Carlyle, BlackRock e altre meteore
Ogni tre anni si presenta nel nostro quadro economico un pericolo formidabile… Sarà sufficiente farne i nomi per ridurne la forza terrificante come si faceva nei mondi antichi per rabbonire divinità implacabili? Par di scherzare, ma qualcuno pensa – soprattutto tra le persone che comandano – che evocarne i nomi serva per farseli amici, per esorcizzarne le conseguenze malefiche. Di fatto, in uno stesso momento, con un solo articolo di giornale, un’unica intervista, tutti noi, angustiati, spaventati, veniamo a conoscenza di un nuovo idolo da onorare, di un altro essere diabolico, di solito made in Usa, che prima non conoscevamo ancora.
Dieci anni fa il pericolo si chiamava Carlyle. Chi si ricorda ancora di quell’idolo «falso e menzognero»? Dominava allora il Triangolo di ferro, un’alleanza stretta tra potere militare-industriale, governo americano dei Bush e dei Dick Cheney, finanza sfrenata. In Italia aveva alleati di tutto rispetto, signori e figli di signori che spiegavano essere quella la religione da seguire per non essere condannati alla perdita dell’interesse, alla speculazione negativa.
Qualche anno dopo, nel 2008, al vero scatenarsi della finanza ultra terrena capace di prendersi tutto e il contrario di tutto, basta Carlyle; il genio del tempo prese il nome di Goldman Sachs: era il male assoluto, capace di fare un solo boccone dei giganteschi fratelli Lehman, banchieri assai temuti ma con i piedi d’argilla. Ecco Goldman, fabbrica e crogiolo di tutti i mali e di tutte le paure; dal canto suo aveva contaminato le buone istituzioni italiane e i personaggi più raccomandabili dell’epoca: Ministri, Governatori, Padri-della-patria gli avevano svenduto l’anima; e non solo in Italia.
Ai giorni nostri, finita anche la fase Goldman, dopo soli pochi anni, la nuova entità da adorare è un’altra: BlackRock. Il titolo di spauracchio dell’anno, o del decennio, è vinto in modo strepitoso da questo Fondo fondante, forte al punto di affondare chi non si adegua. BlackRock, il primo azionista o meglio lo zar dell’intera borsa italiana.
Torniamo brevemente sul caso di Carlyle; l’appoggio italiano, il consenso ammirato, le firme importanti di giovani figli di magnanimi lombi. Il potere immobiliare, rarefatto e nobile, per Carlyle, poi offuscato dagli epigoni, i furbetti del quartierino. In ogni caso la bolla immobiliare diventa, nei primi anni del nuovo millennio la via maestra per far soldi facili e tanti alle spese di qualcun altro: del bene pubblico soprattutto. Si tratta di valorizzare la ricchezza immobiliare i tutte le sue forme: immobili usati e nuovi per abitazione, servizi, attività industriali; sfruttamento per posizione, paesaggio, pregi artistici e storici; investimenti pubblici nei trasporti e nei servizi di rete. «Datevi da fare, arricchitevi» è il motto del governo che con una serie di disposizioni consente a tutti di costruire, di allargare, di salire, di sfondare. Il quartierino dei furbetti ha ormai raggiunto i confini nazionali, ma nel frattempo raddoppia gli spazi e i volumi d’Italia. L’Italia finalmente si è allargata; e guai a chi nega le coste sarde alla speculazione.
Goldman Sachs è il distillato del potere bancario, con tutti i suoi riti misteriosi e i suoi affascinanti derivati. Le banche imparano da Goldman e dai suoi simili a disfarsi di crediti difficili. Non solo, ma si apprende come dividerli, poi li si incarta abilmente e li si rivende, molte volte, sempre gli stessi pacchettini di crediti ritenuti pericolosi, a gruppi e comunità, a persone singole e famiglie, tutti avidi e scriteriati, tutti ignoranti e boriosi, tutti convinti di avere raggiunto la conoscenza alchemica, la pietra filosofale che insegna a moltiplicare il denaro servendosi della credulità dei gonzi, siano essi banchieri o industriali o pubblici amministratori. L’idea base è che ciascuno si sente di far parte della religione degli Illuminati e quindi in pieno diritto di agire e di truffare. Come si è visto, anche truffare è un’arte da imparare, con dedizione e impegno. Non sempre è facile vendere la Fontana di Trevi al primo che passa.
BlackRock (BR) è il nuovo che avanza. Si tratta di un importante Fondo d’investimento che ha puntato molto denaro sul mercato borsistico italiano. I titoli di società in portafoglio di BR valgono secondo i conti di maggio almeno 125 miliardi di euro, mentre l’intero listino vale dieci volte tanto o giù di lì. Le azioni di BR sono di quelle che non si contano ma si pesano. Gran parte degli investitori s’ispirano alle scelte di BR, considerato un socio, esistente o potenziale, di straordinario rilievo, capace di valorizzare o al contrario far precipitare il titolo, semplicemente lasciando trapelare quello che potrebbe fare in un prossimo futuro. Anche gli altri titoli sono coinvolti. BR guida la borsa intera, le prospettive degli investimenti; quelli che ha fatto e anche gli altri costretti a chiedersi: «perché no?» La sua intelligenza delle cose è studiata e copiata; si determinano nuove mode, tendenze, esclusioni; tutto questo significa successo o insuccesso, prospettive di crescita, infine centinaia di assunzioni o di licenziamenti. Il governo si appassiona ai casi della Borsa e dice la sua, adeguandosi: le scelte di BR fanno testo.
Come è ovvio, neppure BR è il Vangelo. Tra mesi o anni si scoprirà come non averne paura e poco dopo crescerà un’altra moda, un nuovo genio del male o della fortuna, da temere o da venerare. Anche BR sarà dimenticato, pur continuando a prosperare, alle nostre spese, accanto ai fratelli maggiori, prosperosi, Carlyle e Goldman Sachs.
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