Nel codice degli appalti spunta una norma per legalizzare le lobby

Nel codice degli appalti spunta una norma per legalizzare le lobby

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ROMA — Norme per ridurre le stazioni appaltanti, revisione del sistema di qualificazione di impresa, più trasparenza sui subappalti. Ma, a sorpresa, anche la legalizzazione delle lobby. Eccola la bozza del nuovo codice degli appalti, annunciato dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi come una delle contromisure che il governo intende adottare per evitare altri scandali Mose, la tangentopoli dell’impianto contro l’acqua alta a Venezia.
Liquidato dal premier Matteo Renzi il sindaco Giorgio Orsoni («È uno di noi? Ha sbagliato? Bene, a casa. E che serva da esempio anche agli altri» ha detto ieri il leader pd), ora si punta a varare in fretta misure che facciano archiviare questa vicenda. Ma con quali esiti? Dipenderà da cosa verrà inserito nei provvedimenti.
La revisione del codice degli appalti è uno dei punti chiave. La bozza è già pronta. In questa settimana verrà presentata ai gruppi parlamentari, alle parti sociali, all’Ance e a Confindustria, per le ultime limature. Per poter poi approdare al Consiglio dei ministri entro luglio. E Riccardo Nencini, viceministro delle Infrastrutture e segretario nazionale del Psi, che ha avuto la delega a riguardo ancor prima che esplodessero i casi Mose ed Expo, e ci lavora da Aprile, ci anticipa i punti salienti. A partire da una norma destinata a far discutere: la regolarizzazione delle lobby. Spiega Nencini: «Faremo in modo che i gruppi di pressione vengano alla luce del sole». Come? «Chiunque ricopra un ruolo istituzionale, se riceve un lobbista, dovrà annotare su un registro apposito tutto su quell’incontro: chi era, chi rappresentava e cosa chiedeva la persona ricevuta. Attualmente non c’è nessuna legge che regola questa attività, se si esclude quella della Toscana del 2001. Si tratta di mettere sulla stessa linea di partenza le aziende. Almeno dal punto di vista dell’informazione, ed evitare che chi è più vicino al governo possa trarne vantaggio». Ai dubbi se sia il caso di rendere la vita più facile alle lobby, il viceministro risponde così: «Lo fanno già ed è ipocrita non tenerlo presente. Gli Usa hanno deciso di renderli trasparenti».
Nel testo della bozza, oltre allo stop alle deroghe, e la revisione del sistema di qualificazione delle imprese, anche il débat public : il coinvolgimento dei cittadini sulle Grandi opere con campagne informative sul territorio. Esclusa la possibilità di dire «no»: «Il decisore alla fine resta lo stesso. Ma se ci fosse stata sui lavori Tav, non avremmo evitato i black-block, però la popolazione sarebbe stata informata in tempo utile sui pro e i contro per valutare da sola l’impatto», chiarisce il viceministro. Ci sarà anche una riduzione delle 36 mila stazioni appaltanti per il milione di appalti banditi ogni anno.
Ma non è tutto. Si punterà alla prevenzione dello sperpero con due diligence . A partire dal Mose. «Leggiamo di costi per sovrafatturazioni. Ma il ministero deve ancora erogare fondi. Bisogna capire se sono congrui, alla luce di quanto emerge, o se possono essere tagliati — conclude Nencini —. Io lo farei».
Virginia Piccolillo



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