“Non controllate i telefonini sono una parte del corpo” Privacy, sentenza storica negli Usa

“Non controllate i telefonini sono una parte del corpo” Privacy, sentenza storica negli Usa

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NEW YORK . «Un marziano sbarcato sulla terra potrebbe pensare che il telefonino è un pezzo importante dell’anatomia umana ». Non è una battuta, è il dispositivo di una storica sentenza della Corte suprema. Che fa giurisprudenza sulla privacy degli americani. Stop alle perquisizioni dei telefonini, anche in caso di arresto. La polizia deve comunque richiedere un mandato giudiziario ad hoc, prima di andare a guardare lì dentro. Proprio perché il telefonino è ormai parte di noi, un tesoro di informazioni confidenziali, personali e riservate. L’immagine del marziano la usa il chief justice, il presidente dei giudici costituzionali, John Roberts. Repubblicano e conservatore, potrebbe schierarsi dalla parte delle forze dell’ordine.
Invece no, la sentenza della Corte è unanime e Roberts la spiega così: «Perfino la parola telefonino ormai è inadeguata, fuorviante. Li potremmo chiamare videocamere, videoregistratori, agendine personali, calendari, librerie, diari, album, televisioni, mappe, giornali».
Nella giustificazione scritta della sentenza, il numero uno dei giudici costituzionali aggiunge: «Ormai il 90% degli americani ne possiede, contengono una trascrizione digitale di ogni aspetto delle loro vite, dai più banali ai più intimi, sono una parte pervasiva e onnipresente della vita quotidiana». Una prolunga del nostro corpo, appunto. E come tali vanno tutelate dalle violazioni, anche durante un fermo di polizia. Fino a questo pronunciamento della Corte suprema, la routine dei poliziotti era diversa. I tribunali di ordine inferiori
erano soliti giustificare ex post le perquisizioni dei cellulari, accettando per buona la tesi dei poliziotti: ispezionare il telefonino dell’arrestato può servire a prevenire un delitto in fieri, a proteggere la stessa sicurezza degli agenti, o a impedire la distruzione di una prova di reato. Roberts ammette che questa sentenza complicherà il lavoro dei poliziotti. «I cellulari sono diventati uno strumento importante di coordinamento e comunicazione tra membri del crimine organizzato, possono fornire informazioni preziose per incriminare pericolosi delinquenti ». E tuttavia, conclude, «la privacy ha un costo».
Sarebbe troppo alto il prezzo da pagare per la maggioranza dei cittadini, in termini di perdita della riservatezza. Il Dipartimento di Giustizia, che si era schierato a favore delle forze di polizia, aveva tentato di dimostrare che frugare dentro la memoria di un telefonino «non è diverso dall’ispezionare le tasche
dell’arrestato, il suo portafoglio, la sua borsa, il libretto degli indirizzi ». Tesi sconfitta. Dalla parte dei difensori della privacy, che hanno sostenuto l’illegittimità delle ispezioni dei telefonini senza uno specifico mandato, figurava anche il New York Times . L’ufficio legale del quotidiano aveva deposto un’opinione davanti alla Corte suprema. Secondo il New York Times e altri media la confisca del cellulare viola il diritto di cronaca. La scesa in campo dei giornali è stata motivata dai numerosi arresti di cronisti durante le manifestazioni di Occupy Wall Street nel 2011


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