Boko Haram: carisma, jihad e schiavismo sessuale

Loading

È il 5 mag­gio quando Boko Haram (dal pid­gin inglese book, libro e dall’arabo haram, proi­bito) ottiene quell’attenzione inter­na­zio­nale cui tanto ambi­sce. All’attacco nella città di Gam­boru nel nord-est della Nige­ria, costato la vita a 300 per­sone, segue infatti la dif­fu­sione di un video di un’ora in cui il lea­der dell’organizzazione, cono­sciuta anche col nome di Jama’atu Ahlul Sunna Lidda’awati Wal Juhad (Comu­nità dei disce­poli per la pro­pa­ga­zione della guerra santa e dell’islam), riven­dica il rapi­mento di 276 stu­den­tesse del liceo di Chi­bok, avve­nuto tre set­ti­mana prima (nel frat­tempo, 53 ragazze sono riu­scite a fuggire).

Data poi del 12 mag­gio un video più breve, dove emer­gono pre­cise richie­ste (dallo scar­ce­ra­mento di espo­nenti del gruppo a somme di denaro) e si mostra una metà delle ado­le­scenti pri­gio­niere, velate e con­ver­tite all’islam.
Col­pi­sce, nei video, l’attitudine di Abu­ba­kar She­kau: in nome di Allah, il per­so­nag­gio si arroga il diritto, da un lato, di ven­dere le ragazze come merce in Ciad e Came­run, fis­san­done il prezzo a 12 dol­lari, dall’altro, di desti­narne alcune a un matri­mo­nio far­se­sco per sod­di­sfare le esi­genze ses­suali momen­ta­nee dei suoi seguaci. Inau­gura così un nuovo spa­zio di azione e di gua­da­gno per gli estre­mi­sti musul­mani: il pros­se­ne­ti­smo. Il mer­cato della pro­sti­tu­zione va a som­marsi ai traf­fici ille­citi cui già si dedi­cano alcuni appar­te­nenti al gruppo. Abu­ba­kar è abbi­gliato in tenuta mime­tica, si esprime in un misto di haussa, inglese e arabo. Le ado­le­scenti, a suo dire, meri­tano la ridu­zione in schia­vitù per­ché col­pe­voli di volersi istruire in modo moderno.

Ma chi è que­sto capo jiha­di­sta? A quali ambiti appar­tiene Boko Haram che, fra il 2010 e il 2014, ha ucciso circa 2mila nige­riani, musul­mani e non, col­pendo isti­tu­zioni pub­bli­che (scuole, mer­cati, chiese, caserme) e semi­nando il ter­rore soprat­tutto nel nord? Abu­ba­kar She­kau si con­si­dera l’erede di un cele­bre pre­di­ca­tore, Moha­med Yusuf (giu­sti­ziato dall’esercito nel 2009), il quale – prima di radi­ca­liz­zarsi – faceva appello agli inse­gna­menti di Cheikh Jafar Adam. Negli anni 2000, Moha­med Yusuf intra­prende il suo apo­sto­lato dalla regione natale, Yobe. For­ma­tosi in Ara­bia Sau­dita, influen­zato da cor­renti sciite e imam mili­tanti di ori­gine egi­ziana, il «mae­stro» esalta un islam sala­fita e popu­li­sta nel nord-est del paese, tra­scu­rato dal governo federale.

Il discorso di Moha­med Yusuf si stacca da posi­zioni pie­ti­ste: per lui, l’applicazione rigida della sha­ria esprime il solo ideale con­forme ai pre­cetti del Pro­feta e, dun­que, ogni mao­met­tano, per vivere la sua fede, ha il diritto-dovere di risie­dere in una società model­lata sui prin­cipi fis­sati dal Corano e dalla Sunna (tra­di­zione). Con­di­vide il suo rifiuto per l’Occidente e quanto appare estra­neo all’islam con altre cor­renti, come il movi­mento Mai­ta­tsine (sorto negli anni 1980); ma si con­trap­pone sia ad asso­cia­zioni reli­giose quali Izala (o Izalatu-l-bid’a wa iqamatu-s-sunna, il cui nome sot­to­li­nea il rifiuto di ogni inno­va­zione o pra­tica sin­cre­tica, a favore del rispetto rigo­roso dei testi sacri), sia alle con­fra­ter­nite musul­mane (accu­sate di distor­cere il mes­sag­gio cora­nico, col loro ricorso a tec­ni­che eso­te­ri­che e mistiche).

