Cuba, ecco le riforme contro l’isolamento

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L’Unione euro­pea ha for­mal­mente avviato alla fine di aprile trat­ta­tive con il governo di Cuba, per giun­gere a un Accordo di dia­logo poli­tico e di coo­pe­ra­zione. Nella prima riu­nione, svol­tasi all’Avana, il capo nego­zia­tore del Ser­vi­zio esteri della Ue, Chri­stian Lef­fler e il vice­mi­ni­stro degli Esteri cubano Abe­lardo Moreno hanno defi­nito «posi­tiva e costrut­tiva» la linea adot­tata.
Ovvero discu­tere di tutti i temi in que­stione (poli­tici, eco­no­mici com­mer­ciali e diritti umani) «senza porre pre­con­di­zioni» e con l’obiettivo di giun­gere a un nuovo trat­tato bila­te­rale con l’isola che superi la cosi­detta «Posi­zione comune», decisa dall’Unione nel 1996 e che subor­di­nava le rela­zioni bila­te­rali con l’Avana alle acc­cuse che la destra euro­pea rivol­geva al governo cubano riguardo al rispetto dei diritti umani.
Le cri­ti­che si rife­ri­vano prin­ci­pal­mente allo stato della libertà di espres­sione e asso­cia­zione, igno­rando altri aspetti dei diritti umani – scuola e sanità gra­tuite, ad esem­pio — per i quali Cuba era ben più avanti di altri paesi part­ner dell’Ue.

Com’era acca­duto – e con­ti­nua a veri­fi­carsi– per il cin­quan­ten­nale embargo uni­la­te­rale impo­sto dagli Stati Uniti, anche la «Posi­zione comune» non è ser­vita a muo­vere di un solo mil­li­me­tro il governo di Cuba dalle pro­prie posi­zioni. E se nell’isola da anni sono in corso riforme del modello socio– eco­no­mico (socia­li­sta) che vanno nella dire­zione di un’economia mista– lega­liz­za­zione del lavoro pri­vato, varo di una nuova legge sugli inve­sti­menti esteri che garan­ti­sce nuovi pos­si­bi­lità per il capi­tale stra­niero– e aprono spazi alla società civile – libertà di com­prare e ven­dere case e auto, diritto di poter viag­giare, mora­to­ria alla pena di morte, innanzi tutto– tutto que­sto è stato per scelta e deci­sione auto­noma del governo cubano sotto la pre­si­denza di Raúl Castro.
Non solo, anche l’isolamento che Cuba ai tempi della «Posi­zione comune» (1996) doveva subire a livello del sub­con­ti­nente lati­noa­me­ri­cano, ispirato,se non impo­sto, dagli Stati uniti è ormai acqua pas­sata. Il recente ver­tice dell’Avana della Comu­nità degli Stati lati­noa­me­ri­cani e dei Caraibi (Celac) ha dimo­strato che la situa­zione è radi­ca­le­mente cam­biata: ospiti del più gio­vane dei Castro erano più di trenta tra capi di Stato e di governo della regione. Inol­tre, due grandi paesi lati­noa­me­ri­cani, Bra­sile e Mes­sico, hanno assunto un ruolo quasi da fra­tello mag­giore che fa la guar­dia per garan­tire un ambiente non con­flit­tuale attorno a Cuba – in rife­ri­mento alla que­stione dei diritti umani– oltre che a inve­stire nello svi­luppo dell’isola. Posi­zione non con­di­visa da altri stati lati­noa­me­ri­cani, ma di fatto accet­tata per­ché oggi a tutti serve diporre di uno spa­zio (la Celac) in cui poter, in mag­gior o minor grado e secondo il momento, mar­care una distanza dagli Stati Uniti.

La linea di trat­tare con il governo di Raúl Castro per giun­gere a nuove aper­ture sociali e, un domani, anche poli­ti­che è soste­nuta anche dalla Chiesa cat­to­lica cubana. «A Cuba non vi sarà una pri­ma­nera araba, ma una tran­zione alla cubana cen­trata sul dia­logo con il governo», hanno ripe­tuto il mese scorso a Madrid Roberto Veiga e Lenier Gon­zá­lez, diret­tore e vice­di­ret­tore di Espa­cio lai­cal, rivi­sta che ospita inter­venti non solo di intel­let­tauli cat­to­lici, ma anche di ele­menti di spicco del par­tito comu­ni­sta, oltre che con­tri­buti di cubano-americani.

