­sti, fino al set­tem­bre pros­simo, per aver par­te­ci­pato ad una mar­cia verso il palazzo pre­si­den­ziale con­tro la stessa legge, la scorsa settimana.

Com’è cam­biato l’Egitto dopo il golpe del 3 luglio 2013?
Nell’ultimo anno ci sono stati 41mila arre­sti, cen­ti­naia di dete­nuti sono stati tor­tu­rati, molti atti­vi­sti ven­gono arre­stati con pro­ce­dure ille­gali, sono state appro­vate norme inco­sti­tu­zio­nali, ingiu­ste; sono cre­sciuti i pri­vi­legi dell’esercito, i mili­tari hanno rice­vuto paga­menti extra, miliardi di con­tratti sono stati con­cessi ad aziende con­trol­late dall’esercito; è cre­sciuto un discorso semi-fascista ed estre­mi­sta, men­tre è stata dif­fusa xeno­fo­bia e sospetto.

Qual è il suo ricordo di Rabaa al-Adaweya?
Il più grande mas­sa­cro (costato la vita a migliaia di isla­mi­sti ndr) della sto­ria egi­ziana. Poli­zia e mili­tari sono andati lì per punire e ter­ro­riz­zare con l’accordo dell’Unione euro­pea e dell’ex vice pre­si­dente Moham­med Bara­dei (che poi si è dimesso ed è ripa­rato all’estero ndr). Da quel momento non penso più agli anni­ver­sari. Ogni giorno ci sono morti e arre­sti, spa­ri­zioni, in par­ti­co­lare il governo è con­tro i giovani.

Com’è la Costi­tu­zione voluta dall’esercito dopo il golpe?
Va riscritta. Una Costi­tu­zione dovrebbe essere un pro­getto di lungo periodo, quella in vigore è stata scritta per suc­chiare il san­gue della rivo­lu­zione. Gli arti­coli sulle libertà non garan­ti­scono alcun diritto, non viene defi­nita la tor­tura secondo i cri­teri inter­na­zio­nali. Si è avviata la mili­ta­riz­za­zione di corti e sindacati.

E i giu­dici sono in prima linea nella repres­sione delle pro­te­ste.
La legge anti-proteste esclude il diritto di con­te­stare senza una logica, è una norma anti-costituzionale. Il sistema giu­di­zia­rio è impli­cato nella repres­sione e lavora per cen­su­rare le con­te­sta­zioni. Eppure c’è un movi­mento di gio­vani giu­dici pronti a lasciare il paese, alcuni di loro vor­reb­bero citare Sisi per cri­mini con­tro l’umanità dopo la strage di Rabaa.

Non solo, ci sono intel­let­tuali, anche comu­ni­sti, che con­ti­nuano a giu­sti­fi­care l’operato dell’esercito.
Alaa al-Aswany è tor­nato indie­tro sui suoi passi e ha ripreso a cri­ti­care l’esercito. Da quel momento gli hanno impe­dito di scri­vere. Sono stata sor­presa quando ho visto poeti, intel­let­tuali e scrit­tori soste­nere l’esercito il giorno del golpe. Odiano gli isla­mi­sti, sono cre­sciuti in un sistema auto­ri­ta­rio e cre­dono nelle gerar­chie, nella reto­rica del nuovo Nasser.

È di ieri la noti­zia che in Egitto, nei primi sei mesi del 2014, ci sono stati oltre 1600 tra scio­peri e pro­te­ste dei lavo­ra­tori. Non crede sia ora di for­mare un forte movi­mento poli­tico di sini­stra?
Certo, chie­diamo giu­sti­zia sociale e diritti umani. Abbiamo creato un comi­tato di coor­di­na­mento a cui pren­dono parte anche ong. Il nostro primo scopo è l’organizzazione per supe­rare la fram­men­ta­zione della sini­stra egi­ziana. I primi fir­ma­tari del nostro mani­fe­sto sono 150 e inclu­dono l’avvocato per i diritti umani Kha­led Ali, i socia­li­sti rivo­lu­zio­nari e il movi­mento 6 aprile. Siamo con­tro Sisi ma soster­remo can­di­dati indi­pen­denti alle par­la­men­tari. E non chia­miamo tra­di­tore chi ha scelto di votare per Ham­din Sab­bahi (rivale di Sisi che ha otte­nuto il 3% alle pre­si­den­ziali, ndr). Siamo anti-capitalisti e per la ridi­stri­bu­zione della ricchezza.

A che punto è l’accordo tra poli­zia e mili­tari per repri­mere le con­te­sta­zioni?
Nell’anno e mezzo in cui la giunta mili­tare era al potere, dal feb­braio 2011 al giu­gno 2012, ha sco­perto quanto la sua popo­la­rità si fosse erosa. E così ha mobi­li­tato la poli­zia spin­gen­dola nello scon­tro con le per­sone in piazza. Da quel momento il dipar­ti­mento morale dell’esercito ha lavo­rato sui sol­dati: ora poli­zia e mili­tari sono abi­tuati a vedere nei con­te­sta­tori dei tra­di­tori, pagati dall’estero, e per que­sto a ucciderli.


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