Fast food workers protesta mondiale in 33 paesi

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Una pro­te­sta glo­bale, mon­diale, dei lavo­ra­tori sim­boli delle odierne società, ovvero i lavo­ra­tori delle catene dei fast food. Si tratta — secondo gli orga­niz­za­tori — della più grande pro­te­sta con­tro l’industria ali­men­tare della sto­ria; 33 paesi, dagli Usa all’Argentina, dall’Italia alle Filip­pine, dal Bra­sile al Marocco, dal Giap­pone al Malawi. I pro­ta­go­ni­sti sono i fast food wor­kers, sot­to­messi alla con­tem­po­ra­nea catena di mon­tag­gio, carat­te­riz­zata dai ritmi ver­ti­gi­nosi, con poche pause, pochi diritti e sti­pendi da fame.

Eppure le aziende che sfrut­tano i lavo­ra­tori fanno i miliardi. I panini, gli ham­bur­ger, gli snack, vanno a ruba, hanno disin­te­grato eco­no­mie ali­men­tari locali, spe­cie nei paesi in cui i fast food sono una recente sco­perta per­messa dalla glo­ba­liz­za­zione. E più di tutto fanno lauti pro­fitti per­ché i lavo­ra­tori sono mal pagati e quel che è peg­gio ricat­tati da rego­la­menti interni che non pre­ve­dono orga­niz­za­zioni sin­da­cali e pos­si­bi­lità di riven­di­ca­zioni. Negli Stati uniti le avvi­sa­glie erano in atto da tempo; e oggi è giunto il momento mon­diale, al ter­mine di un per­corso orga­niz­za­tivo che ha saputo con­so­li­dare tutti i lavo­ra­tori con poche e sem­plici parole d’ordine.

Ci sarà anche l’Italia: «Nel nostro paese, le con­di­zioni di lavoro all’interno dei fast food non sono buone e non esi­ste con­trat­ta­zione inte­gra­tiva», ha affer­mato Cri­stian Sesena, che per la Fil­cams Cgil nazio­nale ha par­te­ci­pato all’incontro orga­niz­za­tivo di New York e orga­niz­zato dallo Iuf, l’International Union of Food, Agri­cul­tu­ral, Hotel, Restau­rant, Cate­ring, Tobacco and Allied Wor­kers’ Asso­cia­tio­nism. «Già da un paio di anni, in con­trap­po­si­zione a quanto pub­bli­ciz­zato da molti famosi mar­chi inter­na­zio­nali, come Fil­cams abbiamo avviato un per­corso per cer­care di met­tere in risalto la reale situa­zione dei lavo­ra­tori, per la mag­gior parte gio­vani, a part time obbli­ga­to­rio, con una paga minima ora­ria infe­riore agli 8 euro lordi», spiega, men­tre «negli Usa si com­batte per otte­nere una paga ora­ria di 15 dol­lari» (da cui l’hashtag #fightfor15 ndr).

Uno dei prin­ci­pali obiet­tivi della pro­te­sta, sia per le richie­ste di aumenti sala­riali, sia per il diritto di for­mare sin­da­cati, è senza dub­bio la McDo­nalds, par­ti­co­lar­mente pre­oc­cu­pata dall’azione mon­diale, tanto da man­dare una let­tera ai pro­pri dipen­denti e inter­cet­tata alcuni giorni fa dal Wall Street Jour­nal, nella quale si chie­deva di moni­to­rare quanto acca­drà oggi. «Le per­sone ora si orga­niz­zano, è tempo di cam­biare» ha rac­con­tato all’Afp Eli­za­beth Rene, lavo­ra­trice di 24 anni di un McDonald.

Oggi par­te­ci­perà al suo terzo scio­pero in due anni. «Stiamo affron­tando le stesse sfide, ci tro­viamo di fronte gli stessi pro­blemi, le stesse lotte. Con­ti­nue­remo fino a rag­giun­gere il nostro obiet­tivo», ha dichia­rato l’italiano Mas­simo Fra­tini, coor­di­na­tore per lo Iuf, che rap­pre­senta 396 sin­da­cati e 12 milioni di lavo­ra­tori per un totale di 126 paesi.



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