I per­corsi di Moha­med Yusuf e del suo disce­polo Abu­ba­kar She­kau in seno a Boko Haram si con­trad­di­stin­guono per la valenza cari­sma­tica: cia­scuno lotta per affer­mare il pro­prio domi­nio «spi­ri­tuale e poli­tico», sce­gliendo le stra­te­gie che via via con­si­dera vin­centi per imporre una sorta di mono­po­lio sulla setta. Que­sto atteg­gia­mento asso­lu­ti­stico genera scos­soni e favo­ri­sce scis­sioni che con­du­cono, di norma, alla nascita di ulte­riori micro-realtà, gui­date da nuove figure in ascesa. Quando si parla di reti che uni­reb­bero i vari gruppi di matrice isla­mica com­bat­tente, andrebbe detto che le varie cel­lule, spesso, non rap­pre­sen­tano che la volontà di un sin­golo capo cir­con­dato da qual­che adepto, assol­dato per motivi d’interesse o ven­ti­lando pro­messe mira­bo­lanti in un lin­guag­gio dai toni messianici.

Si sup­pone che i gio­vani siano in parte reclu­tati fra gli allievi (tali­bés) delle scuole cora­ni­che, cen­tri di antica e nobile ori­gine, nati per l’insegnamento delle norme di base della reli­gione, ma oggi tal­volta dive­nuti luo­ghi di sfrut­ta­mento dei minori, che le fami­glie affi­dano ai mara­butti. Allon­ta­nati da casa per anni, costretti, a men­di­care o rubac­chiare per rag­gra­nel­lare quanto il mara­butto impone loro come cor­vée (sotto la minac­cia di pesanti pene cor­po­rali), abi­tuati ad obbe­dire e a com­por­tarsi con umiltà, edu­cati alla reci­ta­zione del Corano in maniera acri­tica, i tali­bés costi­tui­scono una preda mal­lea­bile per le sette radi­cali, che pro­spet­tano loro un ambito in cui, con le armi in mano, si assi­cu­re­ranno non solo potere e rispetto sociale, ma per­sino il para­diso, se dispo­sti al sacri­fi­cio supremo di mar­tiri della fede.

L’emergere di cel­lule com­bat­tenti e orga­niz­za­zioni radi­cali, in Africa, è un feno­meno che ha carat­te­riz­zato gli ultimi 30 anni, dif­fe­ren­zian­dosi col tempo. Come spie­gano Ruth Marshall-Fratani e Didier Péchard (Poli­ti­que afri­caine n. 87), è chiaro che, per com­pren­dere lo svi­luppo del fat­tore reli­gioso, non basta evo­care la crisi socio-economica, gli effetti nefa­sti della glo­ba­liz­za­zione o gli smac­chi delle poli­ti­che nazionali.

La rela­zione fra l’ambito mate­riale e quello spi­ri­tuale è com­plessa e riguarda la costru­zione d’immaginari ine­diti, capaci di offrire un’identità nuova agli acco­liti. In effetti, impo­nendo con­dotte e stili di vita spe­ci­fici agli indi­vi­dui assol­dati, i movi­menti ne stra­vol­gono – sotto ogni aspetto – il quo­ti­diano, for­gian­done il destino in maniera totalizzante.


Tags assigned to this article:
Boko HaramJihadNigeria

Related Articles

Coronavirus e colpo di Stato. In Ungheria Orbán si prende i pieni poteri

Loading

Budapeste. Il premier ungherese potrà chiudere il parlamento, cambiare le leggi e sospendere le elezioni

Una fragile libertà  di informazione

Loading

Caro direttore, alcune notizie di questi ultimi mesi, di cui puntualmente ho letto sul tuo giornale, suscitano qualche preoccupazione sull’attuale stato di salute della libertà  di informazione.

Austerity. «Terreno comune» tra Grecia e creditori

Loading

Troika. Le istituzioni creditrici ad Atene nei prossimi giorni. Restano i diktat dei tre miliardi di tagli sulle pensioni e quello sull’aumento delle tasse

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment