Rapporto Flai Cgil. Agromafie, ci pensa il caporale

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Bal­jit Singh è indiano: ha lavo­rato diversi anni in un’azienda di Pon­ti­nia (Latina), come mun­gi­tore. I padroni ita­liani erano pronti a lasciarlo morire, pur di non venire allo sco­perto: «Un giorno mi hanno chie­sto di pulire un fri­go­ri­fero, con acido misto a can­deg­gina. I fumi mi hanno stor­dito, e loro si sono rifiu­tati di por­tarmi all’ospedale per­ché ero irre­go­lare. Sarei morto se non mi avesse accom­pa­gnato un mio col­lega: loro poi mi hanno rag­giunto al pronto soc­corso, impo­nen­domi di tacere. Poi sono andato alla Cgil, e li abbiamo denunciati».

Il secondo Rap­porto su Agro­ma­fie e Capo­ra­lato della Flai Cgil è pieno zeppo di sto­rie di que­sto tipo: pre­pa­rato dall’Osservatorio Pla­cido Riz­zotto (non a caso dedi­cato a un sin­da­ca­li­sta morto per difen­dere i lavo­ra­tori del Meri­dione), mette insieme cifre e dati di un’economia mal­sana – quella ita­liana, in gran parte som­mersa – e offre un’interessante map­pa­tura di tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale. Basan­dosi sulle denunce al sin­da­cato, i rap­porti isti­tu­zio­nali e le atti­vità delle forze dell’ordine, offre un qua­dro ragio­nato delle atti­vità della cri­mi­na­lità orga­niz­zata in campo agroin­du­striale e ali­men­tare. Con una par­ti­co­lare atten­zione allo sfrut­ta­mento del lavoro.

Il primo dato che salta all’occhio, come nota Ste­fa­nia Crogi, segre­ta­ria della Flai Cgil, è il numero delle per­sone denun­ciate per il reato di «capo­ra­lato»: «Sono ben 355 dal 2011, cioè da quando è stata appro­vata la legge che noi abbiamo sol­le­ci­tato. Una con­qui­sta impor­tante: ma adesso ci resta da com­ple­tare l’opera. Vor­remmo che si appli­casse la diret­tiva Ue 52/2009, che dispone di indi­vi­duare e punire anche l’“utilizzatore finale” dei lavo­ra­tori inter­me­diati dal capo­rale, ovvero l’impresa. E poi si dovrebbe per­met­tere ai lavo­ra­tori che denun­ciano di otte­nere un per­messo di sog­giorno: a causa della Bossi-Fini, se sono irre­go­lari rischiano di essere man­dati in un Cie e poi espulsi. Un para­dosso: in que­sto modo chi denun­cerà mai?».

Il capo­ra­lato in agri­col­tura, secondo le stime del Rap­porto Cgil, costa allo Stato un’evasione con­tri­bu­tiva non infe­riore ai 600 milioni di euro annui. Sono almeno 400 mila, l’80% dei quali stra­nieri, i poten­ziali lavo­ra­tori in agri­col­tura che rischiano di con­fron­tarsi ogni giorno con il capo­ra­lato. Men­tre sono sicu­ra­mente 100 mila quelli che vivono una grave con­di­zione di sfrut­ta­mento lavo­ra­tivo, oltre al grave disa­gio abi­ta­tivo e igienico-sanitario.

Chi si affida a un capo­rale non solo viene sfrut­tato nei campi: da Nord a Sud, il dos­sier sfata il falso mito secondo cui il para-schiavismo si con­cen­tre­rebbe solo nel Meri­dione. Il Pie­monte ad esem­pio è molto col­pito, come anche la Lom­bar­dia, il Veneto e l’Emilia, spesso nelle coop della logi­stica o nelle aziende di con­fe­zio­na­mento. Ma poi viene spesso «accolto» in luo­ghi fati­scenti e spor­chi, senza acqua pota­bile e ser­vizi igie­nici, e lì deve vivere: magari non per­ché for­zato, ma anche solo per il sem­plice fatto che all’alba il capo­rale viene lì, e non altrove, a prenderti.

Dati da bri­vido: il 62% dei lavo­ra­tori impe­gnati nelle rac­colte non ha accesso ai ser­vizi igie­nici; il 64% non ha accesso all’acqua cor­rente; il 72% di quelli che si sono sot­to­po­sti a visita medica, ha svi­lup­pato malat­tie legate al lavoro.

E come ven­gono retri­buiti? Natu­ral­mente in nero, con ampi mar­gini di rispar­mio per le imprese rispetto al lavoro rego­lare: tra i 25 e i 30 euro al giorno, per una media di 10–12 ore di lavoro. Ma mica pos­sono tener­seli tutti. C’è la «tassa» per i capo­rali, spesso vicina al 50% del già magro sala­rio: 5 euro per il tra­sporto, 3,5 euro per il panino, 1,5 euro per la bot­ti­glietta d’acqua.

«I capo­rali for­ni­scono due cose fon­da­men­tali per i lavo­ra­tori – dice Enrico Pugliese, socio­logo del Lavoro – La prima è il tra­sporto, o ad esem­pio l’acqua: a peso d’oro, tanti campi non hanno nean­che una fon­ta­nella. La seconda è l’informazione: solo io so dove c’è lavoro oggi, altri­menti resti a casa. Se il pub­blico for­nisse mezzi per andare nei campi, come è stato spe­ri­men­tato a Cosenza, o un col­lo­ca­mento effi­cace, que­sta piaga sarebbe già eli­mi­nata senza biso­gno di pun­tare solo su con­trolli e repres­sione, che pure ci vogliono».

Tra le richie­ste della Cgil al governo Renzi, infatti, come spiega Roberto Iovino, che per la Flai ha curato il Rap­porto su Agro­ma­fie e Capo­ra­lato, c’è quella di creare «un col­lo­ca­mento tra­spa­rente e legale in rete per la domanda e l’offerta».



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