Lef­fler, ha messo in chiaro che l’Unione ha preso atto di que­sti cam­bia­menti ed è dispo­sta «ad accom­pa­gnare le riforme» cubane mediante trat­ta­tive a tutto campo che favo­ri­scano, appunto, nuove aper­ture economico-sociali nell’isola. Il nego­zia­tore dell’Ue ha messo in risalto come un accordo di coo­pe­ra­zione e dia­logo poli­tico con l’Unione va nel senso delle prio­rità della poli­tica estera cubana, in cerca di una mag­giore auto­no­mia attra­verso la diver­si­fi­ca­zione dei pro­pri part­ner (com­mer­ciali). Ma anche per gli impre­sari euro­pei si pro­spet­tano nuove oppor­tu­nità di inve­sti­menti nell’isola in base alle recenti aper­ture del governo dell’Avana e del suo inte­resse ad attrarre capi­tale estero, spe­cie nella Zona spe­ciale di svi­luppo di Mariel, una zona franca con un porto in acque pro­fonde a 45 chi­lo­me­tri dalla capitale.

«L’Europa ha un tempo limi­tato per posi­zio­narsi a Cuba prima che sfumi il van­tag­gio che le offre il fatto che l’embargo decre­tato dagli Usa impe­di­sce alle imprese sta­tu­ni­tensi di com­pe­tere per il mer­cato dell’isola. Ma que­sta situa­zione potrebbe cam­biare in un pros­simo futuro, visto che cre­sce l’interesse per tale mer­cato da parte di forti gruppi impren­di­to­riali nor­da­me­ri­cani», afferma l’analista Arturo López-Levy.

«L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione che ha favo­rito que­sta evo­lu­zione della posi­zione comu­ni­ta­ria, cer­cando appunto di aumen­tare il mar­gine di con­senso del man­dato nego­ziale, pur tenendo ferma la que­stione dei diritti umani», afferma Pie­tro De Mar­tin con­si­gliere poli­tico dell’Ambasciata ita­liana all’Avana. Il nostro paese è il secondo part­ner com­mer­ciale euro­peo di Cuba, con un giro di affari com­ples­sivo di 340 milioni di euro –270 milioni di espor­ta­zioni e circa 70 milioni di impor­ta­zioni da Cuba, con un attivo per l’Italia di circa 200 milioni. Lo svi­luppo di tali rela­zioni com­mer­ciali si basa anche «su una solida rela­zione tra i due Paesi» che, anti­ci­pando i tempi dell’Ue, «hanno già siglato (nel 2011 all’Avana, dall’allora sot­to­se­gre­ta­rio Scotti) un accordo di Dia­logo poli­tico e coo­pe­ra­zione» che «pre­vede tre pila­stri, quello, appunto, di poli­tica estera, quello com­mer­ciale che regi­stra un pro­met­tente incre­mento e quello della coo­pe­ra­zione, già attiva spe­cial­mente nel set­tore agri­colo.», afferma De Mar­tin. Due sees­sioni di dia­logo poli­tico sono state con­dotte dal sot­to­se­gre­ta­rio Mario Giro, nell’ottobre dello scorso anno all’Avana e in aprile a Roma.

«Che vi sia inte­resse nel mer­cato cubano da parte di imprese ita­liane lo dimo­stra la forte par­te­ci­pa­zione ita­liana sia nella Fiera dell’Avana dell’autunno scorso dove, oltre a quelle già ope­ranti nell’isola, hanno par­te­ci­pato più di 70 nuove imprese e anche nella recente Fiera delle costru­zioni vi è stata una nutrita pre­senza di impren­di­tori ita­liani che vogliono esplo­rare i van­taggi della nuova legge sugli inve­sti­menti». Secondo il con­si­gliere poli­tico, uno dei punti forti di que­sta legge è la pos­si­bi­lità di costi­tuire imprese miste tra inve­sti­tori stra­nieri e coo­pe­ra­tive (anche non agri­cole) cubane. Dun­que la pos­si­bi­lità di «inve­stire nel set­tore non sta­tale». Su que­sto punto, la col­la­bo­ra­zione con il set­tore coo­pe­ra­tivo ita­liano, afferma De Mar­tin, «l’interesse cubano è forte. Per ora la richie­sta è di una sorta di assi­tenza teorico-giuridica, in con­creto di una com­mis­sione ita­liana a livello gover­na­tivo com­po­sta di esperti in mate­ria fiscale, giu­ri­dica e orga­niz­za­tiva del movi­mento coo­pe­ra­tivo che dia infor­ma­zioni ed even­tual­mente indi­ca­zioni pra­ti­che alla con­tro­parte cubana. In seguito, spe­riamo che si passi a una col­la­bo­ra­zione oriz­zon­tale, con accordi tra coo­pe­ra­tive ita­liane e cubane».

La set­ti­mana scorsa il qua­ti­diano del Pc Granma met­teva in luce come l’Italia sia uno dei paesi che più mostra inte­resse a inve­stire nella Zona franca di Mariel. De Mar­tin con­ferma que­sta ten­denza «anche se, com­menta, spe­riamo che il governo cubano ci aiuti di più a infor­mare gli impren­di­tori ita­liani sulla realtà di Mariel. Ad esem­pio orga­niz­zando una visita alla Zona di svi­luppo spe­ciale per gli amba­scia­tori dei Paesi, come il nostro, che mostrano mag­gior inte­resse a investire».



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