Bio e sociale, l’agricoltura 3.0

Bio e sociale, l’agricoltura 3.0

Loading

Yous­souf di notte va a sca­ri­care i camion di rifor­ni­mento dei McDonald’s di Roma, ma ogni mat­tina si pre­senta pun­tuale alla fat­to­ria del Casale di Mar­ti­gnano, sulle rive dell’omonimo lago che dista una tren­tina di chi­lo­me­tri dalla capi­tale, per­ché lì ci sono «i fra­telli» che lo atten­dono per impa­rare a fare lo yogurt bio­lo­gico. Lui è «for­tu­nato», un lavo­retto comun­que lo ha tro­vato e per­ciò dovrà uscire dal pro­getto di micro-reddito della coo­pe­ra­tiva sociale fon­data all’inizio dell’anno, ma altri pro­fu­ghi come lui atten­dono di essere inse­riti, nella spe­ranza che da quella espe­rienza si aprano nuove oppor­tu­nità di vita. Ven­gono dalla Gui­nea, dal Sena­gal, dal Mali, ragazzi poco più che ven­tenni arri­vati con i bar­coni, sbar­cati a Lam­pe­dusa o sulle coste sici­liane, alcuni di loro hanno vis­suto nel ghetto di Rosarno all’epoca della rivolta dei brac­cianti afri­cani, nel gen­naio 2010, e quando infine si sono libe­rati dalle mani dei capo­rali e sono diven­tati soci della coo­pe­ra­tiva non pote­vano tro­vare nome migliore per que­sta loro prima impresa che «Bari­kamà» — «Resistente».

Ma accanto a Sule­man, Yous­souf e agli altri richie­denti asilo che pro­du­cono yogurt bio­lo­gico, nei 140 ettari della fat­to­ria sociale del Casale di pro­prietà della fami­glia Fer­razza lavo­rano anche altri gio­vani a rischio di mar­gi­na­liz­za­zione. Mino­renni sulla via del drop out, usciti dal cir­cuito sco­la­stico e mai entrati in un per­corso di for­ma­zione o di lavoro, ragazzi che vivono la strada senza devianze o pro­blemi psico-fisici con­cla­mati e che per­ciò non avreb­bero alcun requi­sito per poter essere presi in carico dai ser­vizi sociali. O per­sone di qua­lun­que età con han­di­cap psi­chici o «con diverse abi­lità men­tali», come li descrive Aure­lio Fer­razza che insieme a un fra­tello e a una sorella affetta dalla sin­drome di down ha deciso di «dare un senso più ampio, anche per lei, a que­sta azienda agri­cola che esi­ste dal 1956 e dal 1999 è anche agri­tu­ri­smo». Tra i campi, fin quasi sulla riva del lago, «pasco­lano 600 pecore e 150 ani­mali; qui ogni anno ven­gono lavo­rati 200 quin­tali di latte e macel­lati 150 quin­tali di carne, con un giro d’affari di circa 700 mila euro». È una delle più grandi aziende che pra­tica l’agricoltura sociale nel Lazio, anche se sul sito dell’agriturismo di que­sta scelta non c’è traccia.

PIÙ RELA­ZIONI, PIÙ GUADAGNI

«Non mi inte­ressa pub­bli­ciz­zare il pro­dotto “sociale” ma solo quello bio­lo­gico e arti­gia­nale — spiega Fer­razza — voglio che i clienti diretti e quelli degli oltre 30 gruppi di acqui­sto che rifor­niamo set­ti­ma­nal­mente siano sod­di­sfatti solo della qua­lità». E infatti, spiega ancora il pro­prie­ta­rio, «un bene­fi­cio diretto eco­no­mico non c’è, per­ché per l’agricoltura sociale non esi­ste nes­sun sus­si­dio, ma da quando ci sono que­sti ragazzi il rischio di stan­dar­diz­za­zione del pro­dotto si è azze­rato per­ché la tra­smis­sione dei saperi e la cura del benes­sere delle per­sone che lavo­rano ha reso il pro­cesso arti­gia­nale molto più accu­rato. Con un con­se­guente gua­da­gno pure eco­no­mico».
A porsi il pro­blema dal punto di vista eco­no­mico è stata anche la com­mis­sione Agri­col­tura della Camera che a fine giu­gno ha messo a punto il testo di legge che per la prima volta norma l’agricoltura sociale (As). Nella rela­zione con­clu­siva si legge: «Per le isti­tu­zioni pub­bli­che, favo­rire lo svi­luppo dell’agricoltura sociale rap­pre­senta un inte­resse non solo etico, ma anche eco­no­mico. Infatti, in ter­mini eco­no­mici, inve­stire nelle fat­to­rie sociali è motivo di otti­miz­za­zione dei costi, per­ché con­sente alle per­sone, attra­verso il lavoro, di pas­sare dalla con­di­zione di sog­getto assi­stito a quella di sog­getto attivo della società, dall’essere un costo all’essere una risorsa. Al con­tempo le pra­ti­che di As offrono un rile­vante con­tri­buto allo svi­luppo del ter­ri­to­rio e delle comu­nità rurali, in quanto creano nuove oppor­tu­nità di red­dito e di occu­pa­zione, offrono con­crete pro­spet­tive di inclu­sione sociale per sog­getti vul­ne­ra­bili, gene­rano ser­vizi per il benes­sere delle per­sone e delle comu­nità, miglio­rano la qua­lità della vita nelle aree rurali e periur­bane, creano beni “rela­zio­nali”». Insomma, l’As «appare una pra­tica di buona eco­no­mia e di nuova cre­scita, che nell’attuale fase può costi­tuire una pic­cola rivo­lu­zione coper­ni­cana». L’economista agra­rio Save­rio Senni, docente all’Università della Tuscia, pone un que­sito: «Pos­sono i mer­cati, così tesi, e in modo sem­pre più spre­giu­di­cato, verso logi­che di com­pe­ti­ti­vità, essere luogo di incon­tro, di rela­zioni empa­ti­che tra gli indi­vi­dui, di reci­pro­cità e di respon­sa­bi­lità degli uni per gli altri?». L’As offre una rispo­sta. Affer­ma­tiva. Tanto che il feno­meno è emer­gente in tutta Europa: in Olanda, dove il set­tore si è svi­lup­pato già dagli anni ’90, c’è stato il boom delle care-farms dove si offrono ser­vizi di tera­pia e ria­bi­li­ta­tivi, in Gran Bre­ta­gna sono nume­rosi i giar­dini tera­peu­tici, in Fran­cia l’attenzione sale e in Ger­ma­nia l’As è pra­ti­cata soprat­tutto nell’ambito delle strut­ture isti­tu­zio­nali, pub­bli­che e pri­vate. Ma anche in Ita­lia sono già più di mille le aziende censite.

LA NATURA PER EDU­CARE E RIABILITARE

«Il lavoro nei campi o con gli ani­mali offre mille spunti tera­peu­tici e per un per­corso di cre­scita», rac­conta Andrea Zam­petti, docente di Scienza dell’educazione dell’Università Pon­ti­fi­cia Sale­siana che segue i ragazzi del Casale di Mar­ti­gnano e da anni usa l’As con per­sone con disa­bi­lità psi­chi­che, con tos­si­co­di­pen­denti o con minori a rischio drop out. «Per­ché sono qui? Beh, prima non facevo nulla, pas­savo le gior­nate in strada e i miei geni­tori mi hanno man­dato al Don Bosco, una comu­nità pri­vata del mio quar­tiere, il Pre­ne­stino — rac­conta timi­da­mente Leo­nardo, 18 anni appena, men­tre spinge una car­riola — Da lì, gli edu­ca­tori mi hanno pro­po­sto di venire a lavo­rare in que­sta azienda. Mi piace, sto bene, ho impa­rato tante cose». Leo­nardo, Sule­man, Yous­souf e gli altri lavo­rano fianco a fianco, nei campi, con gli ani­mali e nella pro­du­zione dei for­maggi, degli insac­cati, delle mar­mel­late o dello yogurt. «Sve­gliarsi ogni mat­tina, sce­gliere gli abiti per lavo­rare, o quelli migliori quando hai le riu­nioni o devi incon­trare altre per­sone, è un primo passo per ritro­vare la dignità, per eman­ci­parsi ed entrare in rela­zioni costrut­tive. L’As non neces­sa­ria­mente fun­ziona per un per­corso lavo­ra­tivo ma come per­corso tera­peu­tico invece è di altis­sima effi­ca­cia», spiega Zam­petti. Ma atten­zione, avverte, «l’agricoltura sociale è uno stru­mento che va usato al momento giu­sto e nel posto giu­sto». Zam­petti lo ha detto anche in audi­zione alla Com­mis­sione Agri­col­tura della Camera: «Non va bene per qual­siasi per­sona e non basta un pezzo di terra per fare As. Ed è uno stru­mento che va usato con com­pe­tenza, dun­que le risorse umane sono fon­da­men­tali». E biso­gna stare attenti: «Ci sono aziende che usano l’As per lavare la loro imma­gine, per coprire irre­go­la­rità o pro­du­zioni poco tra­spa­renti». Un pro­getto sociale può ripu­lire la “coscienza” dopo un pigno­ra­mento per moro­sità, per esem­pio, o per coprire ille­ga­lità nei con­tratti di lavoro.

UNA LEGGE SOCIAL-GREEN

Il testo di legge varato a fine giu­gno dalla Com­mis­sione Agri­col­tura della Camera, rece­pendo il rego­la­mento Cee 800 del 2008, con la fina­lità di pro­muo­vere l’As, si com­pone di sette arti­coli che defi­ni­scono la pra­tica, le atti­vità sociali e i per­corsi tera­peu­tici che vi rien­trano, e i «bene­fi­ciari». «È impor­tante avere una nor­ma­tiva nazio­nale — spiega il depu­tato di Sel, Franco Bordo, mem­bro della Com­mis­sione — per­ché così si dà la pos­si­bi­lità di acce­dere ai finan­zia­menti euro­pei che la nuova Pac (Poli­tica agri­cola comu­ni­ta­ria, ndr) mette a dispo­si­zione delle aziende che pra­ti­cano agri­col­tura sociale nei sei anni 2014–2020». Rac­conta Bordo che «il M5S ha pre­sen­tato alcuni emen­da­menti per ten­tare di con­te­nere l’applicazione di que­sta legge seguendo un po’ troppo, secondo me, le istanze degli impren­di­tori agri­coli pre­oc­cu­pati della con­cor­renza delle aziende di As». È una legge che però non fissa troppe regole, spiega il depu­tato di Sel, «lasciando ai ter­ri­tori e alle regioni di com­ple­tare l’opera, a seconda delle pro­prie pecu­lia­rità». Magari in un’area di cam­pa­gna dove non ci sono asili, «si può pen­sare a un pro­getto di sog­giorno per bam­bini», oppure «si può fina­liz­zare l’attività sociale all’educazione ambien­tale, ali­men­tare o alla sal­va­guar­dia della bio­di­ver­sità». «Abbiamo allar­gato un po’ l’idea ini­ziale – con­clude Bordo descri­vendo un pas­sag­gio che sem­bra andare nella dire­zione oppo­sta a quella auspi­cata da Zam­petti – per­ché già il mondo dell’As in Ita­lia è più vasto e ricco di quanto noi, in Par­la­mento, ci aspettavamo».



Related Articles

Rom, il Naga: “Condizioni di vita sotto il livello della decenza”

Loading

Il giudizio del presidente Piero Massarotto, che con il camper dei medici volontari ha visitato dal 2010 al dicembre 2011, 1.142 persone in 13 baraccopoli a Milano

Pechino svaluta, Borse giù con Milano a -2,7%. Petrolio a picco

Loading

Lo yuan ai minimi dal 2011 destabilizza il mercato dei cambi, dubbi della Fed sulla forza della ripresa Usa Banca mondiale: “Crescita più fragile”

Un testimone ha visto spostare il cassonetto

Loading

Il procuratore: il killer voleva la strage. L’ipotesi estrema di un gesto alla Breivik

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment